Il 1990 di quel ragazzo diverso da tutti gli altri

È appena caduto il Muro di Berlino ma il cinema pare non aver ancora compreso la portata dell’evento, tanto che il thriller più celebre del 1990 (Caccia a Ottobre Rosso di John McTiernan con Sean Connery) è ancora basato sulla contrapposizione tra USA e URSS. Un’annata di transizione dunque, che regala però un inatteso film da Oscar al nostro Paese, di cui andiamo a scoprire - come sempre in ordine alfabetico - i titoli più importanti.
Costner tra i Sioux
Vent’anni dopo Piccolo Grande Uomo, ma con uno spirito più ecologista (il protagonista abbandona la civiltà del 1863 per andare alla scoperta del «paradiso perduto»), con Balla coi lupi l’esordiente regista (ma già affermato attore) Kevin Costner reinventa ancora una volta il weatern, genere intrinsecamente legato alla storia americana. Enorme successo popolare e vincitore di ben sette Oscar, è probabilmente l’ultimo western ad aver segnato la storia del cinema ma influenzerà negativamente la carriera del suo autore e protagonista.
Lynch on the road
Incastonato tra due gioielli come Velluto Blu e Twin Peaks, Cuore Selvaggio è il film in cui David Lynch ha osato mischiare di più tutti i magici ingredienti del suo cinema visionario. Moderni Romeo e Giulietta, Sailor e Lula (Nicholas Cage e Laura Dern) fuggono lungo le strade senza fine del Sud degli Stati Uniti, tra amore, morte, violenza, inseguimenti, ironia, parodia e voglia di libertà. Un mix esplosivo, intriso di estetica kitsch, ma che alla fine sa toccare il cuore.
La creatura di Tim Burton
Ennesima variazione sul tema di Frankenstein, Edward Mani di Forbice è una favola tenera e crudele che mette in evidenza lo strepitoso talento grafico di Tim Burton. Azzeccatissima la scelta di Johnny Depp per dar vita a questo ragazzo «diverso», odiato dai vicini e in preda a crisi di infinita malinconia che dimentica solo quando, grazie alle cesoie che si ritrova al posto della mani, modella cespugli, pellicce di cani o capigliature nelle forme più sorprendenti.
La Cina proibita di Zhang Yimou
Il regista Zhang Yimou e l’attrice Gong Li sono i nomi più famosi di quella «nouvelle vague» del cinema cinese che trova vasta eco in Occidente grazie anche al lavoro di esplorazione di nuovi territori compiuto dal Festival di Locarno sotto la guida di Marco Müller. Ju Dou, dal nome della protagonista interpretata da Gong Li, è il secondo capitolo di una trilogia sulla condizione femminile in Cina durante l’epoca feudale (preceduto da Sorgo Rosso e seguito da Lanterne Rosse): un melodramma cupo in cui il regista mette pienamente a frutto la sua arte di raccontare e il suo gusto per le immagini caratterizzate simbolicamente. Il film fu proibito in Cina nonostante la presenza di un funzionario statale al fianco di Zhang che avrebbe dovuto sorvegliare l’ortodossia del suo lavoro.
Almodovar e la pornostar
Giunto alla ribalta all’inizio degli anni Ottanta come il frutto più succulento della «movida» madrilena nella Spagna neo repubblicana, Pedro Almodovar dimostra un ritmo di produzione frenetico nel suo primo decennio di attività. Dopo Donne sull’orlo di una crisi di nervi (1988), piccolo capolavoro della fase iniziale della sua carriera, Légami! costituisce uno snodo importante verso opere più serie e intense ma meno scanzonate. La storia dell’orfano che esce dal manicomio (Antonio Banderas) e decide di sequestrare una pornostar (Victoria Abril) della quale si è invaghito per farla innamorare di lui, è un pretesto melodrammatico per imbastire una commedia in un contesto effervescente e beffardo, animata da personaggi che sono tutto fuorché stupidi o noiosi.
Il blues di Spike Lee
Dopo aver incendiato le platee con il suo violento ed emozionante Fa’ la cosa giusta (1989), in Mo’ Better Blues il newyorchese Spike Lee rende un commosso omaggio al jazz, la musica inventata dagli afroamericani ma ignorata da molti giovani di colore. Il film può così contare su un’eccezionale colonna sonora (Mingus, Coltrane, Parker, ecc.), anche se la storia del trombettista Bleek Gilliam (interpretato da Denzel Washington), con il vizio del gioco e indeciso fra due amori, è fin troppo esile per riuscire a sostenere il tutto.
La mafia secondo Scorsese
Trent’anni di vita quotidiana di un gruppo di «bravi ragazzi» italoamericani, operai del crimine organizzato per i quali violenza e assassinio fanno parte della normalità. Nelle due ore e mezza di Quei Bravi Ragazzi, Martin Scorsese si propone come l’insuperabile antropologo della mafia, capace di mischiare senza soluzione di continuità gioie e dolori, agguati e sparatorie, feste e bevute colossali, dando così vita a un affresco che non può lasciare indifferenti. Scandalosamente, non vinse l’Oscar per il miglior film ma il solo Joe Pesci ottenne una statuetta come miglior attore non protagonista.
Williams risveglia De Niro
Se in questo periodo siete a caccia di film «ospedalieri» con malati che sperano di ritrovare una vita normale, Risvegli, diretto da Penny Marshall e tratto da un libro di Oliver Sacks, può fare per voi. In primo luogo per le ottime interpretazioni di Robin Williams e Robert De Niro nei panni del medico e del malato che deve reimparare a vivere.
Un Oscar rossocrociato
Siamo nel 1991: il nostro Paese sta festeggiando i 700 anni della propria esistenza, quando nella notte del 25 marzo da Hollywood giunge una notizia inaspettata: Viaggio della Speranza (Reise der Hoffnung), il lungometraggio girato nel 1990 dal 44.enne regista svittese Xavier Koller, si è aggiudicato l’Oscar per il miglior film straniero. Ispirata a una storia vera, la tragica vicenda della famiglia curda che pensa di trovare il paradiso in Svizzera e per raggiungerlo attraversa le Alpi durante una notte di tempesta sacrificando la vita del piccolo Mehmet Ali, tocca anche i cuori dei membri dell’Academy.
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