Francia e Svizzera, amicizia non scontata

È vero che la visita di Emmanuel Macron in Svizzera si concentra soprattutto sulla Romandia, escludendo la «metropoli» Zurigo - a differenza di quanto fatto da François Hollande nel 2015 - e il Ticino. Ma oggi, in qualche modo, nella prima delle due giornate del presidente francese nel nostro Paese, siamo riusciti comunque a imbucarci alla festa. Lo stesso Macron ha infatti menzionato il Trattato di Friburgo del 1516, meglio noto come «Pace perpetua». Firmato a Friburgo, segnò le frontiere tra la Svizzera italiana e le attuali province limitrofe. Sì, come previsto si è parlato anche di frontiere e frontalierato. D’altronde il confine tra Francia e Svizzera è segnato da importanti cifre di scambio, sia umano sia economico. Seicento chilometri di frontiera. È stato Macron stesso a sottolinearlo, aggiungendo che si tratta, «fondamentalmente, solo di una divisione amministrativa». Tra Paesi «amici». La definizione è sempre sua.
«L’ora è grave»
Ciò però che, oggi, appare scontato, una pura prassi diplomatica, legata anche alle buone maniere, be’, così banale non è. Va ricordato come Francia e Svizzera abbiano attraversato una delle fasi più cupe della loro vicinanza. Tutti ricordiamo, per esempio, il gran rifiuto dello stesso Macron di ospitare Guy Parmelin, allora presidente, nel settembre di due anni fa. Si minimizzò, della serie: ma no, la visita non era ancora stata ufficializzata. Ma la verità è che era ancora troppo calda la decisione della Confederazione di puntare sugli F-35 americani piuttosto che sui Rafale francesi. E se a ciò aggiungiamo anche la decisione del Consiglio federale di porre fine all’accordo quadro - decisione annunciata nel maggio di quello stesso anno -, ecco che il contesto è completo. La visita di Macron - la sua prima visita di Stato in Svizzera da quando è diventato presidente nel 2017 - è quindi un evento in tutto e per tutto, anche perché il momento è «grave e difficile». Troppi fronti aperti, troppe tensioni, che una volta per tutte ci coinvolgono, coinvolgono tutta Europa, quella dell’Unione e gli altri Paesi, noi compresi. «La nostra Europa - ha sottolineato Macron, non a caso - non può restare indifferente rispetto ai conflitti sul suo suolo e alla sua periferia». Berset, dal canto suo, ha parlato di un mondo che «sanguina»: «L’ora è grave».
Inni, storia, mondanità
Atterrato all’aeroporto di Belp nel primo pomeriggio, Emmanuel Macron, accompagnato dalla moglie Brigitte, è stato accolto da Alain Berset e dalla sua consorte Muriel. Non è la prima volta che i quattro si incontrano e che vengono immortalati nelle classiche fotografie di rito. Ma, saranno i tempi così incerti, in questo caso anche le pratiche mondane hanno tutto un altro gusto, più politico, ma anche più sociale, in definitiva più solenne. E allora a Palazzo federale, ad attendere il corteo di limousine, si è presentato il Consiglio federale in corpore. Gli inni, i tradizionali riti di stampo militare - senza svenimenti (il riferimento è al soldato colto da malore nel 2015, proprio sotto gli occhi di Hollande e Simonetta Sommaruga) -, poi i discorsi e le discussioni. E per affrontare l’attualità del rapporto, si è partiti da diverse note storiche, come a giustificare il ritrovarsi, il ritorno a una relazione che sembrava ormai sfilacciata. Berset ha addirittura parlato di un «debito politico nei confronti della Francia, un debito che risale al 1798». Il riferimento è a Napoleone, ça va sans dire. Ma «Svizzera e Francia condividono la stessa lingua e la stessa cultura», «hanno un vecchio legame di amicizia».
Negoziati continentali
Un vecchio legame e nuovi punti in comune, come la Comunità politica europea. Nata da un’idea dello stesso Macron, accoglie tra i suoi membri anche la Svizzera. E Berset ha infatti sottolineato come si tratti di «uno strumento importante per il continente e per la Svizzera, che permette di avere contatti informali». Forse, in un futuro non troppo lontano, anche a Berna. Ma, certo, va fatto qualche passo avanti anche rispetto all’Unione europea. Berset non lo ha negato e, anzi, ha ricordato la recente decisione del Consiglio federale di elaborare un mandato negoziale proprio in questo senso, di uno sviluppo delle relazioni bilaterali. Anche perché, come ha poi sottolineato Macron - con quella punta di ironia tutta francese -, rivolgendosi ai giornalisti presenti: «Forse non lo sapete, ma siete già europei». Anche le battute fanno brodo, in tempi grami.