Cari inglesi, ve lo diamo noi il panettone

Il panettone? Meglio regalarlo. Troppo dolce. Troppo pesante. Perfino troppo cotto. Il giudizio, sferzante, l'ha dato Tony Turnbull. Nientepopodimeno che il critico culinario – meglio, food editor – dell'abbottonatissimo Times. Secondo cui il re dei re, fra l'altro alla faccia dei pasticcieri ticinesi che continuano a raccogliere risultati eccellenti nelle competizioni dedicate, «è buono solo quando, in prossimità della data di scadenza ad aprile, ci si fa un gigantesco pudding aggiungendoci il burro». Una critica quasi dovuta, verrebbe da dire. E questo perché il Regno Unito, quantomeno la sua parte più conservatrice, si è scoperto nudo: lassù, infatti, le vendite del panettone negli ultimi anni sono (passateci la battuta) lievitate. Il tutto a discapito dell'amatissimo Christmas pudding. Una delizia, il budino, legata a doppio filo alla storia del Paese al punto che, dopo essere stato addirittura bandito dai Puritani poiché vicinissimo all'essere un peccato di gola, venne scelto da Giorgio I quale dolce ufficiale del pasto natalizio. Una delizia, tuttavia, in declino stando ai numeri.
La vicenda ricorda da vicino l'ondata di sciovinismo tipicamente francese – al grido «c'est pas possible» – sollevatasi dopo che, nel 2021, saltò fuori una verità scomoda, per non dire scomodissima: nell'Esagono preferivano la mozzarella al camembert. Apriti cielo. La vicenda, soprattutto, come detto riguarda anche noi ticinesi. Che di panettone ce ne intendiamo. Assai. Chi era rimasto alla madre di tutte le sfide, il panetùn contro il pandoro, altro colosso delle festività, si ritrova ora spiazzato. O, meglio, sotto attacco. Anche se, a ben vedere, il sommo Iginio Massari e tutti i grandi del settore accorsi a difendere il loro prodotto potevano pure risparmiare fiato e parole. Scatenare una guerra per un'opinione evidentemente provocatoria è un esercizio altrettanto sterile. Turnbull, probabilmente, nella sua filippica si è dimenticato di fare i distinguo del caso. Se il panettone è buono soltanto in prossimità della data di scadenza, ad aprile, significa che nella sua analisi ha considerato unicamente i dolci industriali. Che, pur difendendosi, non sono il frutto e la conseguenza di un lavoro certosino, fatto di manualità, scienza, meticolosità e stile, oseremmo dire. Riassumendo, di italianità volendo usare un'espressione cara a Lapo Elkann.
Sarebbe fin troppo facile, da qui, accodarsi agli italiani in rivolta citando alcune, pessime abitudini dei britannici. Al limite del masochismo alimentare. Facile ma fuorviante, poiché i fatti dicono che è un errore ritenere la cucina del Regno Unito un mezzo disastro, se non totale. Le eccellenze, infatti, non mancano neppure ai sudditi di Carlo III. Meglio, molto meglio immaginarsi Turnbull rosicare. E per i dati che danno il panettone in crescita nel suo Paese e, di riflesso, perché le tradizioni natalizie britanniche, in parte, sono cambiate. Se ne faccia una ragione. E magari provi uno dei panettoni sfornati in Ticino, se proprio gli dà fastidio che l'Italia – dopo aver vinto l'Europeo di calcio nel tempio del calcio inglese, Wembley – si sia imposta anche fra i dolci natalizi. Merry Christmas, Tony.