La situazione

L'Europa, il gas e l'incubo di un inverno al freddo

L'Unione Europea deve chiudere i rubinetti con la Russia – Riserve, GNL, Stati Uniti, Qatar: ecco il piano per liberarsi di Mosca
Marcello Pelizzari
23.03.2022 19:00

Energia. La parola, complice il conflitto in Ucraina, è sulla bocca di molti. Il discorso è articolato, va da sé, e comprende le sanzioni occidentali imposte a Mosca, l’Unione Europea e possibili rappresaglie russe. La domanda, beh, è sempre quella: il Vecchio Continente, il prossimo inverno, verrà investito da una penuria di energia? Sì, no, forse.

La Germania, le cui importazioni di gas per la metà dipendono da Vladimir Putin, si starebbe preparando a un razionamento energetico. Di più, ha riunito i vari gruppi industriali per inquadrare e definire i rispettivi bisogni, proprio nell’ottica di dover controllare il consumo. Ne ha riferito, fra i vari media, il quotidiano economico francese La Tribune.

L’Unione Europea, però, spera in una svolta positiva. O, meglio, ha definito prioritario l’abbandono degli idrocarburi provenienti dalla Russia. Il guaio? Nonostante gli appelli di vari Paesi, fra cui la Polonia, nessuno si è ancora fatto avanti per chiudere il rubinetto.

Mosca non si ferma

Mosca, al contrario, continua a rifornire l’Europa. Dal 24 febbraio, secondo le stime, è arrivato gas in cambio di 17 miliardi di euro. La settimana scorsa, leggiamo, la Russia ha venduto oltre 2.600 milioni di metri cubi di gas all’UE. Nei primi sette giorni di gennaio, di milioni ne erano stati venduti appena 1.700.

Della serie: il progetto Nord Stream 2 sarà pure stato bloccato, ma il gemello Nord Stream 1 non ha smesso di funzionare. Perfino il transito dall’Ucraina è aumentato dall’inizio della guerra: da 600 milioni di metri cubi a settimana nel marzo 2021 all’attuale media di 650 milioni. Se il 22 febbraio parlavamo di 35 milioni di metri cubi di gas, il 25 febbraio la quota flirtava attorno a 90 milioni.

Gli altri mercati

Detto della Russia, l’Europa sta volgendo lo sguardo (anche) altrove. La Norvegia, l’Algeria, perfino i Paesi Bassi e gli Stati Uniti. Il tutto si è tradotto, la scorsa settimana, in un’importazione record di gas: 10.000 milioni di metri cubi confluiti nel territorio, a fronte degli 8.500 del 2021 e del picco raggiunto nel periodo 2015-2020 (9.000).

A esplodere, non in senso letterale, è stato il gas naturale liquefatto, il cosiddetto GNL. A inizio marzo, in una settimana, hanno raggiunto 3.500 milioni di metri cubi. Secondo le previsioni di Gas Vista, citate da La Tribune, dovrebbero triplicare. Il fornitore? Gli Stati Uniti.

I vantaggi sono molteplici: il gas, come detto, viaggia in forma liquida e, quindi, può provenire da più parti del mondo senza avere bisogno di gasdotti. Viene poi lavorato a destinazione.

La mossa di Washington

L’amministrazione Biden, mercoledì scorso, ha dato una spinta (necessaria) importante in questo senso. Permettendo a due terminali di liquefazione di espandere il numero di Paesi a cui Washington può vendere il suo gas.

Italia e Germania, a proposito di GNL, si sono invece rivolte al Qatar. Ottenere contratti di fornitura indipendenti dalla Russia, insomma, è una questione di primissimo piano per dirla con Jörg Kukies, il consigliere economico del cancelliere Olaf Scholz.

Le scorte

Il mercato del GNL, tuttavia, potrebbe essere messo a dura prova dall’aumento della domanda. L’UE, per questo motivo, vuole facilitarne l’accesso per i suoi Stati membri. In soldoni, Bruxelles punta a un impegno per l’acquisto congiunto di gas così da garantire ai vari Paesi un maggiore potere di negoziazione

L’Unione, ancora, lavorerà per migliorare lo stoccaggio. Al di là della stagionalità della domanda, infatti, le riserve garantiscono fra il 25 e il 35% del gas consumato in inverno. Per tacere di quando intervengono qualora vi fosse un’interruzione della fornitura.

Un punto, quest’ultimo, centralissimo. Secondo l’Istituto Bruegel, la sospensione delle importazioni russe impedirebbe all’Europa di riempire a sufficienza i serbatoi prima del prossimo inverno. E costringerebbe il Continente a una riduzione del consumo fra il 10 e il 15%. Gazprom, che gestisce impianti di stoccaggio in vari Paesi dell’UE, non a caso è stata accusata di aver deliberatamente tenuto basse le riserve prima dell’invasione dell’Ucraina. A pensar male…

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