Il reportage

Ecco l'«Armata» ticinese che caccia trofei a suon di hip hop

Viaggio nella palestra dove sono nate le migliori «crew» in Svizzera nelle categorie dedicate ai gruppi giovani: «E ora ci prepariamo per i mondiali di Phoenix»
Nancy Brusorio, coach al Centro artistico MAT; sullo sfondo, la crew «Armata» ripassa la coreografia in vista dei mondiali di hip hop a Phoenix, in Arizona (Stati Uniti)
Jona Mantovan
11.04.2023 09:25

La sede di Pregassona del Movimento artistico ticinese (o semplicemente «MAT») nasconde un segreto. Anzi, la sua «Armata». Il piazzale è deserto, ma una musica sembra provenire dall'interno di una delle grandi sale al pian terreno. I suoni sono sommessi, ma spalancando il portone ecco che una carica di ritmo 'hip hop' arriva a pieno volume. Decine di ragazzi (in maggioranza ragazze a dir la verità) si muovono scatenati. Stanno ripassando la loro 'coreo', come chiamano in modo amichevole la coreografia. I passi sono sincronizzati e i cambi di posa sono rapidissimi. Saltelli, giravolte, capriole. E poi il loro 'pezzo forte', i passi da parata militare con tanto di saluto sull'attenti. Questa è la ‘crew’ «Armata» (sette elementi) che, insieme agli altri ragazzi, compone il gruppo allargato «Armata Legacy». Entrambe le squadre hanno vinto i campionati Hip Hop International Switzerland nelle loro categorie («Varsity», per le composizioni fino a nove elementi e «Junior Varsity Mega Crew», fino a 30). Cosa che dà loro l'accesso ai Mondiali di Phoenix, in Arizona (Stati Uniti) dove rappresenteranno la Svizzera. «Ma per i più giovani dell'Armata Legacy vogliamo aspettare ancora un anno», dice Nancy Brusorio, l'istruttrice che tiene il ritmo e vigila sull'esecuzione dei suoi allievi che, finalmente, possono permettersi una breve pausa.

«L'hip hop è una cultura nata negli anni Ottanta negli Stati Uniti d'America», racconta la 25.enne, che oltre a insegnare da circa un anno alle ragazze e ai ragazzi del MAT, è anche infermiera al terzo anno alla Supsi. «Nel 2019, mi sono diplomata come ballerina versatile a Los Angeles, anche se ho iniziato a insegnare danza già da quando avevo 14 anni», racconta sorridente, mentre una delle allieve più giovani la interrompe per chiederle qualcosa. «Molti sono convinti del fatto che questa sia una disciplina competitiva, aggressiva. In realtà, però, l'hip hop si basa su tutt'altri pilastri: ‘Peace, unity, love & having fun’, vale a dire pace, unione, amore e divertimento. Questi sono i valori che vogliamo trasmettere ai ragazzi. Ma non possono mancare tanta disciplina e l'impegno. Devono imparare a rispettare gli orari, a rispettare la gerarchia, ma anche gli altri che fanno parte del gruppo». 

Molti sono convinti del fatto che questa sia una disciplina competitiva, aggressiva. In realtà, però, l'hip hop si basa su tutt'altri pilastri: ‘Peace, unity, love & having fun’, vale a dire pace, unione, amore e divertimento. Questi sono i valori che vogliamo trasmettere ai ragazzi
Nancy Brusorio, coach al MAT e infermiera al terzo anno Supsi, 25 anni

Da 50 allievi a oltre 750

Gioco di squadra al primo posto, insomma. Che, per un gruppo chiamato «Armata» sembra il minimo. Indispensabile, poi, per eseguire al millimetro i vari numeri. Come un delicatissimo meccanismo, basta un piccolo ingranaggio fuori posto per inceppare tutto. Ma le varie mosse sono sempre eseguite alla perfezione. 

Ma ecco che, dall'ingresso, arriva qualcuno. Giacca in pelle nera, abiti informali e viso solare: è Mirko D'Urso, attore teatrale e titolare del Centro culturale MAT, che ha fondato nel 2008. «All'epoca eravamo partiti con una cinquantina di studenti, ora ne abbiamo oltre 750», racconta soddisfatto il 45.enne mentre saluta la docente e il gruppo di giovani. «Siamo una scuola riconosciuta dal Cantone, una scuola di musica. Abbiamo corsi per i più piccolini, di tre-quattro anni, come danza-gioco, teatro-gioco, propedeutica musicale... fino ad arrivare ad allievi di 60-65 anni, penso soprattutto a quelli nella sezione Teatro». E, tra tutto il ventaglio delle offerte del MAT, ci sono anche i corsi di danza hip hop, che hanno permesso di costituire le due crew Armata e Armata Legacy. 

Non si guarda se in un gruppo ci sono più ragazze o più ragazzi. Conta la potenza, l'espressività. Non se sei maschio o femmina
Nathan «Tasha», allievo di quarta media, 14 anni

Tutti uguali sul palco

L'istruttrice Brusorio, intanto, non ha perso tempo e ha già fatto ripartire musica e coreografie. Ragazze e ragazzi, però, sono instancabili e continuano a saltellare sorridenti a ritmo di musica, muovendo le braccia e buttandosi a terra, per poi rimettersi in piedi. Uno sforzo atletico non da poco. Uno di loro, visto un cenno della docente, si stacca. È Nathan, l'unico ragazzo tra i sette elementi del gruppo Armata. Camicia color kaki, alto, si toglie una bandana nera. Un po' di fiatone, in effetti, ce l'ha.

«Certo, a volte posso sentirmi il settimo incomodo», esclama ridendo. Il giovane è conosciuto anche con il soprannome «Tasha». «Sul palco siamo tutti uguali. Non si guarda se in un gruppo ci sono più ragazze o più ragazzi. Conta la potenza, l'espressività. Non se sei maschio o femmina. È anche per questo che invito i ragazzi a provare. A me ha cambiato la vita e sono felice di questa scelta», afferma il 14.enne di Cadro, che in passato aveva giocato a hockey su ghiaccio. «Tre anni fa ho smesso di praticare quello sport e sono capitato qui. Beh, devo dire che mi è andata bene, no?» si chiede, in maniera retorica.

Ogni volta che sali sul palco c'è tanta emozione, c'è la paura di sbagliare. Ma quando inizi a ballare ti godi solo il momento e non pensi a nient'altro
Sophie «Gringa», studentessa alla Commercio, 17 anni

«Ballavo davanti allo specchio...»

Sophie (soprannominata «Gringa»), al contrario di Nathan, l'hockey su ghiaccio lo pratica ancora. «Ho iniziato l'anno scorso e mi trovo molto bene, in questo gruppo. Stare con loro mi dà una grande carica positiva», esclama la 17.enne con un sorriso sincero. La ragazza frequenta il Centro Professionale Commerciale di Massagno. «Quando arrivavo a casa mi mettevo a ballare davanti allo specchio. E così mio padre, che quando aveva la mia età ballava hip hop, mi ha indirizzata qui».

La giovane commenta anche l'emozione della vittoria e la prima esperienza, l'anno passato, ai Mondiali di Phoenix: «Abbiamo lavorato tantissimo per ottenere il primo posto ai campionati nazionali. È stata un'emozione che ricorderò per sempre. Speriamo di fare un buon lavoro anche quest'estate in Arizona. Ogni volta che sali sul palco c'è tanta emozione, c'è la paura di sbagliare. Ma quando inizi a ballare ti godi solo il momento e non pensi a nient'altro».

Ballare è la mia passione, e tutti loro sono diventati la mia famiglia
Giada «Giogiu», assistente di studio medico, 16 anni

«Una fortuna essere qui»

«Dentro questo gruppo ci sono tutte le persone a cui voglio bene», sottolinea un'altra voce. È quella di Giogiu (ma nella vita quotidiana Giada), che ha appena finito un giro di danza in stile 'afro', il suo preferito. «È uno stile in cui ti senti libera e puoi esprimere te stessa, e che per le movenze sembra richiamare un'antica danza tribale». Da qui il nome dello stile. La 16.enne di Taverne, impiegata come assistente di studio medico, frequenta il corso da un paio d'anni. «Ballare è la mia passione, e tutti loro sono diventati la mia famiglia», esclama voltandosi verso i compagni che stanno eseguendo alcuni passi della coreografia. «Per questo trovo molto bello il fatto di poter essere qui».

Cerchiamo di dare ai ragazzi tutti gli strumenti che servono affinché possano realizzare i loro sogni
Mirko D'Urso, titolare Centro artistico MAT, 45 anni

Collaborazioni presenti e future

La scuola–spiega il titolare della struttura, che fra l'altro ha una sede anche a Cadempino–ha in... ballo una serie collaborazioni. Tra presente e futuro, si parla della Scuola del Musical a Milano, dell'Accademia Teatro Dimitri a Verscio, del Cisa di Locarno... «Sì, perché una parte dei nostri allievi svolgono queste attività per hobby, per passione. Ma una buona metà ha delle aspirazioni e offriamo loro progetti più strutturati».

Molti degli studenti di D'Urso, insomma, cercano di prepararsi al meglio per poi diventare professionisti. «Dico sempre che non vendiamo sogni irrealizzabili, ma cerchiamo di dare ai ragazzi tutti gli strumenti che servono affinché siano loro stessi a poterli realizzare».

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