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Vivo, morto o X: Elon Musk e Twitter, un anno dopo

Dopo l'acquisizione della piattaforma da parte dell'eccentrico miliardario molto è cambiato, non necessariamente in meglio: dal nome alla disinformazione sempre più marcata, che direzione sta prendendo la nuova creatura muskiana?
© Monika Skolimowska
Marcello Pelizzari
26.10.2023 11:30

Un anno. Tanto è passato dall'acquisto di Twitter, nel frattempo diventato X, da parte di Elon Musk per 44 miliardi di dollari. Un acquisto, a suo tempo, dettato non tanto, o non solo, dalle prospettive economiche. Ma da quello che potremmo definire uno spirito umanistico. È importante per il futuro della civiltà, aveva detto l'eccentrico miliardario. E pazienza se, nel frattempo, la piattaforma si è rimpicciolita come ha sottolineato Bloomberg. Sotto tutti i punti di vista. Gli utenti, cuore pulsante del social, sono diminuiti. Come è diminuita, drasticamente, la forza lavoro: oggi i dipendenti sono 1.500, circa, rispetto ai 7.500 sotto contratto il giorno in cui Musk ha messo piede in azienda. Ma a preoccupare gli esperti è soprattutto la perdita, netta, in termini di reputazione: da punto di ritrovo fondamentale per giornalisti, politici e attivisti, infatti, Twitter (pardon, X) è diventato un covo di disinformazione. Lo abbiamo visto anche in questi giorni, con il conflitto israelo-palestinese (qui e qui).

Abbonatevi!

Musk, sin dai primissimi giorni, ha spinto per abbandonare gradualmente il precedente modello di business – basato sulle entrate pubblicitarie – e abbracciare l'era degli abbonamenti a pagamento. Uno slancio, con i dovuti paragoni, paragonabile all'appello lanciato a suo tempo dal presidente del Campobasso – «Abbonatovi!» – e reso celebre dalla Gialappa's Band ai tempi di Mai dire tv. Ricordate le lunghe, lunghissime polemiche sulla cosiddetta spunta blu? Ecco. Secondo un'analisi del ricercatore indipendente Travis Brown, citata da Bloomberg, le persone che pagano per il servizio premium mensile sono fra 950 mila e 1,2 milioni. Una sciocchezza, visto che parliamo dell'1% (anzi, meno) degli utenti totali. Di qui, forse, l'intenzione di Musk di obbligare tutti ad abbonarsi. Detto ciò, le entrate derivanti dagli abbonamenti al momento sono inferiori ai 120 milioni di dollari all'anno. Poco, troppo poco.

Anche perché, quando Twitter era ancora una cosiddetta public company, quotata quindi in Borsa, le entrate pubblicitarie erano piuttosto consistenti, al di là del calo. Nell'ultimo anno completo, in questo senso, parliamo di 4,5 miliardi di dollari di sola pubblicità. La natura divisiva, sempre più divisiva di Musk ha spinto diversi inserzionisti, citiamo Coca-Cola e HBO fra gli altri, a spendere meno di quanto facessero in precedenza. O a ritirarsi del tutto dalla piattaforma. Messi assieme, i cinque principali azionisti di X spendono il 67% in meno in pubblicità rispetto al periodo pre-acquisizione stando a Sensor Tower. 

Musk, da parte sua, resta convinto della bontà delle sue strategie. A suo dire, l'azienda potrebbe tornare in attivo già dal 2024. Il problema è che, non essendo più Twitter/X quotato in Borsa, è difficile stabilire con esattezza quanto sia costata, finora, la gestione dell'eccentrico miliardario. Prima di acquisire Twitter, lo stesso Musk aveva suggerito che la performance della piattaforma non dovrebbe essere giudicata solo in base a standard meramente finanziari. Entrate e uscite, insomma. Nell'aprile del 2022, durante una conferenza TED, aveva ribadito di non voler entrare nell'affare «per fare soldi». Bloomberg, tuttavia, sottolinea che l'acquisto di Twitter è stato sostenuto dal debito. Tradotto: vale la pena chiedersi se l'azienda riuscirà a trovare i mezzi per sostenersi. A maggior ragione considerando le altre attività di Musk.

La mancanza di moderazione

Quando Musk ha acquistato il social, l'idea era di renderlo un luogo aperto, diciamo pure apertissimo alla libera espressione. Al di là delle sfumature che ognuno dà a questo concetto, il tutto si è tradotto in una lunga, per certi versi inevitabile discesa verso una circolazione sempre più marcata di fake news e disinformazione. Da un lato, troll ed estremisti hanno beneficiato delle nuove politiche muskiane mentre profili «alti», come quello del New York Times, sono stati privati della spunta. 

Inutile dire che la confusione attorno alle spunte ha generato confusione, analogamente, fra gli utenti. Ritrovatisi a navigare in un mare di profili apparentemente ufficiali ma tutto fuorché attendibili e affidabili. Il fatto che, al contempo, X abbia allentato le regole di moderazione dei contenuti ha fatto sì che centinaia di post con immagini e notizie fuorvianti, come i filmati tratti da videogiochi e spacciati per video di guerra fra Israele e Hamas, diventassero virali. 

Lo stesso Musk si è avvalso di questa nuova politica aziendale per diffondere fake news, battute sessiste e teorie cospirazioniste. 

Si spiega anche così l'allontanamento di molti investitori. I quali, beh, non vogliono assolutamente che i loro annunci vengano accostati a messaggi, per dire, filonazisti. Nel tentativo di correre ai ripari, lo scorso maggio Musk ha assunto Linda Yaccarino, ex dirigente della rete televisiva NBC, in qualità di amministratore delegato. L'obiettivo? Aiutare a dissipare i dubbi degli inserzionisti. Tutto molto bello, a parole. Ma intanto, a settembre, le vendite di pubblicità erano ancora in calo.

Molto resta da fare

Con gli abbonamenti, concludendo, Musk auspicava di generare entrate non pubblicitarie in grado di sostenere la piattaforma e di ridurre lo spam, proprio per via del concetto pay per post se così vogliamo definirlo. Paradossalmente, ma nemmeno troppo, l'effetto è stato quello opposto. Con l'aumento di malintenzionati che, disposti a pagare per ottenere i cosiddetti badge di verifica, hanno creato non pochi account falsi facendoli apparire come legittimi. E garantendosi, allo stesso tempo, un trattamento di favore da parte degli algoritmi di ranking. 

Un anno, dicevamo. Tanto è passato dall'acquisto di Twitter, nel frattempo diventato X. Ma Elon Musk non sembra aver risolto l'equazione. Anzi, il valore dell'azienda si è ridotto. Di miliardi di dollari. Il sogno dello stesso imprenditore è di trasformare la piattaforma in una super App, da utilizzare per qualsiasi cosa. Anche per i pagamenti o lo shopping. Il problema è che, mentre scriviamo queste righe, X sta faticando a convincere tanto gli inserzionisti quanto gli utenti a pagare. 

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