Il punto

In che modo, dunque, UBS potrebbe lasciare la Svizzera?

Dall'ipotesi dell'acquisto di una banca americana di medie dimensioni all'eventuale compromesso sui mezzi propri per rimanere: le speculazioni attorno alla grande banca continunano
©GAETAN BALLY
Red. Online
22.09.2025 19:45

La scorsa settimana, le voci riguardanti un possibile trasferimento di UBS negli Stati Uniti sono tornate a circolare, complice un articolo del New York Post. Addirittura, le discussioni fra il gruppo bancario e l'amministrazione Trump sarebbero già in corso. I motivi dell'addio, come noto, sono legati alle proposte del Consiglio federale per una regolamentazione più severa delle banche di importanza sistemica. Banche come UBS, appunto, che dovrebbe aumentare i fondi propri a 24 miliardi di franchi per le sue filiali estere. Detto che la banca, come sottolinea Watson.ch, sin qui non ha commentato le speculazioni, le indiscrezioni continuano a circolare. Proviamo, allora, a fare chiarezza.

Il Dipartimento federale delle finanze (DFF) di Karin Keller-Sutter ritiene che un addio di UBS, destinazione estero, sia fuori discussione. Una posizione, questa, ripresa domenica anche dalla NZZ am Sonntag. Le minacce della grande banca, insomma, sarebbero soltanto un bluff. Tradotto: UBS, alla fine, accetterà le nuove regole. 

Eppure, Watson.ch riferisce che, all'interno di UBS, la situazione è cambiata. E pure di molto. L'hedge fund svedese Cevian e alcuni azionisti statunitensi avrebbero perso la pazienza, come riportato da Schweiz am Wochenende e dalla SonntagsZeitung. Il caporedattore del giornale domenicale, specialista del settore bancario e autore di un film sul crollo del Credit Suisse, ha scritto che «la minaccia di un'uscita è più realistica di quanto pensassimo».

Il SonntagsBlick, dal canto suo, ha citato l'analista Stefan Stalmann, il quale ha messo in guardia dalla mancanza di capitale del Credit Suisse. Per lui, una partenza potrebbe rappresentare «un piano B o C di fronte ai nuovi requisiti patrimoniali svizzeri». Il piano A, per contro, prevede che UBS rimanga in Svizzera e cerchi di ridurre l'onere normativo. Finora, questo argomento sembrava garantire che la sede centrale sarebbe rimasta a Zurigo. Ma i media americani hanno delineato un'altra possibilità. UBS potrebbe acquistare una banca statunitense di medie dimensioni sotto forma di reverse takeover. Così facendo, UBS si fonderebbe con una banca più piccola. Gli azionisti riceverebbero nuove azioni mentre la sede centrale verrebbe trasferita negli Stati Uniti.

Alcuni pensano che un trasferimento a New York costringerebbe la banca a cambiare nome. Non necessariamente, anche perché la «S» di UBS non sta più per «Svizzera» dopo la fusione con Swiss Bank Corporation nel 1997. La banca nata dalla fusione si chiamò per breve tempo United Bank of Switzerland, un nome che – tuttavia – non fu mai ufficializzato. Oggi, UBS non significa altro che UBS. Anche con una sede centrale a New York, dunque, il marchio rimarrebbe invariato.

Alcuni vertici della banca ritengono che «il popolo» odi UBS e che un trasferimento negli Stati Uniti lascerebbe tutti indifferenti. «Basta che se ne vadano», direbbero gli svizzeri. Questo, d'altro canto, è il tono che domina sui social network. La stessa UBS riceve molti messaggi ostili. Eppure, un sondaggio condotto da Schweiz am Wochenende su 1.100 persone ha delineato un quadro diverso: il 59% sarebbe dispiaciuto se la banca lasciasse la Svizzera, il 32% no mentre il 9% si è detto indeciso. Sebbene il sondaggio non sia rappresentativo, riflette senza dubbio meglio l'opinione pubblica rispetto ai messaggi su Facebook o X.

La SonntagsZeitung, concludendo, ha abbozzato un compromesso. UBS potrebbe organizzare le sue attività in modo da dover disporre solo di 10-15 miliardi di capitale aggiuntivo, rispetto ai 24 miliardi richiesti. In cambio, una norma vieterebbe l'acquisizione delle principali banche d'investimento. 

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