Economia

Farmaci meno cari negli USA: «A rischio la ricerca svizzera»

Donald Trump annuncia un taglio dei prezzi dei medicinali, tra i più cari al mondo: «Tutti dovrebbero pagare in misura uguale» – A risentirne sarebbero i margini di guadagno delle aziende – Piero Poli (Farma Industria Ticino): «Così si danneggia anche il consumatore»
©CHRIS KLEPONIS/ POOL

Un decreto esecutivo per mettere ordine nel mercato farmaceutico statunitense. Il presidente Donald Trump è passato dalle parole ai fatti, dando mandato alla sua amministrazione di imporre alle case farmaceutiche di abbassare i prezzi dei loro medicinali per allinearli a quelli pagati dagli altri Paesi, Europa in primis. Il decreto intende fissare gli obiettivi di prezzo entro un mese. Non solo. Sono previste ulteriori misure nel caso in cui le aziende non si adeguassero entro i prossimi sei mesi. «Tutti i Paesi dovrebbero raggiungere un livello di parità. Tutti dovrebbero pagare lo stesso prezzo», ha spiegato Trump in conferenza stampa.

La misura decisa da Trump potrebbe avere importanti conseguenze anche per le aziende svizzere. Gli USA rappresentano infatti il secondo mercato più importante per il comparto chimico-farmaceutico, che esporta oltreoceano prodotti per un valore di oltre 30 miliardi di franchi (dati del 2023). Inoltre, gli Stati Uniti sono un acquirente molto redditizio, visto che pagano i prezzi più alti al mondo per i medicamenti. Non a caso, Trump vuole intervenire proprio sullo squilibrio tra i prezzi americani e quelli del resto del mondo.

Ma come viene fissato il prezzo dei farmaci negli USA? «A differenza di quanto avviene in Svizzera e in Europa, non esiste un’autorità centrale di vigilanza che approvi o limiti il prezzo di un farmaco al momento del via libera alla commercializzazione», spiega Piero Poli, presidente di Farma Industria Ticino. E questo vale sia per i prodotti innovativi protetti da brevetto, sia per i generici. «Il prezzo iniziale negli USA - prosegue Poli - è stabilito dal produttore e sostanzialmente è il costo a cui il grossista acquista il farmaco dal produttore, senza sconti. Tuttavia, il prezzo realmente pagato dal consumatore è frutto di una complessa contrattazione tra produttori, assicurazioni e intermediari». L’ordine esecutivo, spiega ancora il presidente di Farma Industria Ticino, «non coinvolge direttamente i farmaci generici, ma in ogni caso non è da escludere un impatto anche sui prodotti fuori brevetto. Infatti, se i prezzi dei farmaci originali si abbassano, anche i generici potrebbero perdere competitività». In generale, comunque, un livellamento verso il basso dei prezzi dei farmaci nel mercato statunitense finirebbe per penalizzare il consumatore finale, ossia il cittadino. «I pazienti americani, senza una buona assicurazione, potrebbero trovarsi a scegliere tra trattamento e indebitamento», chiosa Poli.

Ma anche le aziende farmaceutiche elvetiche subirebbero il contraccolpo. «A risentirne sarebbe soprattutto la ricerca, che ogni anno costa centinaia di milioni di franchi. Se si riducono i margini di profitto, infatti, è inevitabile tagliare proprio sull’innovazione. E questo ci preoccupa molto».

Un successo diplomatico

Nel frattempo arrivano però buone notizie sul fronte diplomatico. La Svizzera dovrebbe essere infatti «tra i prossimi» Paesi a trovare un accordo con gli Stati Uniti sulla questione dei dazi. Lo aveva annunciato Karin Keller-Sutter venerdì, dicendosi soddisfatta dei colloqui intrattenuti con il Segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent. Presto, da parte di Berna, verrà presentata una dichiarazione d’intenti a Washington che dovrebbe permettere di andare dritti al punto: ridurre, se non annullare del tutto, la barriera commerciale del 34% sulle importazioni che Trump aveva imposto (per poi sospendere per 90 giorni) a un gran numero di merci provenienti dalla Confederazione. Oggi, Washington ha fatto sapere che la Svizzera «è in prima fila, assieme alla Gran Bretagna, per un accordo commerciale». A dichiararlo è stato lo stesso Bessent, che ha fatto notare come le aziende elvetiche sono fra i principali investitori negli Stati Uniti. «È incredibile per un’economia di nove milioni di persone», ha dichiarato. Bessent vorrebbe che la Svizzera esportasse i suoi programmi di formazione nel suo Paese, in un momento in cui sta cercando di reindustrializzarsi. «Gli Stati Uniti hanno molto da imparare dalla Svizzera», ha insistito, parlando di 150-200 miliardi di nuovi investimenti svizzeri che potrebbero arrivare negli USA, in gran parte derivanti dal settore farmaceutico. Oggi, ad esempio, Roche ha annunciato la progettazione di uno stabilimento in Carolina del Nord dal costo di 700 milioni di dollari. Nella città di Holly Springs, su un’area di circa 700.000 metri quadrati, verranno prodotti farmaci metabolici per il trattamento dell’obesità, ha indicato Genentech, filiale statunitense del gigante farmaceutico basilese. Roche ha altresì annunciato nel pomeriggio l’intenzione di ampliare il sito diagnostico di Indianapolis, per un costo totale di 550 milioni di dollari. Ma al di là degli investimenti economici, il fine settimana di incontri è stato molto positivo per la diplomazia svizzera. Da un lato Berna ha compiuto un passo forse decisivo per eliminare i dazi, dall’altro USA e Cina hanno trovato un’intesa sulla guerra commerciale grazie ai buoni uffici della Confederazione.

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