Venezia80

Il grande cinema accende i suoi riflettori in Laguna

Al via quest'oggi l'edizione 2023 della Mostra internazionale d'Arte cinematografica che, nonostante le defezioni provocate dallo sciopero in corso a Hollywood, si presenta con un vivace programma tra opere in corso (ben 23), prime mondiali e il solito contorno «glamour»
© KEYSTONE/EPA/ETTORE FERRARI
Max Armani
30.08.2023 06:00

La Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia 2023 ricomincia da 80, anzi secondo gli storici questa sarebbe l’edizione numero 91, ma poco importa ormai l’età del «festival più bello del mondo» che ogni anno inventa un’isola del cinema in mezzo al Lido dove tutto (in barba agli eleganti esordi con il conte Giuseppe Volpi di Misurata che ne fu l’artefice nel 1932), si tinge di rosso, anzi rosso e oro come la sala «cubo», il «red carpet» e i mitici Leoni e così anche quest’anno è pronto a sfidare la pioggia, il caldo torrido, i tifoni, lo sciopero degli attori e i cinematografari di Hollywood, l’intelligenza artificiale e persino i film poco riusciti perché, un po’ come per i neonati, si dice che i film brutti non esistono.

Accendiamo quindi i nostri riflettori su questa Mostra dove, dopo le tante traversie degli ultimi anni tra le quali l’emergenza COVID, non si parla più di crisi del cinema forse perché sarebbe ormai impensabile riuscire a comprendere l’ingarbugliata attualità del mondo senza l’occhio implacabile, la memoria portentosa e la fantasiosa inventiva del cinema, come promettono alcuni dei titoli più attesi del Festival tra i quali: El Conde di Pablo Larraìn, (in concorso), commedia nera dai toni della satira politica che mette in scena il dittatore cileno Augusto Pinochet nelle vesti di un vampiro di 250 anni che vive in una dimensione parallela, preda di una famiglia famelica e di una crisi esistenziale. Ma anche l’intrigante Hollywoodgate (fuori concorso), documentario di Ibrahim Nash’at, girato in Afganistan all’indomani dell’evacuazione delle truppe americane e dell’ascesa al potere dei talebani. Il regista egiziano – per un anno accreditato al seguito di un generale talebano – racconta, in equilibrio tra propaganda e inchiesta giornalistica, la discesa agli inferi di una società sempre più oppressa e privata del futuro. Tra i film più attesi firmati da mitici registi c’è Ferrari di Michael Mann (quello di Collateral) sul patron del famoso marchio automobilistico Enzo Ferrari (Adam Driver). Il film è ambientato a Modena nel 1957, l’anno più difficile per il «Drake» e i suoi amori. Ma c’è anche anche David Fincher (Fight Club) in concorso con The Killer, tratto dall’omonimo «graphic novel»: una caccia all’uomo su scala globale dove l’assassino (Michael Fassbender) è il giudice e cacciatore. Torna pure Luc Besson, sempre tra realtà e fantascienza , stavolta ispirandosi a un fatto di cronaca per il suo Dogman (in concorso) che narra l’infanzia negata di un bambino che sopravvive grazie all’amore dei suoi cani. Torna alla Mostra Yorgos Lanthimos con Poor Things (Povere Creature!), una storia alla Frankenstein di Mary Shelley, dove Bella (Emma Stone), giovane donna riportata in vita da uno scienziato cervellotico (Mark Ruffalo), fugge dal suo Pigmalione in cerca di mondanità con un avvocato senza scrupoli (Willem Dafoe).

Gli adepti dei film d’amore appassionato, di quello vero, devono invece attendere l’ultima fatica di Bradley Cooper, in concorso con Maestro, omaggio alla vita, all’arte e alla relazione intensa e non convenzionale tra il compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein (Bradley Cooper) e sua moglie Felicia Montealegre Cohn (Carey Mulligan). Meno duratura, ma altrettanto reale e piena di palpiti anche la famosa favola amorosa narrata da Sofia Coppola in Priscilla (in concorso) sul romantico connubio tra Elvis Presley e la giovanissima moglie tratto da Elvis and Me le memorie di Priscilla Presley (Cailee Spaeny). Con l’amore gioca anche Woody Allen nel suo Coup de Chance (fuori concorso) in cui, come si addice allo spirito di Woody, una liaison parigina forse casuale, si rivela più complicata e meno innocente di quanto appaia.

Un capitolo a parte va dedicato ai film italiani in concorso a questa Mostra del Cinema edizione 80, ben sei che se per gli amanti del cinema della Penisola saranno fonte di speranza e batticuore, fanno nascere il dubbio che siano troppi suscitando subito dopo la perfida domanda: quale di questi deluderà? Matteo Garrone è l’autore di Io, Capitano il viaggio di Seydou e Moussa, due giovani senegalesi che lasciano Dakar verso l’Europa inseguendo i loro sogni attraverso l’Africa, la cattiveria umana e il mare in una drammatica epopea moderna raccontata in prima persona. Poi c’è il film d’apertura, Comandante di Edoardo De Angelis, storia di guerra e di umanità che ci riporta al 1940, protagonista un sottomarino e il suo comandante (Pierfrancesco Favino). Azione, ma soprattutto atmosfere per il film di Stefano Sollima Adagio, ambientato in una Roma livida e stremata tra criminali di ieri e di oggi (Pierfrancesco Favino, Toni Servillo, Adriano Giannini, Valerio Mastandrea). Con Finalmente l’alba di Saverio Costanzo, si aprono invece le porte di Cinecittà e dell’avventura per una ragazza giovane e inesperta (Lily James), in una notte romana degli anni Cinquanta, mentre Enea di e con Pietro Castellitto è un racconto di amicizia, di eccessi e malavita. Chiude il drappello degli italiani Lubo di Giorgio Diritti che ci riporta al 1939, alla seconda guerra mondiale e a una storia svizzera.

C'è tanta Svizzera tra le calli

Il nostro Paese è presente in modo più appariscente del solito nel programma dell’80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, sia nelle storie che nelle ambientazioni dei film, come pure a livello produttivo. Così è anche svizzero The Palace, film fuori concorso del neo-novantenne Roman Polanski, ispirato al Gstaad Palace. È una commedia che mette in scena il fatidico Capodanno del 2000 in un lussuoso albergo-castello tra le nevi, dove tra l’élite ricca e non sempre elegante e la servitù dell’Hotel un vero esercito proletario, si festeggia e si sparla sulla fine del mondo e sul «bug» che rovescerà la grande finanza internazionale. È invece in concorso Die Theorie von Allem, coproduzione svizzera firmata dal regista tedesco Timm Kröger, una storia ambientata sulle Alpi elvetiche, misteriosa e dal sapore hitchcockiano. C’è molta Svizzera anche in Lubo di Giorgio Diritti, non solo tra i produttori, ma anche nella storia che ruota intorno all’ultima guerra e alle leggi sull’etnia Jenisch. Verrà presentato invece nella sezione Notti Veneziane delle Giornate degli Autori Across film documentario diretto e interpretato da Irene Dorigotti, (prodotto anche con il sostegno della RSI), quasi un diario per immagini della ricerca esistenziale e religiosa della giovane regista che si sovrappone alla scoperta del passato del nonno, grande viaggiatore sospinto dall’inquietudine che fondò la prima agenzia di viaggi italiana.   

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