America del Sud / Cile

Atacama, il deserto più simile a Marte

A rendere speciale questo deserto sono il clima particolarmente secco e il cielo molto limpido e trasparente. Ha ospitato i preparativi della missione della NASA su Marte. Università da tutto il mondo vi installano i loro telescopi.
Giò Rezzonico
23.10.2023 12:00

Itinerario

Ottobre 2023

  • 1° giorno          Milano – Santa Cruz
  • 2° giorno          Santa Cruz – Sucre
  • 3° giorno          Sucre – Cayara
  • 4° giorno          Potosí
  • 5° giorno          Potosí – Colchani
  • 6° giorno          Colchani – Salar de Uyuni – Colchani
  • 7° giorno          Colchani – Salar de Uyuni – Villamar
  • 8° giorno          Villamar – Laguna Blanca – Laguna Verde – Hito Cajon – La Valle della Luna
  • 9° giorno          Le Lagune Altoplaniche
  • 10° giorno        Il Geyser Del Tatio – Calama – Santiago
  • 11° giorno        Santiago De Chile – Rapa Nui
  • 12° giorno        Rapa Nui
  • 13° giorno        Rapa Nui
  • 14° giorno        Rapa Nui
  • 15° giorno        Rapa Nui – Santiago De Chile
  • 16° giorno        Santiago De Chile – Milano
  • 17° giorno        Arrivo a Milano

Durata del viaggio: 17 giorni

Operatore turistico: Kel12

 

 

La NASA americana ha effettuato nel deserto di Atacama i suoi esperimenti per preparare la missione scientifica su Marte. D’altra parte in questa regione si trovano i telescopi più prestigiosi al mondo, costruiti da istituti universitari di tutto il pianeta. Cosa rende questo deserto così speciale? Il suo clima arido. Risulta infatti essere il luogo più asciutto della terra, molto più anche rispetto alla mitica Death Valley in California. Ad Atacama esistono infatti stazioni meteorologiche che non hanno mai registrato una goccia di pioggia. La quasi assenza di umidità e la straordinaria esposizione ai raggi ultravioletti creano condizioni tali per cui la vita – ammesso che ce ne sia – si può sviluppare unicamente nel sottosuolo o all’interno delle rocce. Sono queste condizioni a rendere il deserto di Atacama tanto simile a Marte. La letteratura scientifica è ricca di studi che mettono a confronto questi due ambienti, ma, come fa notare l’astrofisico Luca Nardi nel suo libro «Un mese a testa in giù. Racconto di un viaggio in Cile e Bolivia tra scienza, storia e disavventure», nell’Atacama «si trovano composti organici, ma anche microorganismi, mentre su Marte, per ora, ancora non abbiamo nessun segno di vita, né presente, né passato».

Ma torniamo all’astronomia. Grazie a fortunate circostanze ambientali, dal deserto di Atacama si osserva un cielo praticamente perfetto: limpido e trasparente, soprattutto nelle zone ad alta quota. «Per osservare bene con i telescopi – afferma l’astronoma italiana Manuela Zuccoli, intervistata da «Meridiani» (numero 240, dicembre 2017) – sia quelli ottici e infrarossi, sia quelli radio, serve un’atmosfera rarefatta, arida e con poche turbolenze. In altre parole un’atmosfera povera di ossigeno e di acqua, percorsa da venti che soffiano sempre nella stessa direzione. Tutte proprietà tipiche delle cime montuose che dominano il deserto di Atacama». Si parla infatti di oltre 300 notti serene all’anno, quindi prive di nuvole. Il risultato è che circa la metà degli osservatori astronomici del mondo – e sembra si tratti di una percentuale tendenzialmente in aumento – hanno sede in questa regione. Taluni anche a quote superiori ai 5 mila metri.

 

Il Norte Grande

Quello che i cileni chiamano il Norte Grande accoglie solo il 5 per cento della popolazione del paese, pur occupando ben un quarto di tutto il territorio nazionale. Questa regione ha sempre svolto, e svolge tuttora, un ruolo importante per la politica e per l’economia del Cile, grazie soprattutto alle sue riserve minerarie. Un ruolo tanto importante da scatenare a fine Ottocento (1879-84) la cosiddetta guerra del Pacifico, conflitto che permise al Cile di acquisire territori a scapito del Perù e della Bolivia, privando quest’ultima di uno sbocco sul mare. A quei tempi, infatti, l’industria dei nitrati raggiunse dimensioni particolarmente significative, dando vita a varie cittadine, che sorsero frettolosamente nella regione. Questo sviluppo durò fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando vennero scoperti i fertilizzanti sintetici. Dopo un breve periodo di decadenza, la regione rifiorì grazie all’estrazione di rame, che avveniva e avviene anche in miniere a cielo aperto. Il Cile è il principale produttore mondiale di questo metallo. Ma nel corso degli ultimi anni la regione è diventata anche il secondo produttore di litio al mondo, elemento tanto importante per la moderna industria delle batterie.

 

San Pedro de Atacama

Nel cuore del paradiso naturale del deserto di Atacama si trova l’oasi di San Pedro, recentemente diventata una delle maggiori attrattive turistiche del Cile. Il villaggio sorge a 2'400 metri di altitudine, con una struttura urbana tipicamente coloniale, composta da stradine sterrate, su cui si affacciano casette a due piani costruite con mattoni di argilla locale. La candida chiesetta settecentesca in stile andino domina la piazza principale del villaggio, che anticamente era una stazione di sosta lungo la rotta commerciale utilizzata dagli allevatori di lama dell’altopiano per raggiungere il Pacifico. Durante l’epoca d’oro di estrazione del salnitro, qui transitavano le mandrie di bestiame argentino che garantivano il consumo di carne fresca ai lavoratori delle miniere.

Oggi San Pedro vive di turismo. Lungo Calle Caracoles, la sua arteria più animata, una miriade di agenzie offre escursioni in tutta la regione. La cittadina, che propone possibilità di alloggio accessibili a qualsiasi tasca, si anima soprattutto la sera, quando i turisti rientrano dalle gite di giornata.

Interessanti i locali musei archeologico e dei meteoriti. Quest’ultimo espone una quarantina di meteoriti precipitati nella regione: uno dei posti al mondo dove è più facile trovarli in buone condizioni. La costante ed estrema aridità della zona ne garantisce infatti la conservazione. I meteoriti sono considerati dagli studiosi uno dei mezzi più validi per studiare le origini del nostro pianeta. Per distinguerli però dalle normali rocce sono necessarie sofisticate analisi chimiche. Quelli esposti nel museo di San Pedro sono certificati dalla NASA americana.

 

La valle della Luna

L’oasi di San Pedro rappresenta il punto di partenza ideale per una lunga serie di escursioni alla scoperta del deserto di Atacama.

La prima visita, imprescindibile perché offre una buona introduzione alle bellezze naturali della regione, è quella della Valle della Luna, che si trova a pochi chilometri dal villaggio. Vale la pena di pianificare questa gita il primo giorno, nel tardo pomeriggio, per apprezzare la suggestione del tramonto, anche se la vallata è probabilmente affollata di turisti. La si percorre quasi tutta a piedi, camminando tra dune di sabbia, colline erose dal vento, maestose rocce dorate dai raggi del sole. I colori di questo deserto sono affascinanti. Appartengono a una tavolozza di tinte tenui, quasi pastello, che partendo dal beige della sabbia vanno assumendo tonalità tendenti alle varie sfumature del marrone, del giallo, e passando dall’arancione giungono fino al rosso cupo.

Quando ho soggiornato a San Pedro, la Valle di Marte, o impropriamente Valle de la Muerte, era chiusa al pubblico, ma attraversandola in automobile se ne percepiva tutta la sua spettralità.

 

Laghetti vulcanici

Un’altra escursione interessante, che richiede una giornata, sempre in partenza da San Pedro, è quella alle Lagune Miscanti e Mineques: due laghetti di montagna, situati a 4'300 metri di altezza, collegati tra loro. Il primo è più grande del secondo. Nelle loro acque azzurre (di un blu più intenso quelle del lago più piccolo) si specchiano vari vulcani dalla tipica forma conica, rendendo lo scenario particolarmente suggestivo. Ai bordi dell’acqua, poco interessati ai turisti che li ammirano, eleganti flamingos dal colore rosa si nutrono di alghe. Poco più lontano pascolano pacificamente le vigogne, dal colore bruno chiaro, che si confonde con lo sfondo del deserto. Nella regione vivono due generi di camelidi: i lama, che incontreremo in seguito, di cui fanno parte anche i guanaco, e la famiglia delle vigogne, che si estende anche agli alpaca. Questi ultimi, ma soprattutto le vigogne, producono la lana più pregiata al mondo.

Le oasi del deserto ospitano tre tipi di fenicotteri: quello andino, quello cileno e quello di James, di dimensioni minori. Nonostante siano caratterizzati da piccole differenze, convivono pacificamente in colonia. Li accomuna il colore rosa, prodotto dal tipo di alghe di cui si nutrono.

 

L’inferno del Tatio

Una delle gite giornaliere più suggestive in partenza da San Pedro è certamente quella ai geyser del Tatio, che la mattina di buonora offrono uno spettacolo dantesco. Per godere al massimo questa indimenticabile esperienza è necessario giungere sul posto prima dell’alba, affrontando quindi una levataccia e un clima polare. Nel mese di ottobre, a inizio primavera nella regione, il mattino alle 6 erano 12 gradi sotto zero. È quindi necessario prevedere un equipaggiamento caldo, anche perché si sale fino a quota 4'300 metri. Questi geyser sono i più suggestivi che abbia mai visto, ancora più di quelli di Yellowstone nel deserto americano. Il terreno è infatti punteggiato da innumerevoli sfiatatoi, colmi di acqua che ribolle e che a contatto con il clima freddo produce minacciose nubi di vapore. Il terreno grigio si tinge di argento con il sopraggiungere dei primi raggi di sole. Questo scenario dantesco, in continuo mutamento, è circondato da un paesaggio estremamente armonioso costituito da colline vulcaniche e verdissimi prati privi di alberi. Un’armonia, anche cromatica, che contrasta con l’inquietudine creata nel vistitatore da quell’inferno di innumerevoli fumarole.

Luca Nardi, nel suo libro già citato, spiega in modo semplice il fenomeno dei geyser: «Sono il prodotto dell’interazione tra il magma e un bacino di acqua. Se una falda acquifera si trova casualmente abbastanza vicina alla camera magmatica di un vulcano, il calore la fa bollire, spingendola a pressione fuori dal terreno sotto forma di vapore».

 

Verso la Bolivia

Sarebbe peccato lasciare San Pedro senza inoltrarsi nella parte più alta del deserto di Atacama, che si trova a un’altitudine media di oltre 4 mila metri, nella vicina Bolivia. Il confine dista pochi chilometri e lo si raggiunge affrontando una ripida salita da San Pedro. Superata la dogana si dimenticano le comode strade asfaltate cilene e si entra nella Reserva Nacional de Fauna Andina, istituita nel 1973. Le grandi attrazioni sono costituite da alcune lagune, da una zona di geyser più piccola e meno spettacolare di quella del Tatio e dal deserto che accompagna il viaggiatore fino al piccolo villaggio di Villamar. Tutto il tragitto si svolge sopra i 4 mila metri di altitudine e al geyser de Manana tocca i 5 mila metri.

A questo punto apriamo una parentesi sui problemi che può causare una permanenza per lunghi periodi in altitudine. Il mal di montagna può provocare diversi problemi: dai dolori alla testa all’affaticamento, dalla nausea a problemi cardiaci o intestinali. Per evitarlo è in primo luogo importante acclimatarsi gradualmente a quote sempre più elevate. Il nostro organismo necessita infatti di una certa quantità di ossigeno e quello contenuto in un’aria rarefatta può creare difficoltà, dato che sopra i 4 mila si riduce del 40 per cento circa rispetto al livello del mare. I boliviani, da millenni, sono persuasi di evitare questi problemi masticando coca, ma questa loro convinzione non sembra trovare un riscontro nel mondo scientifico.

Torniamo al nostro viaggio in fuoristrada. Uno dei luoghi più suggestivi del deserto boliviano è stato denominato «deserto di Salvador Dalì», perché richiama l’atmosfera di alcuni dipinti dell’artista spagnolo, ed è situato tra due vulcani. Il terreno è modulato da dune di sabbia gialla su cui sono adagiate in modo sparso nere pietre laviche. Le montagne circostanti, ricche di sali minerali, si colorano invece dal rosso scuro al rosa, all’arancio, creando quell’atmosfera surreale che contraddistingue l’opera del grande maestro spagnolo. Poco lontano si visitano alcune lagune, non distanti una dall’altra, che si distinguono per i colori delle loro acque, determinati dai minerali di cui sono ricche. Minerali che impediscono il gelo invernale fino a una temperatura di 20 gradi sotto zero. Nella Laguna Blanca prevale il borace, mentre quella verde è ricca di arsenico e raggiunge una tonalità vivace solo in presenza di vento. Una terza si tinge invece di celeste. La più spettacolare è però certamente la Colorada, che grazie alla presenza di vari sali minerali, si colora di un rosso intenso, messo in risalto dai bordi bianchi del lago composti di sodio, magnesio, borace e gesso. Un percorso circolare permette di apprezzare questo spettacolo, reso ancora più intenso dalla vista di una quantità enorme di eleganti fenicotteri, con le loro lunghe zampe immerse nell’acqua, intenti a nutrirsi delle alghe del lago di cui vanno ghiotti. Le loro sagome rosa si intonano particolarmente con lo sfondo rosso del lago, creando nel visitatore un ricordo indelebile.

È molto spettacolare anche il tragitto tra Villamar e il Salar de Uyuni, che scorre su un altopiano mantenendosi costantemente sopra quota 3 mila metri e attraversa alcune vallate ricche di rocce vulcaniche dalle forme stravaganti forgiate dal vento. Quest'area predesertica è ricca di cactus e di zone di pascolo per i lama, che incontriamo numerosi con i loro nastrini variopinti, utili per risalire ai rispettivi proprietari.

 

 

Per saperne di più

  • Bolivia, Polaris Guide, Faenza 2017
  • Bolivie, Petit Futé, Paris 2023
  • Luca Nardi, Un mese a testa in giù, Libreria Geografica, Novara 2021
  • Luca Belcastro, Viaggio al Salar de Uyuni
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