Rancate

In trincea per la discarica e quel Castello da sogno

Il proprietario della discarica alla Rossa, Tiziano Pasta, ci racconta la sua «battaglia»: dall’ex cava di argilla alle vicissitudini vissute – E ribadisce la bontà dell’operazione: «Un domani ci saranno bungalow, un agriturismo e un centro ippico»
©Gabriele Putzu
Stefano Lippmann
04.09.2025 06:00

Tiziano Pasta non ci sta, non vuole passare per il «cattivo» della situazione. Ha deciso di rilanciare e lo fa esibendo documenti, notifiche, autorizzazioni, sentenze e progetti futuri. Pasta «difende» la decisione di completare la discarica di inerti in località alla Rossa a Rancate. E lo fa, innanzitutto, richiamando le autorizzazioni che gli sono state rilasciate, le quali accordavano la possibilità di depositare un certo volume di materiale: «Oggi posso ancora depositare all’incirca 50.000 metri cubi di materiale inerte» sostiene Tiziano Pasta. La storia della discarica è assai lunga e se ne parla dagli anni ‘90 del secolo scorso: «Ai tempi era un sito dove veniva prelevata l’argilla» ci racconta. Dismessa la cava ecco l’idea di «colmare» il buco. Si rifà a un approccio che rientra in un’ottica di economia circolare, dove i materiali inerti fungono da recupero ambientale delle aree estrattive, riducendo di fatto la necessità di nuove discariche. «Nel 1997 ottengo la licenza per la discarica, dopo aver vinto due ricorsi, e un anno più tardi il sito è operativo». A gestirlo, però, non è la Agrospazio – la società anonima che appartiene a Pasta –, ma un’altra ditta. Nel primo decennio del Duemila, però, diverse vicende portano allo scontro: da un lato la società di Pasta – che nel frattempo ha ripreso l’attività dal precedente gestore – dall’altro le autorità Comunali (prima Rancate poi, dopo l’aggregazione, Mendrisio) e Cantonali. A mente delle citate autorità negli anni sono infatti emerse delle irregolarità che hanno portato, nel 2010, alla revoca dell’autorizzazione gestire la discarica. Irregolarità che Tiziano Pasta, da anni, contesta. Si parla ad esempio dei terrazzamenti realizzati che risultano essere di larghezza inferiore a quella prevista dalle licenze: «Un’obiezione corretta» ammette Pasta che allo stesso tempo si difese: «Sono opere da ricondursi a chi gestiva la deponia prima di me». Si censurano anche le pendenze delle scarpate ma il nostro interlocutore, forte di alcune perizie, ribadisce che «sono conformi ai piani presentati con la domanda di gestione e la relativa autorizzazione». V’è poi, in aggiunta, il sistema utilizzato per erigere le scarpate in una determinata parte della discarica, la cosiddetta tecnica della terra rinforzata (o terra armata). Da un lato, quello delle autorità, si sostiene che la tecnica non fosse ammessa dall’altro, quello di Pasta, si conferma la bontà della scelta. La documentazione che abbiamo potuto visionare è corposa e abbiamo dovuto, giocoforza, sintetizzare i punti salienti.

Quel titolo di giornale

Pasta, a questo punto, va oltre. E, per certi versi, contrattacca. Quello che ha vissuto in questi anni lo definisce «un accanimento». Usa anche parole di un certo vigore: «Qualcuno ha cercato di sabotarmi». Allo stesso tempo richiama un vecchio articolo del Corriere del Ticino del maggio del 2010 intitolato «Ma quali abusi, sono vittima di incompetenti». Una sua dichiarazione, quella riportata, che il nostro interlocutore, ancora oggi, non edulcora. Un esempio? «All’epoca – sostiene – le autorità cantonali mi avevano chiesto di inoltrare una nuova domanda di costruzione ma dal Comune mi avevano rassicurato sul fatto che sarebbe bastata una notifica». Una procedura che poi, effettivamente, «malgrado la nostra buona fede è risultata essere insufficiente».

Un attrattore turistico

Oggi il titolare della Agrospazio ci vuole riprovare. Come anticipato dal CdT lo scorso mese di luglio, è stata depositata una domanda di costruzione per riattivare la discarica e deporre la quantità di materiale permessa dalle precedenti autorizzazioni. Il perché è presto spiegato: dietro, infatti, c’è l’idea di valorizzare il Castello di Cantone (uno storico immobile che oggi si trova in condizioni precarie) e l’area che lo circonda, composta da lunghi filari di vite. Il progetto è sostanzialmente pronto da tempo e per far sì che si possa realizzare, ci spiega il proprietario dei terreni, «in concerto con il Municipio ho allestito una variante di Piano regolatore». C’è ancora qualche affinamento da compiere al corposo documento, ma la via è tracciata. Dal materiale di scarto (quando sarà colmata la discarica) nascerà «un attrattore turistico. Al culmine della deponia sarà realizzato un centro ippico adatto anche alle competizioni di richiamo, mentre i terrazzamenti ospiteranno una ventina di bungalow, stile glamping». E il Castello di Cantone? «Al suo interno troveranno spazio 25 camere, un ristorante, una SPA». Senza dimenticare «la creazione di una cantina per i vini». Infine, spazio anche «a un’area attrezzata per ospitare i camper». Un progetto che è già interamente stato tradotto su carta e nei render, ma che prima dovrà fare i conti con gli inerti.

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