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L'acquisizione di Credit Suisse sarà conclusa entro un mese

Lo scrive l'agenzia di stampa Reuters citando due persone che sono a conoscenza dei piani – TUTTI GLI AGGIORNAMENTI
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L'acquisizione di Credit Suisse sarà conclusa entro un mese
Red. Online
23.03.2023 09:30
21:48
21:48
The Credit Roundtable: nessuna denuncia contro Credit Suisse

L'organizzazione di lobbisti americana «The Credit Roundtable» non sporgerà denuncia contro Credit Suisse a causa dell'ammortamento dei prestiti AT1. Essa rappresenta alcuni dei più grandi gestori patrimoniali per titoli a tasso fisso negli Stati Uniti e in Canada, ha ricordato questa sera l'agenzia Reuters.

Stando a una fonte ben informata, la possibilità di presentare una denuncia è stata oggetto di una valutazione questa settimana, ma l'organizzazione ha deciso di rinunciarvi. Ciò non significa che uno o l'altro dei suoi membri non lo farà.

I detentori di obbligazioni AT1 di Credit Suisse perdono l'intero importo investito, il che ha suscitato critiche, soprattutto all'estero e ha provocato preoccupazione sui mercati finanziari. Degli avvocati preparano già sin d'ora delle denunce. Stamattina l'Autorità di vigilanza elvetica sui mercati finanziari (Finma) ha nuovamente giustificato la sua decisione di annullare i prestiti AT1 di Credit Suisse.

19:37
19:37
L'acquisizione di Credit Suisse sarà conclusa entro un mese

Le autorità svizzere e UBS sembrano voler accelerare i tempi riguardo all'acquisizione di Credit Suisse. L'operazione dovrebbe essere conclusa entro un mese, scrive l'agenzia di stampa Reuters citando due persone che sono a conoscenza dei piani.

Tuttavia, la fusione delle due grandi banche potrebbe richiedere notevolmente più tempo, forse addirittura mesi. Questo perché la transazione deve ancora essere approvata dalle autorità di vigilanza di decine di Paesi, hanno dichiarato le persone, che hanno voluto rimanere anonime a causa della delicata questione.

Portavoci di UBS e Credit Suisse si sono rifiutati di commentare con Reuters. Nemmeno la Finma, interpellata dall'agenzia finanziaria AWP, ha voluto esprimersi.

Il presidente del consiglio di amministrazione (cda) di UBS, Colm Kelleher, aveva detto ai media a Berna domenica sera, quando UBS ha annunciato l'acquisizione di Credit Suisse, che ci sarebbero volute solo settimane o pochi mesi per il completamento dell'operazione.

18:02
18:02
S&P: Finma evidenzia rischi per investitori AT1

I chiarimenti giunti oggi dalla Finma circa gli strumenti e la legislazione che hanno permesso di azzerare le obbligazioni AT1 nell'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS «evidenziano la notevole libertà che i processi normativi e legislativi possono fornire quando si tratta di imporre perdite agli investitori AT1 e consentire alle autorità di agire rapidamente» in caso di crisi. Lo scrive l'agenzia S&P in una nota relativa alla dichiarazione odierna della Finma, aggiungendo che «agli investitori di AT1 è stata ricordata la loro estrema vulnerabilità se una banca si trova nei guai e la loro dipendenza dalle decisioni prese dalle autorità di regolamentazione e dai governi».

«Questo non è il primo caso che vediamo di legislazione di emergenza in un evento del genere» continua S&P che osserva come «la dichiarazione della Finma conferma inoltre che gli strumenti Tier 2 di Credit Suisse non vengono svalutati. Riteniamo che le autorità svizzere abbiano utilizzato i propri poteri per distinguere tra strumenti AT1, che fanno parte della riserva di capitale regolamentare per la continuità aziendale, e strumenti Tier 2, che non lo sono».

17:06
17:06
Mowag in Ucraina: l'aggiornamento

Immagini pubblicate su internet mostrano la presenza sul fronte in Ucraina di uno o due veicoli blindati del produttore svizzero Mowag. La Segreteria di Stato dell'economia (Seco), responsabile delle esportazioni di materiale bellico, verifica se vi siano state violazioni del divieto di riesportazione.

La foto su un sito web ucraino riportata da media non consente di «trarre conclusioni affidabili sul tipo di veicolo e sul luogo in cui si trova», ha indicato oggi la Seco commentando un articolo della Neue Zürcher Zeitung (NZZ).

Una ricostruzione definitiva dell'origine del veicolo è possibile solo con l'aiuto del numero di telaio, ha indicato la Seco a Keystone-ATS, precisando che questo non è disponibile.

Secondo la Seco, le indagini finora condotte hanno dimostrato che negli anni Novanta, un totale di 36 veicoli blindati Eagle-I sono stati esportati dall'azienda produttrice Mowag, che ha sede a Kreuzlingen (TG), all'esercito danese. L'esportazione è avvenuta in conformità alla legge sul materiale bellico in vigore allora.

Nelle dichiarazioni di non riesportazione, la Danimarca si è impegnata a non vendere i veicoli a Paesi terzi senza l'approvazione della Svizzera. Il 17 dicembre 2012, la Danimarca ha chiesto l'autorizzazione a riesportare 27 veicoli a una società privata tedesca, cosa che la Confederazione ha permesso il 5 aprile 2013.

La società tedesca, come la Danimarca prima di lei, si è impegnata a non riesportarli. Su richiesta della Seco e del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), le autorità danesi hanno confermato di non aver ceduto alcun veicolo Eagle da ricognizione senza il consenso della Svizzera.

Secondo la Seco, la Svizzera è attualmente in contatto con la Germania. Attualmente non si sa quando questi chiarimenti saranno conclusi, indica la Seco.

La NZZ, come anche La Liberté, Le Courrier, Arcinfo e Le Nouvelliste, hanno indicato che la foto di uno dei due veicoli in questione trovata in internet era del fotografo di guerra spagnolo Jose Colon e mostra il presunto veicolo blindato Mowag davanti al centro culturale della piccola città ucraina orientale di Časiv Jar, pochi chilometri dietro la linea del fronte nei pressi di Bachmut.

L'altra foto del veicolo, riconoscibile per il portellone e gli specchietti laterali, è stata scattata dall'agenzia di stampa francese AFP il 18 marzo nella città di Avdiïvka e pubblicata, secondo la NZZ, qualche giorno fa. Non è chiaro se si tratti dello stesso veicolo, scrive il giornale.

La legge sul materiale bellico vieta il trasferimento di armamenti a Stati in conflitto armato ed è controversa in Svizzera in relazione alla guerra di aggressione russa contro l'Ucraina. Il Consiglio federale ha ribadito il divieto di trasferimento in diverse occasioni, nonostante le pressioni internazionali.

L'azienda turgoviese Mowag, specializzata in carri armati su ruote, appartiene dal 2003 all'azienda di difesa statunitense General Dynamics.

16:31
16:31
Quando Credit Suisse vantava i meriti dei coco bond

Un rendimento superiore a quello delle azioni bancarie e un'interessante opportunità d'investimento in un contesto di bassi tassi d'interesse: agli esperti di Credit Suisse non mancano gli argomenti per promuovere le obbligazioni convertibili contingenti (coco-bond o cocos) in un contributo pubblicato sul sito della banca nel 2021 e tuttora attivo. I creditori che hanno sottoscritto questi strumenti altamente redditizi hanno perso miliardi dopo il crollo della seconda banca svizzera.

Il salvataggio del colosso zurighese e il suo assorbimento da parte della rivale UBS hanno spinto l'autorità di vigilanza Finma a ordinare l'azzeramento delle obbligazioni AT1 (Additional Tier-1) emesse dal Credit Suisse, strumenti di debito appartenenti alla famiglia dei «cocos». Con un tratto di penna sono svaniti 16 miliardi di franchi, un approccio che ha sollevato peraltro interrogativi e che potrebbe portare a battaglie legali.

Eppure, non molto tempo fa, Credit Suisse elogiava ancora questi titoli per «l'interessante potenziale di spread», cioè il differenziale di rendimento, secondo il documento («Contingent convertible bonds - better than bank equity?») di cui riferisce l'agenzia Awp e ancora visibile su internet.

CS non vantava direttamente i meriti delle sue obbligazioni AT1, ma sottolineava che questi strumenti - creati dopo la crisi finanziaria del 2008 per rafforzare la capitalizzazione delle banche - si sono evoluti in una vera e propria classe di attivi, cioè in un prodotto d'investimento come un altro, anche se riservato agli investitori professionali.

Il rendimento dei cocos è cresciuto del 5,1% nel 2020, rispetto al calo di quasi il 25% dei titoli bancari europei, spiegavano i due esperti di Credit Suisse che hanno firmato il contributo. «Questo dimostra che gli investitori sembrano dubitare della redditività delle banche (...) ma che il rischio di solvibilità legato ai cocos è meno preoccupante». Veniva anche elogiato lo spread tra il rendimento dei cocos (3,6%) e quello medio del debito societario europeo (0,24%).

La questione dei rischi era essenzialmente relegata alla fine del documento. Alla domanda sui potenziali fallimenti di banche, gli specialisti erano rassicuranti: una banca europea media dovrebbe perdere almeno due terzi del suo capitale per innescare una svalutazione dei cocos. Tuttavia con l'eccezione della debacle del Banco Popular (banca portoghese) nel 2017 «non abbiamo assistito a nessun incidente di rilievo» che possa portare a una svalutazione di questi titoli di debito, sostenevano gli analisti.

16:30
16:30
Il Comitato di Basilea: «impareremo la lezione»

Il Comitato di Basilea, l'organismo che mette a punto le norme quadro internazionali sulle banche, annuncia di «voler fare il punto sulle implicazioni normative e di vigilanza», «per imparare la lezione dai recenti eventi» che hanno coinvolto le banche SVB e Credit Suisse.

In una nota diffusa oggi il comitato sostiene che tali eventi hanno «ulteriormente sottolineato l'importanza di un sistema bancario globale solido» sostenuto da «una effettiva governance, pratiche di gestione del rischio, forte vigilanza e una cooperazione internazionale».

Le riforme di Basilea III, rileva la nota, hanno aiutato il sistema bancario ad assorbire vari shock e mantenere i finanziamenti a famiglie e imprese in questi anni. I componenti del Comitato sono così tornati a chiedere l'attuazione completa delle norme di Basilea III il prima possibile.

16:00
16:00
Acquisizione UBS-CS: «La Svizzera ha agito da repubblica delle banane»

L'operazione di acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS non ha precedenti, è un attentato allo stato di diritto e la Svizzera ha agito da repubblica delle banane: è il giudizio di Marcel Niggli, uno dei più noti professori di diritto penale in Svizzera. Chi vuole decisioni rapide deve optare per una dittatura, aggiunge.

«Non è un deal, un accordo, è il termine sbagliato dell'anno», afferma il titolare della cattedra di diritto penale e filosofia del diritto all'Università di Friburgo in un'intervista pubblicata oggi dalla Weltwoche. «Se sia una soluzione buona o cattiva dal punto di vista economico, spetta ad altri giudicarlo. Nell'ottica giuridica è spaventoso che, dopo la pandemia e le sanzioni alla Russia, venga nuovamente invocato il diritto d'emergenza» (Notrecht: diritto di necessità nella traduzione legale in uso in Svizzera).

«Il diritto di necessità dovrebbe essere qualcosa di simile allo stato di guerra, l'eccezione assoluta. Se ogni volta le regole vengono sospese, allora queste regole non si applicano davvero», osserva lo specialista. «Posso capire che il Consiglio federale abbia dovuto agire, ma il modo di procedere solleva interrogativi. I problemi di CS erano noti da tempo e si poteva pensare a scenari di crisi. Non sembra che ciò sia avvenuto. Invece, questa soluzione di emergenza è stata scelta nel giro di pochi giorni».

Problematico è il fatto che domenica la consigliera federale Karin Keller-Sutter abbia detto che il governo sapeva da tempo quanto fosse drammatica la situazione. «Se non si percepisce l'emergenza come tale, ma si sa in anticipo che accadrà, allora non è più una vera emergenza. Neghi lo stato di emergenza che tu stesso hai dichiarato. Questo è di per sé contraddittorio».

Niggli afferma di dubitare fortemente che l'esecutivo federale si muova ancora nell'ambito costituzionale. «Siamo una comunità lenta perché discutiamo di tutto tra di noi. Questo è essenziale per la democrazia svizzera, anche se è rappresentativa. Il parlamento nazionale ha due camere. Ci sono gruppi di interesse che possono presentare le loro opinioni nelle consultazioni. Noi rallentiamo tutto. Chi vuole una decisione rapida deve onestamente invocare una dittatura.»

Il giurista nato a Zugo e con dottorato all'università di Zurigo concorda con chi giudica l'accordo relativo a Credit Suisse «illegale», qualificandolo di «attentato allo stato di diritto». «Sì, sono d'accordo. Naturalmente si può decidere di non essere interessati al diritto. Che bisogna fare le cose in modo spedito. Il fatto è che è così che si sacrifica il diritto: questo è ciò che si fa».

Al giornalista del settimanale che gli chiede se la Svizzera sia in tal modo diventato uno stato-canaglia, Niggli risponde caustico: «Direi che sta degenerando in una repubblica delle banane. Si fa tutto ciò che viene ritenuto necessario sul momento: a seconda di ciò che dicono i potenti, qualcosa diventa possibile oppure no».

L'esperto non si aspetta però un'ondata di cause collettive nella Confederazione da parte di azionisti o di detentori di obbligazioni arrabbiati. «Purtroppo abbiamo già perso molta reputazione. So di un caso in cui un investitore ha chiesto ai suoi avvocati di Londra se volevano fare causa in Svizzera, dove la controversia è nata. I legali hanno respinto l'idea: la Svizzera non è uno stato di diritto».

Secondo Niggli la situazione ha anche a che fare con la sovra-rappresentazione del diritto statunitense. «Questo è certamente un fattore. Si continua a dire che viviamo in una società globale. È sbagliato: viviamo in una società mediatica mondiale. Se succede qualcosa negli Stati Uniti, la notizia arriva a noi in pochi secondi. Il dominio dei media è americano». Questo modella la nostra visione del mondo. «Se si chiede a qualcuno che non ha nulla a che fare con i tribunali di nominare un simbolo del diritto spesso viene nominato il martelletto: ma nessuno al mondo usa il martelletto tranne i giudici americani».

Secondo il professore non esiste nella storia giuridica elvetica un caso simile a quello che si è visto questa fine settimana, «non con questa fretta». Gli equilibri stanno mutando: «Da quando sono in vita, non ha mai avuto importanza chi siede in Consiglio federale: la situazione sta lentamente cambiando». Un tempo non era necessario conoscere i membri del governo, perché la struttura stessa era stabile. «Mi sembra che questo sia andato perduto».

«È necessaria una specificazione democraticamente legittimata della costituzione», prosegue Niggli. «Potrebbe anche essere una legge, un'interpretazione specifica e autentica dello stato di necessità, benedetta dalla maggioranza del parlamento. In questo modo sarebbe più difficile per l'esecutivo dire la volta successiva: 'a proposito, noi lo intendiamo in questo e in quell'altro modo'. L'attuale articolo sullo stato di necessità è giuridicamente molto problematico. Oggi il Consiglio federale può decidere più o meno da solo quali sono i suoi poteri in casi eccezionali. Un tale sistema è soggetto ad abusi».

C'è inoltre un problema di fondo. «Il rispetto del diritto è diminuito. A dire il vero, non solo nell'esecutivo, ma anche nel sistema giudiziario. Molti giudici non prendono più sul serio la legge. Vedo chiari segni di disintegrazione dello stato di diritto in Svizzera. Il caso di Credit Suisse è solo un esempio particolarmente eclatante».

Gli attentati allo stato di diritto avvengono quando c'è un pericolo. «Prima era la droga, poi il riciclaggio di denaro, poi il terrorismo. Il conflitto che stiamo vivendo con la guerra in Ucraina non si risolverà se lo affrontiamo in modo morale. La morale dominante mi sembra il vero problema. Dico sempre: la morale è meravigliosa, nulla contro la morale, ma la morale non ha spigoli vivi, a differenza del diritto. Quando la gente dice: 'Beh, è solo un problema temporaneo per alcuni', allora ribatto: 'sì, oggi concerne alcune singole persone, domani potrebbe però riguardare te'.

Come spiega il fatto - chiede il cronista - che si ricorra sempre più spesso alle normative d'emergenza? «C'è un'incredibile necessità di agire con la stessa rapidità dei paesi stranieri», risponde l'esperto. «Il coronavirus è stato un buon esempio. Nel dibattito politico si diceva che i francesi o i tedeschi avrebbero fatto qualcosa, quindi anche noi avremmo dovuto fare qualcosa. In passato questo non era un argomento, oggi lo è. Quante volte sentiamo dire: in Svizzera tutto procede troppo lentamente? Faremmo bene a ricordare il consiglio di Friedrich Dürrenmatt: 'Se facciamo un errore, il mondo non finirà'. Questo è il punto. Non siamo così importanti. La Svizzera è piccola, siamo lenti. Certo, questo è un peccato se si pensa al grande palcoscenico mondiale. Ma, diciamocelo, la Svizzera come dimensioni equivale più o meno a Londra. Siamo una grande città».

«Dobbiamo smettere di vergognarci di essere un paese piccolo e lento», argomenta l'accademico. «Perché questa lentezza produce stabilità, e la stabilità è qualcosa che bisogna cercare a lungo in questo mondo. Siamo un paese piccolo, noioso, lento. Questa è la cosa più bella che si possa dire. Da Oscar Wilde viene la frase: "Sii te stesso, tutti gli altri sono già presi". Non possiamo essere la Germania, gli Stati Uniti o la Francia. Siamo semplicemente piccolini», conclude.

14:39
14:39
Banca UBS-CS, «la Commissione della concorrenza si limiterà a un parere»

La Commissione della concorrenza (Comco) si limiterà a dare unicamente un parere sull'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, eventuali decisioni relative a condizioni e requisiti saranno decise dalla Finma: lo afferma Patrik Ducrey, direttore dell'organo preposto ad evitare la formazione di posizioni dominanti sul mercato, in un'intervista diffusa oggi da radio SRF.

Quando domenica sera è stata annunciata l'operazione (commerciale, non di salvataggio, secondo il Consiglio federale), la presidente del consiglio di amministrazione dell'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma), Marlene Amstad, aveva detto che l'autorità di vigilanza dei mercati finanziari aveva la competenza di scavalcare la legge sulla concorrenza per stabilizzare i mercati. In effetti - spiega oggi Ducrey - la Finma può assumere la competenza di valutare la fusione se gli interessi di protezione dei creditori e la stabilità finanziaria fossero prioritari.

Ora la Comco raccoglierà i dati necessari per dare un suo giudizio. L'obiettivo è determinare gli effetti del matrimonio fra giganti sul mercato elvetico, nonché sui prodotti e sui servizi offerti dal nuovo istituto. Per farlo i commissari si baseranno su documenti forniti dalla stessa Finma. «Anche questo è un territorio nuovo per noi, non l'abbiamo mai fatto prima», osserva il 59.enne con dottorato in giurisprudenza e autore di una dissertazione sul diritto dei cartelli.

Il processo non è ancora iniziato e probabilmente richiederà diversi mesi. «Inizierà solo quando UBS avrà presentato la notifica di fusione». Alla fine la Finma emetterà una decisione, ma non potrà più vietare l'acquisizione, dato che aveva già approvato l'operazione domenica.

UBS dovrà notificare l'acquisizione anche ad altri paesi e giurisdizioni: in primo piano figurano l'Ue , gli Stati Uniti e vari stati asiatici. «Si può presumere che ci vorranno diversi mesi prima che le ultime autorità decidano», conclude l'intervistato, in forza alla Comco dal 1997.

14:09
14:09
Borsa: l'Europa è poco mossa dai tassi BNS e BoE

Proseguono in calo le borse europee alla luce del rialzo dei tassi di 0,25 punti deciso dalla Bank of England, in linea con le attese del mercato, così come quello di 0,5 punti della Banca nazionale svizzera (BNS) e di 0,25 punti di quella norvegese.

Mentre Londra perde lo 0,8% si rafforza la sterlina, complice anche l'indebolimento del dollaro per le scommesse su una politica meno da falco della Federal Reserve alla luce delle turbolenze bancarie. A Zurigo (-0,7%) soffrono ancora UBS (-3,5%) e Credit Suisse (-3,5%).

In flessione sono pure Francoforte (-0,3%), Parigi (-0,2%) e Milano (-0,3%).

11:59
11:59
BNS: «L'aumento dei tassi era assolutamente necessario»

Un nuovo inasprimento della politica monetaria era «assolutamente necessario»: lo ha affermato il presidente della direzione della Banca nazionale svizzera (BNS) Thomas Jordan nella conferenza stampa a Zurigo seguita alla decisione di innalzare dall'1,0% all'1,5% il tasso guida dell'istituto.

«Più l'inflazione si consolida, più diventa difficile combatterla», ha affermato il 60.enne. Agli occhi della BNS l'ultima stretta non non avrà un impatto negativo sull'economia elvetica. Nel decidere sul costo del denaro l'istituto ha peraltro «naturalmente» valutato anche la situazione delle banche commerciali, ha precisato Jordan.

«Se ci astenessimo dall'aumentare i tassi di interesse avremmo un problema più grande», si è detto convinto l'economista. «Se stringiamo troppo tardi, dovremo stringere molto di più in seguito, con tutte le conseguenze negative che ne derivano», ha aggiunto. Jordan ha sottolineato che i tassi d'interesse di riferimento in Svizzera sono ancora a un livello molto basso, soprattutto nel confronto internazionale.

10:51
10:51
La BNS alza il tasso guida al +1,5% e apre a ulteriori aumenti

Come altri istituti centrali anche la Banca nazionale svizzera (BNS) inasprisce ulteriormente la sua politica monetaria, malgrado le turbolenze mondiali in atto, con l'obiettivo di soffocare l'aumento dei prezzi: la banca ha innalzato di 0,50 punti il suo tasso guida, portandolo dal +1,00% al +1,50%. E non sono esclusi altri ritocchi in futuro, mette in guardia l'entità guidata da Thomas Jordan.

Si tratta di contrastare «la pressione inflazionistica nuovamente cresciuta», precisa la BNS in un comunicato odierno. La mossa dell'istituto - che giunge all'indomani di un ritocco di 0,25 punti operato dalla Federal Reserve americana e in attesa che la Banca d'Inghilterra scopra a sua volta le carte - è in linea con le aspettative della maggioranza degli analisti (21 su 27 esperti interrogati dalla Reuters prevedevano 0,5 punti, gli altri sei solo 0,25).

Dopo aver mantenuto il tasso di riferimento fermo per oltre sette anni, la BNS aveva operato la prima stretta di 0,5 punti (da -0,75% a -0,25%) il 16 giugno 2022, quando si era mossa a sorpresa prima della Banca centrale europea (BCE). Un secondo rialzo era intervenuto il 22 settembre: era stato quello che aveva segnato la fine dell'epoca degli interessi negativi, con il passaggio del tasso guida dal -0,25% al +0,50%. Il terzo passo (da 0,50% a 1,00%) è arrivato il 15 dicembre e oggi si giunge al quarto intervento verso l'alto nel giro di nove mesi. E non è detto che sia finita: «Non è da escludere che potranno rendersi necessari ulteriori rialzi del tasso di interesse per garantire la stabilità dei prezzi a medio termine», si legge nella nota.

Come noto, dal giugno scorso la BNS non considera più troppo elevata la quotazione del franco, il cui corso è oggi alla pari con l'euro: nel comunicato odierno non parla più nemmeno del tema. Al contrario, la banca conferma la sua disponibilità ad agire all'occorrenza sul mercato dei cambi per garantire stabilità dei prezzi a medio termine: l'istituto ha in tal senso una soglia fissata al 2%. A questo proposito la BNS ritocca al rialzo le previsioni: i prezzi al consumo dovrebbero salire del 2,6% quest'anno e del 2,0% nel 2024, emerge dalle comunicazioni odierne. Tre mesi or sono le stime erano rispettivamente di +2,4% e +1,8%. Viene fornita anche una prima indicazione per il 2025: +2,0%.

Dall'inizio dell'anno l'inflazione è tornata a salire, attestandosi in febbraio al 3,4%, constata l'istituto. Essa si situa quindi ancora nettamente al di sopra dell'area che la Banca nazionale assimila alla stabilità dei prezzi. Il recente incremento è riconducibile soprattutto al rincaro dell'elettricità, dei servizi turistici e dei generi alimentari: tuttavia gli aumenti di prezzo sono ormai diffusi su ampia scala, si rammarica la banca.

I più forti effetti di secondo impatto e l'ulteriore pressione inflazionistica proveniente dall'estero fanno sì che la nuova previsione fino a metà 2025 risulti più elevata rispetto a quella formulata in dicembre, nonostante l'innalzamento del tasso guida BNS. Senza l'aumento del tasso annunciato oggi la previsione di inflazione presenterebbe a medio termine valori persino più elevati, mette in guardia l'istituto.

La banca centrale ha approfittato anche del tradizionale esame trimestrale della situazione economica e monetaria per fornire le sue previsioni congiunturali. Secondo i suoi economisti il prodotto interno lordo (PIL) della Svizzera dovrebbe crescere quest'anno di «circa l'1%», valore più alto rispetto a quello avanzato tre mesi or sono, che era di «circa 0,5%».

Nonostante una leggera ripresa dell'attività economica negli ultimi mesi, la crescita resterà probabilmente modesta per il resto dell'anno. Ad agire da freno saranno la domanda estera contenuta e la perdita di potere d'acquisto dovuta all'inflazione. La disoccupazione dovrebbe rimanere su livelli bassi e il grado di utilizzo delle capacità produttive diminuire leggermente. La BNS mette comunque in guardia: analogamente alle previsioni per l'estero, anche quella relative alla Svizzera è soggetta a grande incertezza. A breve termine i rischi principali sono rappresentati da una forte contrazione della congiuntura oltre frontiera e dalle conseguenze negative delle turbolenze nel settore finanziario globale.

Riguardo a quest'ultimo punto il comunicato della BNS è stringato. «La settimana scorsa è stata segnata dagli avvenimenti in relazione a Credit Suisse», scrive l'istituto. «Con le misure annunciate nel weekend, Confederazione, Finma e Banca nazionale hanno arginato la crisi. La Banca nazionale fornisce un ingente sostegno di liquidità in franchi e in valuta estera. Si tratta di prestiti garantiti e soggetti al pagamento di interessi», conclude la BNS.

10:48
10:48
Thomas Jordan: «Rischiare il fallimento di CS sarebbe stato irresponsabile»

«Un eventuale fallimento di Credit Suisse (CS) avrebbe avuto gravi conseguenze per la stabilità finanziaria nazionale e internazionale, nonché per l'economia svizzera: rischiarlo sarebbe stato irresponsabile». Lo ha affermato Thomas Jordan, presidente della direzione della Banca nazionale svizzera (BNS), istituto che sta sostenendo con ampia liquidità l'acquisizione di CS da parte di UBS.

La soluzione è stata elaborata in tempi strettissimi, affinché potesse essere pronta prima dell'apertura dei mercati asiatici, ha spiegato il 60.enne nella conferenza stampa a Zurigo dopo le decisioni trimestrali di politica monetaria (la BNS ha alzato il tasso guida dall'1,0% all'1,5%).

Secondo Jordan, con le loro misure, la Confederazione, l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) e la Banca nazionale hanno posto fine alla crisi di Credit Suisse. Stando alla BNS l'aiuto concesso è in linea con il suo compito di contribuire alla stabilità del sistema finanziario. «Le nostre misure di liquidità sono prestiti garantiti e con interessi, non regali», ha sottolineato esplicitamente l'economista.

10:15
10:15
La BNS aumenta la stima su crescita economica

La Banca nazionale svizzera (BNS) ritocca al rialzo la sua previsione relativa alla crescita economica elvetica: il prodotto interno lordo (PIL) dovrebbe salire di circa l'1% nel 2023, a fronte della progressione dello 0,5% ipotizzata tre mesi or sono.

In Svizzera il PIL ha ristagnato nel quarto trimestre, constata l'istituto in comunicato diffuso stamani al termine dell'analisi trimestrale della situazione economica e monetaria. Il settore dei servizi ha perso slancio, mentre la creazione di valore aggiunto nell'industria si è di nuovo leggermente contratta. Per l'intero 2022, il PIL è salito del 2,1%. Il mercato del lavoro si è confermato robusto e, secondo gli ultimi dati disponibili, anche il grado di utilizzo delle capacità produttive complessive dell'economia è rimasto buono.

Nonostante una leggera ripresa dell'attività economica negli ultimi mesi, la crescita resterà probabilmente modesta per il resto dell'anno. Ad agire da freno saranno la domanda estera contenuta e la perdita di potere d'acquisto dovuta all'inflazione. La disoccupazione dovrebbe rimanere su livelli bassi e il grado di utilizzo delle capacità produttive diminuire leggermente.

La BNS mette comunque in guardia: analogamente alle previsioni per l'estero, anche quella relative alla Svizzera è soggetta a grande incertezza. A breve termine i rischi principali sono rappresentati da una forte contrazione della congiuntura oltre frontiera e dalle conseguenze negative delle turbolenze nel settore finanziario globale.

09:44
09:44
Borsa: avvio cauto in Europa, Francoforte perde lo 0,25%

Le borse europee partono caute. Francoforte cede lo 0,25% mentre Londra alla prime battute, in attesa della decisione sui tassi della Bank of England, arretra dello 0,45%. Milano è in calo dello 0,26%.

09:40
09:40
La BNS alza il tasso guida al +1,5%

Malgrado le turbolenze sui mercati finanziari mondiali la Banca nazionale svizzera (BNS) prosegue nella lotta contro il rincaro e inasprisce ulteriormente la sua politica monetaria: l'istituto innalza di 0,50 punti il suo tasso guida, portandolo dal +1,00% al +1,50%.

Si tratta di contrastare l'accresciuta pressione inflazionistica, ha informato stamane la banca al termine del tradizionale esame trimestrale della situazione economica e monetaria. Come noto l'inflazione in Svizzera è salita in febbraio al 3,4%, più di quanto si aspettassero gli specialisti.

La mossa dell'istituto guidato da Thomas Jordan - che giunge all'indomani di un ritocco di 0,25 punti operato dalla Federal Reserve americana e in attesa che la Banca d'Inghilterra scopra a sua volta le carte - è in linea con le attese della maggioranza degli analisti (21 su 27 esperti interrogati dalla Reuters prevedevano 0,5 punti, gli altri 6 solo 0,25).

Stando agli esperti l'istituto è impegnato in un difficile esercizio di equilibrismo: da un lato deve chiudere i cordoni della borsa e di rallentare il rincaro, con un'economia che ancora tira, spinta dai consumi e dal buon mercato del lavoro, dall'altra è tenuto a fornire enormi liquidità alle banche per evitare un tracollo del sistema. Oggi sono attese anche dichiarazioni in conferenza stampa di Jordan su Credit Suisse.

Dopo aver mantenuto il tasso di riferimento fermo per oltre sette anni la BNS aveva operato la prima stretta di 0,5 punti (da -0,75% a -0,25%) il 16 giugno 2022, quando si era mossa a sorpresa prima della Banca centrale europea (Bce). Un secondo rialzo era intervenuto il 22 settembre: era stato quello che aveva segnato la fine dell'epoca degli interessi negativi, con il passaggio del tasso guida dal -0,25% al +0,50%. Il terzo passo (da 0,50% a 1,00%) è arrivato il 15 dicembre e oggi si giunge al quarto intervento verso l'alto nel giro di nove mesi.

Come noto dal giugno scorso la BNS non considera più troppo elevata la quotazione del franco: la forza della moneta elvetica permette infatti di ergere un vallo contro l'inflazione importata. Naturalmente il franco forte ha un impatto negativo sulle esportazioni, ma l'industria svizzera sembra essersi abituata, nel corso degli anni, a sostenere il fardello monetario. In tal modo l'euro si è ormai stabilmente orientato a un corso basso: oggi la moneta europea viene scambiata praticamente alla pari con il franco.

09:39
09:39
La Borsa svizzera apre in ribasso

Apertura in ribasso per la borsa svizzera nella penultima seduta della settimana: alle 9.10 l'indice dei valori guida SMI segnava 10.704,92 punti, in flessione dello 0,81% rispetto a ieri.

Il mercato osserva le piazze asiatiche, che si sono mosse nella calma, con Tokyo leggermente negativa (Nikkei -0,17% a 27.419,61 punti), ma guarda soprattutto alla chiusura di Wall Street (Dow Jones -1,63% a 32.030,11 punti, Nasdaq -1,60% a 11.669,96 punti).

La Federal Reserve ha alzato i tassi di 0,25 punti, in linea con le attese. Ora tocca alla Banca nazionale svizzera (BNS) rendere note le proprie mosse: la decisione giungerà alle 9.30 e la gran parte degli esperti si aspetta un ritocco di 0,5 punti, con il tasso guida che dovrebbe raggiungere l'1,5%.

Sul fronte interno i riflettori rimangono puntati sui bancari UBS (-0,64%) e Credit Suisse (-0,48%). Fra gli altri valori SMI il più ispirato è Swiss Re (+0,19%), mentre il meno convincente appare Lonza (-1,74%). Nel mercato allargato Zur Rose (-2,77%) ha comunicato i dati sulla redditività dell'esercizio 2022, mentre Cosmo (+0,47%) ha annunciato il superamento, per la prima volta nella storia aziendale, dei 100 milioni di euro di fatturato.

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Azzeramento delle obbligazioni: «Tutto secondo le regole»

Tutto è avvenuto secondo le regole: è la posizione della Finma sull'azzeramento del valore delle obbligazioni AT1 di Credit Suisse, un passo che è stato parte dell'operazione di salvataggio della banca, ma che ha suscitato grandi interrogativi sui mercati internazionali, provocando turbolenze e l'annuncio di azioni legali.

Gli strumenti AT1 emessi da Credit Suisse prevedono per contratto l'annullamento integrale del valore qualora si verificasse un evento scatenante (viability event), in particolare se viene concesso un sostegno straordinario da parte dello stato, spiega l'Autorità federale di vigilanza dei mercati finanziari in un comunicato odierno. «Poiché il 19 marzo 2023 sono stati concessi a Credit Suisse mutui a sostegno della liquidità con garanzia della Confederazione in caso di dissesto, queste condizioni contrattuali risultavano adempiute», proseguono i funzionari bernesi.

«Il 19 marzo il Consiglio federale ha posto in vigore l'ordinanza di necessità concernente mutui supplementari a sostegno della liquidità e la concessione da parte della Confederazione di garanzie in caso di dissesto per mutui a sostegno della liquidità erogati dalla Banca nazionale svizzera a banche di rilevanza sistemica», ricorda l'autorità. «Ai sensi dell'ordinanza, la Finma può ordinare al mutuatario e al gruppo finanziario di ammortizzare fondi propri di base supplementari».

Per la Finma tutto è avvenuto quindi secondo i piani. «Domenica è stata trovata una soluzione per tutelare i clienti, la piazza finanziaria e i mercati», afferma il direttore dell'entità di regolazione, Urban Angehrn, citato nella nota. « In questo contesto, era importante che l'attività operativa di Credit Suisse venisse mantenuta senza interruzioni e senza intoppi, com'è ora il caso».

In Svizzera gli strumenti AT1 sono concepiti in modo tale da essere ammortizzati o convertiti in fondi propri di base di qualità primaria prima che il capitale proprio della banca interessata sia integralmente esaurito o ammortizzato, spiega la Finma. A causa del loro profilo di rischio e della struttura in grandi tagli, gli strumenti emessi pubblicamente dalle grandi banche sono detenuti principalmente da investitori istituzionali, come ad esempio le casse pensioni.

Gli AT1 (Additional Tier-1) sono obbligazioni «contingent convertibles», spesso abbreviate in cocos o in coco-bond. Si tratta di obbligazioni ibride convertibili che, in determinate condizioni, si trasformano in azioni, quindi in capitale della banca che li ha emessi, alleggerendone sostanzialmente l'esposizione debitoria.

Il fatto che in relazione a CS il loro valore sia stato completamente cancellato ha stupito non pochi esperti, soprattutto tenuto conto che l'azione di Credit Suisse, al contrario, continua a valere qualcosa: per la precisione un valore che è del 4% quello di un'azione UBS, in base all'accordo reso noto domenica (1 titolo UBS per 22,48 azioni CS). Che un creditore obbligazionario perda tutto, mentre l'azionista non lo faccia, sembra di primo acchito stridere con la concezione generale che vede l'azionista il più colpito in caso di problemi di una società.

La questione non è secondaria, perché molti degli strumenti in questione sono detenuti all'estero e non tutti sembrano essere convinti della solidità giuridica dell'approccio scelto dalla Finma e dal Consiglio federale. Alcuni grandi studi d'avvocatura stanno in questi giorni invitando gli investitori per avviare cause legali sul tema. Anche perché l'azzeramento degli AT1 di Credit Suisse, in un momento di grandi timori sulla solidità delle banche a livello internazionale, ha provocato paura ben al di là della Svizzera e ha avuto un pesante impatto sull'intero mercato mondiale delle obbligazioni.