Calcio

«Il caso Avdullahu? Sono fiero di chi ha fatto la differenza per la Svizzera»

Il direttore delle nazionali PierluigiTami ha voluto precisare posizione e criteri dell’ASF: «Non possiamo fare false promesse»
©KEYSTONE/GEORGIOS KEFALAS
Red. Sport
01.09.2025 19:00

In vista del primo crocevia delle qualificazioni alla prossima Coppa del Mondo, la maggior parte dei convocati si è presentata puntuale al ritiro della Nazionale. E gli altri? Ricardo Rodriguez è giunto nel pomeriggio a causa del volo in ritardo, mentre Breel Embolo e Fabian Rieder, in piene trattative per un trasferimento sul fil di sirena del mercato estivo, si aggregheranno al gruppo in un secondo momento. Per la stesso motivo, Manuel Akanji si è inizialmente presentato a Basilea, per poi volare subito a Milano, pronto ad abbracciare all’Inter. Il difensore 30.enne lascia il Manchester City con due titoli e una Champions League sul CV e raggiunge i nerazzurri in prestito. Yvon Mvogo, lui, ha infine preferito non rispondere alla chiamata del ct Murat Yakin, preferendo concentrarsi sul Lorient - abbandonato e ieri ritrovato - e venendo sostituito dal portiere del Lucerna Pascal Loretz. Di certo, chi venerdì non vestirà la maglia della Svizzera ma quella del Kosovo è Leon Avdullahu, centrocampista dell’Hoffenheim che ha scelto di non proseguire la carriera in rossocrociato. E non senza suscitare clamore, dibattito e pure polemiche.

Il tema è stato al centro della conferenza stampa di Pierluigi Tami che ha dato il la alla missione Mondiali 2026. Nel quadro dell’addio dell’ex Basilea, infatti, il lavoro del direttore delle squadre nazionali è stato messo in dubbio. «È vero, si può sempre fare meglio e vi assicuro che analizzeremo la situazione con il nostro talent manager e i suoi collaboratori. Ma non parliamo di un tema nuovo. È già successo e accadrà ancora. Da parte mia, e dopo aver letto molto sull’argomento, vorrei porre l’accento su un dato: il 70% dei giocatori delle selezioni giovanili rossocrociate possiede la doppia cittadinanza. Alcune dinamiche, detto altrimenti, sono inevitabili. Ma sono fiero di quei profili che negli ultimi 20 anni si sono dimostrati un valore aggiunto per la Svizzera. Da Behrami a Dzemaili, passando per Gelson Fernandes, solo per fare qualche nome. Non si tratta di essere arroganti, ma di riconoscere che dal 2006 abbiamo disputato tutti i Mondiali e saltato un solo Europeo. Mi sento quindi di affermare che non abbiamo sbagliato proprio tutto».

Eppure, Avdullahu era un profilo molto interessante. «Sicuramente diverso da quello di Eman Kospo» ha precisato Tami, riferendosi al 18.enne difensore che ha appena optato per la Bosnia ed Erzegovina. «Sia lui, sia Avdullahu, comunque, avevano disputato decine e decine di partite con le selezioni giovanili. Perciò direi che entrambi godevano della fiducia dei nostri allenatori. A contare, però, devono essere anche altri criteri: dalla volontà d’identificarsi al 100% nella nostra nazionale, alla capacità di pazientare, accettando che in determinati ruoli la concorrenza è elevata. Insomma, non possiamo fare false promesse e rispettiamo le decisioni individuali. Al contempo, e penso pure al caso di Hajdari, tengo a puntualizzare che le nostre porte non erano e non sono chiuse. Alla fine è il singolo giocatore, più o meno influenzato dalla propria famiglia, a valutare il timing della scelta».

E a proposito di timing. Il destino mondiale della Svizzera si deciderà nel giro di due mesi e mezzo. «Puntiamo ovviamente a qualificarci al Mondiale 2026, e a farlo direttamente» ha indicato Tami. Per poi aggiungere: «Siamo ad ogni modo inseriti in un gruppo forte, con sole quattro squadre e fra di esse la Svezia. Ogni punto peserà e non ritengo vi sia una selezione favorita».

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