Sui bond AT1 gli USA accelerano, la Svizzera «nicchia»

È passata un po’ sottotraccia una notizia che rappresenta però una svolta significativa nella battaglia legale relativa alla vicenda dell’azzeramento (e cancellazione) delle famigerate obbligazioni AT1 di Credit Suisse. Ma questa volta le novità provengono da oltre Atlantico: lo scorso 7 luglio la giudice distrettuale degli Stati Uniti Colleen McMahon a Manhattan ha infatti stabilito che gli investitori, rappresentati dalla società di gestione patrimoniale Core Capital Partners che nell’ottobre 2023 ha depositato una causa collettiva, possono procedere con l'acquisizione delle prove nel loro caso, dando quindi luce verde alla fase istruttoria. Detto altrimenti, gli investitori negli USA che hanno fatto causa contro Credit Suisse, i suoi ex vertici e anche la società di revisione PwC, potranno finalmente accedere a comunicazioni interne, messaggi e-mail, rapporti sui rischi ecc. E pensare che i querelanti in Svizzera, tramite i loro rappresentanti legali, hanno dovuto «scomodare» addirittura il Tribunale federale (TF), questa volta in qualità di autorità di sorveglianza, affinché il Tribunale amministrativo (TAF) si desse una mossa a decidere sull’accesso ai documenti a cui hanno diritto - e che attendono di avere da oltre due anni. I giudici di San Gallo hanno ora tempo fino al 27 luglio per prendere posizione sull’esposto per ritardata giustizia da parte di alcuni ricorrenti e rispondere alle puntuali domande di chiarimento del TF.
Investitori USA «frodati»
Tornando negli Stati Uniti, la giudice McMahon ha stabilito che la cosiddetta «class discovery» debba concludersi entro il 22 agosto e che le repliche finali ad eventuali opposizioni giungano entro il 24 ottobre. In altre parole, il tribunale ha dato a Core Capital il via libera per iniziare a costruire il suo caso, il che significa mandati di comparizione, deposizioni, accesso ai documenti interni della banca ecc. L’obiettivo della class action, ricordiamo, è di dimostrare che la banca, i suoi vertici e la società di revisione abbiano diffuso dichiarazioni materialmente false e fuorvianti riguardo alle politiche commerciali, operative e di conformità (compliance) della banca, frodando di fatto gli investitori. Va precisato che la vertenza newyorkese si differenzia da quella svizzera per entità (le perdite subite dagli investitori rappresentati da Core Capital ammontano a circa 1,2 miliardi di dollari, quelle dagli investitori rappresentati dagli studi legali in Svizzera a oltre 4 miliardi) e per il genere di accusa mossa (al TAF i ricorsi sono contro la Finma e la sua decisione di azzerare gli AT1, negli USA sono contro la banca e i suoi dirigenti per manipolazione dei corsi secondo la stringente normativa della SEC Securities Exchange Commission, l’autorità USA di vigilanza delle Borse valori).
Impatto sul settore bancario?
Secondo l’avvocato luganese esperto di diritto finanziario Dario Item, il caso negli USA è molto rilevante perché, come scrive sul portale antigua.news, «ciò che accadrà potrebbe avere ripercussioni sul settore bancario». A seguito della crisi finanziaria globale del 2008-2009, le obbligazioni AT1, definite anche come Convertible Contingency Bonds (CoCo), sono diventate molto popolari presso le banche europee (e non solo) quale strumento di capitale addizionale, fungendo da «cuscinetto» in caso di crisi perché possono essere convertite in azioni o ammortizzate (o svalutate integralmente, come nel caso specifico di CS). Tuttavia, questi titoli sono più rischiosi e sono quindi remunerati con un tasso d’interesse normalmente più elevato: «Sebbene gli investitori sappiano che i rischi sono insiti nel prodotto, il caso degli AT1 di CS ci insegna che il problema non era lo strumento di per sé, bensì l’assoluta mancanza di trasparenza in merito alla reale salute finanziaria della banca», sostiene Item. «A parte quelli di CS e di SNS Reaal in Olanda – prosegue – pochi investitori hanno finora ricorso nei tribunali per le perdite subite sui bond AT1. Se Core Capital avrà successo, le cose potrebbero cambiare sia per le banche, sia per gli investitori. Riguardo alle prime, solo perché si emettono obbligazioni rischiose non significa che si possa nascondere la verità; per i secondi, anche se si investe in strumenti rischiosi, si ha diritto alla trasparenza».
Altre «class action» in arrivo?
I prossimi due mesi, sulle due sponde dell’Atlantico, saranno «molto interessanti» dal profilo giuridico, perché dalla documentazione finora negata ai ricorrenti potrebbero emergere informazioni cruciali per procedere contro entità e persone nella vicenda di Credit Suisse. E, per la questione specifica degli AT1 negli USA, «ottenuta la certificazione della corte di Manhattan per la causa collettiva (il termine è previsto il 19 settembre), si spianerà la strada per altre cause collettive di investitori in bond AT1», conclude l’avvocato Item.