Sotto la lente

Il caso TikTok: «È il principio dell'All you can eat»

Sempre più governi decidono di vietare o sconsigliare ai propri dipendenti l'uso dell'app cinese – Cosa c'è dietro a questa scelta? Ne abbiamo parlato con Alessandro Trivilini, responsabile del servizio informatica forense SUPSI
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Irene Solari
02.03.2023 21:01

Il governo del Canada è solo l’ultimo in ordine di tempo ad aver vietato l’uso di TikTok sui dispositivi dei propri dipendenti e funzionari statali: tutti hanno dovuto dire addio all’app entro il 28 febbraio. In precedenza si erano mossi gli Stati Uniti, dove l’uso di TikTok è stato vietato sui dispositivi degli impiegati e dei rappresentati in 32 dei 50 governi statali. A questa decisone hanno fatto eco quelle dei governi di Taiwan e India. Ma anche in Europa alcuni Paesi stanno seguendo questa strada. Paesi come la Danimarca, che ha mandato una raccomandazione ai membri del parlamento e ai dipendenti statali: rimozione dell’app per motivi di cybersicurezza. Davanti a queste scelte, che tradiscono una certa apprensione sul tema, abbiamo cercato di capire qualcosa in più con Alessandro Trivilini, responsabile del servizio informatica forense SUPSI.

Gli algoritmi più precisi al mondo

Come mai un’app di svago come TikTok sta creando così tanti grattacapi a livello governativo? Secondo Trivilini il nodo della questione sta negli algoritmi. Cinesi. Sofisticatissimi. «TikTok è un’applicazione nata in Cina con una caratteristica tecnica molto particolare che la distingue dai social occidentali: è orientata e focalizzata alla capacità di profilazione dei dati». Una capacità importantissima. Non solo per i creatori ma anche per gli utenti del social, come ci spiega il nostro interlocutore: «Viene usata dall’app per trovare le affinità di contenuti rispetto ai criteri e ai desideri degli utenti stessi, per esempio con i video. Con TikTok abbiamo una tecnologia che è capace di scegliere un video successivo a quello precedente in modo precisissimo, creando un continuum per gli utenti e impedendo loro di staccare gli occhi dallo schermo». Questo è il suo livello di precisione. E la preoccupazione sta proprio qua, perché non si parla solo di video ma anche di geopolitica, mette in guardia Trivilini: «Se questa tecnologia viene messa in un missile o in un’applicazione più strategica, militare piuttosto che di sicurezza, si capisce che la questione diventa molto rilevante».

I cinesi hanno capito che gli occidentali apprezzavano mangiare di più spendendo poco. Senza magari porsi alcune domande. Il principio è lo stesso
Alessandro Trivilini, responsabile del servizio informatica forense SUPSI

Uno specchietto per allodole

Un algoritmo sempre più perfetto e performante che, però, può comportare anche dei rischi. È l’altra faccia della medaglia di un mondo tecnologico che evolve, verrebbe da dire. «Sì, evolve – risponde il nostro interlocutore –, ma sempre ammaliando gli utenti perché aggiunge funzionalità, aggiunge precisione e questo grazie alla profilazione dei dati». TikTok fa così, ci mostra dei contenuti sempre più simili e migliori a quelli che stiamo cercando in quel momento, per cui si resta incollati all’app. «Questa cosa porta gli utenti a usare in forma ricreativa e creativa l’applicazione senza pensare e senza accorgersi che dietro ci sono algoritmi e profilazione che poi possono essere usati in altri ambiti. Spesso non ne sono nemmeno al corrente», spiega Trivilini.

«All you can socialise»

Gli utenti sono più distratti dalle possibilità social che offre l’app e notano meno altre cose, come spiega il nostro interlocutore appoggiandosi a un esempio. «È un po’ come quando sono arrivati in Occidente i ristoranti All you can eat (dove mangiare a volontà pagando una cifra standard, ndr): i cinesi hanno capito che gli occidentali apprezzavano mangiare di più spendendo poco. Senza magari porsi alcune domande. Ma come faccio a pagare così poco tutto questo cibo? Da dove arriva? Qual è la qualità? Hanno rispettato la catena del freddo? Ci sono i controlli? Invece l’essere umano è abbagliato dal fatto di trovarsi sul tavolo piatti infiniti. Ecco, è lo stesso principio». Mai abbandonare consapevolezza e responsabilità, puntualizza Trivilini riferendosi all’uso di TikTok: «I nostri dati finiscono in “lavanderie” digitali in cui vengono trattati con prodotti che sono diversi da quelli occidentali, i quali devono sottostare a controlli. Questi altri prodotti non si conoscono ma i risultati che escono da quelle lavanderie sono migliori ai nostri occhi, rispetto ciò a cui siamo abituati».

Gli utenti usano TikTok senza accorgersi che dietro c'è una profilazione che può essere usata in altri ambiti. Spesso non ne sono nemmeno al corrente
Alessandro Trivilini, responsabile del servizio informatica forense SUPSI

La differenza con Meta

L’algoritmo di TikTok, dunque, «fa un passo in più nella profilazione dei dati» passo che, però, resta sconosciuto. Come ci spiega il nostro interlocutore: «All’Occidente non è dato di conoscere quali sono gli ingredienti che rendono così performante l’algoritmo. Non c’è una pubblicazione scientifica che possa dimostrare come funziona la logica di trattazione del dato». Un sistema chiuso. «In Cina c’è un sistema totalitario in questo campo: lo Stato ha un controllo assoluto della tecnologia», precisa. Una differenza rispetto ai sistemi occidentali che invece rendono pubblici i loro algoritmi: «Compaiono nelle pubblicazioni scientifiche, viene spiegato come sono stati costruiti, c’è trasparenza». È anche per questa ragione, come conferma Trivilini, che le app social di Meta non sono mai state attenzionate in modo così particolare dai governi. «Sono app che nascono in Occidente per l’Occidente. Inoltre, gli Stati Uniti, in determinati casi che coinvolgono la sicurezza nazionale, hanno organi come la National Security Agency con la facoltà di andare a monitorare».

«Si apre la porta allo spionaggio»

Ed è questo, il non sapere cosa si nasconde dietro all’algoritmo, l’aspetto determinante che lega TikTok ai timori dei governi. Una storia vecchia già di qualche anno, quando c’era l’amministrazione Trump, racconta Trivilini. «All’epoca Trump voleva far acquistare TikTok da Microsoft. Operazione (poi fallita) dietro alla quale non c’era tanto il social con i suoi numeri concorrenziali, quanto l’intelligenza artificiale e gli algoritmi di profilazione». Talmente elaborati e sofisticati che riescono a profilare contenuti con un’accuratezza superiore rispetto agli algoritmi usati dagli Stati Uniti e dalle aziende americane. Una preoccupazione: «I governi si dicono: “Se in Occidente i collaboratori che trattano dati sensibili con i propri dispositivi hanno installano questa applicazione, si possono aprire delle porte di sorveglianza o di spionaggio”. È per questo che ci sono timori», chiosa Trivilini.

In Cina lo Stato ha un controllo assoluto della tecnologia, un sistema differente rispetto all'Occidente
Alessandro Trivilini, responsabile del servizio informatica forense SUPSI

Lo strano caso della legge cinese sulla privacy

La paura di spionaggio poggia anche sulla nuova legge cinese sulla protezione dei dati: «La definizione di “dato personale” in questa normativa è praticamente identica a quella europea e svizzera». Si tratta di un approccio molto abile sulla trattazione del dato della privacy, spiega il nostro interlocutore: «Avere una definizione di dato personale che sia interoperabile: ovvero, compatibile e allineata a quella occidentale. Per cui noi abbiamo l’apparente garanzia di poter dire: anche se usiamo un’applicazione cinese, la Cina deve garantirci la privacy, perché deve tutelare la nostra definizione di dato personale. Ma non dobbiamo dimenticare il discorso del controllo totalitario sulla tecnologia». Questo aspetto – aggiunge Trivilini –, in apparente dicotomia con il sistema totalitario cinese dell’ambito tecnologico, rendono TikTok un’applicazione molto delicata. Per alcuni pericolosa e sensibile, per altri vietata».

In Svizzera c’è prudenza

All’interno dell’amministrazione federale, tuttavia, non c’è stato – almeno per il momento – nessun divieto riguardo a TikTok. Un sintomo di prudenza, secondo Trivilini. «Credo che abbiamo capito che questa app non si possa osservarla unicamente da un punto di vista tecnico e legale ma anche da un punto di vista geopolitico. Dietro l’app c’è la Cina che, da un punto di vista digitale e informatico, sta correndo molto più velocemente rispetto al paradigma occidentale della Silicon Valley. Quindi c’è sia un aspetto strategico, pensando alle relazioni geopolitiche, sia la prudenza che ha sempre avuto la Svizzera nel campo tecnologico». E, secondo Trivilini, c’è stata anche prudenza nel valutare il rischio che in questo momento probabilmente è ritenuto basso. «Però – aggiunge – un rischio da un punto di vista tecnologico, informatico e algoritmico se pensiamo all’applicazione c’è. Questo non si può negare».

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