Federico Palladino: «Porto il Ticino in volo, ma resto con i piedi per terra»

Ha raccontato il Ticino in un piatto, e ora lo fa anche a diecimila metri d’altezza. Federico Palladino, chef dell’Osteria Enoteca Cuntitt di Castel San Pietro — una stella Michelin, 16 punti Gault&Millau — è il protagonista dell’edizione estiva di Swiss Taste of Switzerland, programma gastronomico che la compagnia di bandiera propone da oltre vent’anni sui voli a lungo raggio dalla Svizzera. Dal 4 giugno e fino a metà settembre 2025, i passeggeri potranno assaporare in volo alcune delle sue creazioni ispirate ai sapori del sud delle Alpi. Un incarico prestigioso, che affianca — senza sovrapporsi — il suo ruolo di ambassador per la Maison Krug, celebrato pochi giorni fa con una serata esclusiva all’Enoteca Cuntitt.

Chef Palladino, prima Swiss, poi Krug. Due mondi diversi, un solo filo
conduttore?
«Direi di sì. In entrambi i casi si lavora su un concetto di
qualità non negoziabile. Con Swiss abbiamo progettato i menù molti mesi fa,
pensando a come raccontare il Ticino a bordo, con ingredienti riconoscibili ma
trattati con tecnica e misura. Con Krug, invece, si parte dal vino, e si
costruisce un dialogo. Due approcci diversi, ma la stessa attenzione al
dettaglio, alla coerenza, alla verità del gusto».
La collaborazione con Swiss è già iniziata. Che risposta hai
avuto finora?
«Ottima. Riceviamo messaggi, foto, commenti da ogni parte
del mondo. Vedere persone che assaggiano il tuo piatto in volo e vogliono
sapere da dove viene è bellissimo. Swiss ha una rete internazionale enorme, e
avere il Ticino a bordo, in tutte le classi, è un segnale forte. Per me è stato
un onore accettare l’invito. E anche una sfida tecnica importante».
In che senso è stato complesso?
«Cucinare a terra è una cosa. In quota, tutto cambia. La
pressione atmosferica riduce la percezione dei sapori, l’umidità è più bassa, i
profumi si attenuano, e le consistenze vanno controllate al millimetro. Il
margine d’errore è praticamente nullo. Un piatto pensato per un ristorante può
diventare insipido o sbilanciato quando viene rigenerato a bordo. Così abbiamo
dovuto semplificare alcune ricette, selezionare solo cotture adatte alla
rigenerazione in forni ad aria calda, evitare elementi troppo delicati. E poi
c’è tutta la logistica».
Logistica?
«Sì, il tema delle forniture e dei volumi. Swiss serve
migliaia di passeggeri ogni giorno: questo significa che, anche volendo
lavorare con piccoli produttori locali, bisogna fare i conti con la quantità.
Alcuni fornitori non riuscivano a garantire volumi stabili. Per esempio, il
formaggio del Gottardo andava benissimo, ma la sua forma tonda non era ideale
per il servizio in volo: troppi scarti, troppo ingombro. Lo abbiamo ridisegnato
insieme, in forma rettangolare, per ottimizzarlo senza comprometterne la qualità».
Puoi fare qualche esempio dal menu?
«In First Class serviamo una zuppa di carote allo zenzero
con scampi confit, seguita da un carré d’agnello glassato all’aglio nero. In
Business Class c’è un vitello in crosta di Parmigiano con crema allo zafferano
e asparagi verdi, oppure un manzo cotto a bassa temperatura con ravanelli e
vinaigrette alla senape. In Premium Economy abbiamo pensato a una piccata di
pollo con risotto allo zafferano. Il tutto accompagnato da formaggi locali come
il Gottardo e il Tremola Mutschli, e dolci ispirati alla tradizione, come la
torta della nonna».
E pochi giorni fa sei tornato sotto i riflettori con Krug.
Che tipo di esperienza è stata?
«Un altro tipo di sfida, ma molto stimolante. Krug ci invita
ogni anno a lavorare su un ingrediente «universale». Quest’anno era la carota.
L’abbiamo esplorata in tutte le forme: fermentata, essiccata, abbinata al mango
in un gel, come base per i piatti o nelle tartellette d’ingresso. È un
esercizio di libertà creativa, ma con una regola: l’abbinamento con lo
champagne deve essere perfetto. E quindi serve precisione, sensibilità,
intuizione».
Due collaborazioni internazionali in pochi mesi. Il Ticino è
pronto a volare?
«Assolutamente sì. Abbiamo un territorio ricco, una filiera
corta di qualità, e una cucina che può essere sia autentica sia contemporanea.
Il nostro problema, semmai, è la visibilità. Quando mi hanno scelto per Swiss,
la cosa che mi ha fatto più piacere è stata pensare che finalmente il Ticino
potesse essere rappresentato su una piattaforma globale, non come folklore, ma
come vera cucina d’autore».
Nel frattempo l'Osteria Cuntitt resta il tuo centro. Che tipo di
ristorante vuoi continuare a essere?
«Un ristorante di idee, non di mode. Lavoriamo con clienti
affezionati, con i produttori del territorio, senza forzare nulla. Non siamo
nati per fare scena, ma per costruire un’identità. Se poi arrivano anche i
turisti, bene. Ma devono venire per il contenuto, non per la forma. Il nostro
lavoro è quello: fare bene, ogni giorno, quello che sappiamo fare».
E se ti chiedessero dove vuoi essere tra cinque anni?
«Qui. Sempre qui. Ma con il Ticino ancora più in alto».