Confine

I pendolari della benzina

Il pendolarismo dei consumatori fra Italia e Svizzera è destinato a non finire mai, ma la sua storia è molto più frizzante del presente
© CdT/Gabriele Putzu
Stefano Olivari
28.01.2023 09:30

Dopo la fine dello sconto sulle accise, con il governo Meloni che non ha rinnovato il provvedimento di Draghi, per gli automobilisti sembra tornato più conveniente fare il pieno a Chiasso che a Como. In attesa ovviamente del prossimo cambio di direzione della convenienza, per la benzina ma anche per altri generi. Il pendolarismo dei consumatori fra Italia e Svizzera è destinato a non finire mai, ma la sua storia è molto più frizzante del presente, visto che le svalutazioni della vecchia lira e le oscillazioni del franco non sono nemmeno paragonabili al tran tran dell’era euro.

Anni Sessanta

Senza andare alla preistoria, si può ricordare che il fenomeno del «fare la benzina in Svizzera» ha assunto in Italia, per non dire in Lombardia, proporzioni enormi fin dalla metà degli anni Sessanta, quando un medio distributore di Chiasso erogava circa diecimila litri di benzina al giorno, contro i duecento del concorrente comasco. Un fenomeno che generò anche microcontrabbando, con automobilisti che si improvvisarono rivenditori, e minacce (mai seguite dai fatti) da parte della Guardia di Finanza di controllare i serbatoi. Gradualmente, per via anche di una lira sempre più debole per precisa scelta dei governi italiani dell’epoca che puntavano a favorire le esportazioni (la famosa «svalutazione competitiva») facendo correre l’inflazione, la convenienza della spesa in Svizzera diminuì fino ad arrivare nell’ottobre del 1972 ad una situazione quasi neutra: un litro di «super» costava in quel periodo a Chiasso 74 centesimi di franco, cioè 114,70 lire (un franco si cambiava a 155 lire), mentre i benzinai comaschi la vendevano a 162. Nota per la Generazione Z: la benzina cosiddetta «super», che in minima parte esiste ancora (non fosse altro che per le auto d’epoca), era quella con il piombo, comunque la più diffusa.

Tutti cambisti

Il tremendo deprezzamento della lira nei confronti del franco, 12% in un colpo solo, rese nel 1973 più competitivi i prodotti italiani ma anche non più tanto convenienti le gite a Lugano: la benzina ticinese arrivò a costare 140 lire al litro, una tavoletta di cioccolato da 180 a 240 lire, un pacchetto di sigarette da 220 a 270. Per un comasco prezzi ancora accettabili, vista la distanza minima, per un milanese no. Il problema non era soltanto il cambio franco/lira, ma le sue folli fluttuazioni che impedivano qualsiasi reale valutazione di convenienza che andasse oltre il giorno successivo. Così nei negozi ticinesi si verificò un fenomeno mai visto prima e raramente (certo non in maniera così sfacciata) visto dopo, la concorrenza sui cambi: c’era chi cambiava un franco a 175 lire pur di mantenere fedele la clientela italiana, c’era chi (come ad esempio la Coop, che in quel periodo cambiava a 190), che preferiva conservare un margine di sicurezza. Chi oggi parla di volatilità dei mercati non si ricorda di quell’anno in cui chiunque si era trasformato in esperto di cambi. Si creò così una situazione di incertezza che per qualche anno rese difficile capire dove stesse la convenienza, se non caso per caso, ma intanto il flusso di svizzeri verso supermercati del comasco aumentò del 20% nel giro di un anno. Di sicuro il flusso di italiani in marcia verso benzinai e negozi ticinesi crollò, generando fallimenti e altri problemi.

Anni di piombo

Per essere brutali, in quegli anni di piombo, con terrorismo e delinquenza fuori controllo, l’unica convenienza che un italiano aveva per andare in Svizzera era quella di esportare capitali, legale o illegale che fosse la loro origine. Così l’8 marzo del 1974 diventò operativo un divieto che vietava di superare la frontiera, non soltanto quella con la Svizzera ma la legge era stata fatta pensando alla Svizzera, con più di 20.000 lire in contanti in tasca. Come potere d’acquisto si trattava di circa 130 euro di oggi… Nel frattempo c’era stata la crisi petrolifera mondiale (nel solo autunno precedente il prezzo del petrolio era aumentato del 300%, dopo la Guerra del Kippur) e da parte svizzera fu emanata una norma non meno cervellotica, con cui si vietava ai non residenti di entrare in terra elvetica in auto con un serbatoio che non fosse pieno almeno per tre quarti. Controlli impossibili anche per doganieri motivati, tutto finì presto nel dimenticatoio.

Equilibrio instabile

Nel 1975 si arrivò a 300 lire per un franco, e la tendenza dei ticinesi a fare spese in Italia, già marcata, divenne boom. Fino alla metà degli anni Ottanta, quando l’indebolimento del franco portò ad un nuovo equilibrio. Durato poco, perché già nel 1987 a Como, a parità di marchi, gli alimentari costavano il 50% in meno e l’abbigliamento il 30 che a Lugano. Soltanto per la benzina la tassazione annullo e superò l’effetto cambio: nel 1990, durante i Mondiali, un litro di «super» veniva venduto al cambio di circa 1.000 lire, contro le 1.550 che costava in Italia. Nel 1992, con il calo del franco a 827 lire, nuovo periodo fortunato per i negozi ticinesi, senza esagerare.

Euro all'italiana

I Novanta si chiusero fra continui cambi di tendenza ma nel 2002, con l’introduzione definitiva dell’euro, ci fu per i commercianti di parte svizzera un nuovo boom. Non basato su grandi meccanismi finanziari, ma semplicemente sul fatto che molti commercianti al dettaglio italiani avevano tradotto a modo loro le lire in euro: un vestito da 100.000 lire si sarebbe dovuto trasformare in un vestito da 50 euro (il cambio fisso era 1936,27 lire per un euro), invece dalla sera alla mattina fu proposto a 100. Da qui l’esultanza di tanti centri commerciali svizzeri, con l’effetto cambio annullato dal cambio all’italiana effettuato dai colleghi comaschi o milanesi. Nel giro di pochi anni gli italiani avrebbero psicologicamente digerito questa mazzata dell’euro, limitando i calcoli di convenienza soltanto alla benzina, e i ticinesi abbastanza vicini alla frontiera sarebbero tornati a fare spese quotidiane in Italia. Molti dicono che non torneranno più i tempi in cui si apriva il giornale ed in base al cambio del giorno si decideva in quale negozio e in quel Paese fare la spesa. Ma in realtà sono già tornati, basta un click: certo il mondo non è più quello di qua o di là di Brogeda.