Caso Dadò

Cosa può dire o fare un deputato tra immunità e tutela delle fonti

Con l’avvocato Luca Allidi abbiamo chiarito come vanno intese le garanzie dell’attività parlamentare e la facoltà di non deporre – Politici e giornalisti vanno messi sul medesimo piano? «Svolgono due compiti molto diversi, i media rispondono all’interesse pubblico»
© CdT/Chiara Zocchetti

Quanto è davvero fondamentale per l’esercizio dell’attività parlamentare poter contare sulla tutela delle fonti? A porsi la domanda, dopo l’apertura del procedimento penale a carico di Fiorenzo Dadò per falsa testimonianza e denuncia mendace, è stato il Centro. Secondo il partito, sarebbe bene che la politica riflettesse «sugli strumenti che consentono a un deputato di esercitare pienamente il proprio ruolo di vigilanza sull’attività dello Stato, tutelando efficacemente le proprie fonti senza esporsi a conseguenze giuridiche gravose». In sostanza, si tratterebbe di estendere ai deputati gli stessi diritti di cui già oggi godono i media. Solo in questo modo un cittadino che intende condividere un’informazione sensibile con un politico potrebbe essere tutelato fino in fondo, senza temere ripercussioni di ogni sorta. Insomma, politica e stampa vanno trattate allo stesso modo?

Ci si può rifiutare?

In realtà, come spiega l’avvocato Luca Allidi, la questione è piuttosto un’altra e riguarda il diritto di rifiutarsi di rispondere davanti a un’autorità giudiziaria. «L’articolo 170 del Codice di procedura penale (CPP) prevede che “i funzionari (...) e i loro ausiliari come pure i membri di autorità (...) hanno la facoltà di non deporre in merito a segreti loro confidati in virtù della loro veste ufficiale o di cui sono venuti a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni”». Allo stesso modo, i giornalisti possono avvalersi della facoltà di non rispondere appellandosi all’articolo 172 del medesimo Codice di procedura penale.

In sostanza, quindi, un politico può decidere di non deporre, ma di fronte a un suo rifiuto, l’autorità interrogante o il giudice possono contestare questa facoltà. In quel caso, il deputato ha facoltà di impugnare la relativa decisione. «È chiaro che il diritto di non deporre non conferisce comunque, in alcun modo, il diritto di mentire», commenta Allidi.

E l’immunità?

A questo punto ci si potrebbe chiedere quale sia oggi il ruolo dell’immunità parlamentare e se questa, di fatto, non protegga integralmente i deputati nelle loro azioni politiche. «L’articolo 51 della legge sul Gran Consiglio (LGC) prevede sostanzialmente due perimetri di tutela. Da un lato c’è quello riferibile alle espressioni presumibilmente diffamatorie usate dal deputato durante le deliberazioni del Gran Consiglio e nelle Commissioni, dunque, in un determinato luogo e in un preciso contesto temporale. Dall’altro, ci sono i contenuti degli atti parlamentari», spiega Allidi. «Da una parte, quindi, a fare stato è il contenitore, ossia l’aula parlamentare. Dall’altra, è il contenuto».

Ma che cosa accade quando il politico si esprime in conferenza stampa o rilascia dichiarazioni pubbliche? Secondo l’avvocato, anche in questi casi il politico sarebbe tutelato, purché si limiti a riportare il contenuto dell’atto parlamentare. Se così non fosse «arriveremmo alla conclusione assurda per cui l’immunità parlamentare tutela solo la stesura dell’atto, ma non la sua lettura o la sua diffusione alla stampa o in conferenza stampa. Non avrebbe senso».

Tuttavia, chiarisce ancora Allidi, l’immunità parlamentare tutela unicamente dalla diffamazione, come recita puntualmente l’articolo 51 della Legge sul Gran Consiglio che parla di «espressioni presumibilmente diffamatorie». Ciò significa, prosegue Allidi, che «l’immunità parlamentare non può essere estesa a reati come la calunnia, la falsa testimonianza e la denuncia mendace».

Su piani diversi

Di fatto, comunque, rimane ancora aperta la questione sollevata dal Centro, ossia se sarebbe opportuno garantire ai politici la tutela delle fonti oggi prevista unicamente per i media. Per quanto possa appellarsi all’artico 170 del Codice di procedura penale, come detto, il deputato può infatti essere obbligato a deporre qualora il giudice, in ultima istanza, lo decida. Politici e giornalisti, giuridicamente, sono dunque su due piani diversi. «È una questione complessa che solleva riflessioni ampie», premette Allidi. «Dal mio punto di vista, però, ritengo che giornalisti e politici svolgano un compito differente. I giornalisti devono godere della tutela delle fonti poiché il loro mandato consiste nel rivelare questioni di interesse pubblico. Se non avessero la garanzia della tutela delle fonti non potrebbero lavorare. La politica, invece, risponde ad altre logiche. Per questo motivo, la tutela delle fonti giornalistiche e il segreto redazionale hanno un fondamento nella Costituzione, con gli articoli 16 e 17 che tutelano la libertà di informazione e quella dei media. Diversamente, la facoltà di non deporre di un membro dell’autorità ha origine dal principio del segreto di ufficio. Si tratta di due piani valoriali ben distinti», conclude Allidi.

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