Scienza

L'ultima occasione per vedere C/2022 E3, la cometa dei Neanderthal

Il piccolo corpo celeste osservabile fino al 15 febbraio aveva «sfiorato» la Terra 50.000 anni fa, quando c’erano gli ominidi: «Cercatela con un binocolo»
Francesco Fumagalli, astronomo e costruttore di telescopi; sullo sfondo, la cometa C/2022 E3 ZTF
Jona Mantovan
25.01.2023 20:15

C'è un nuovo puntino nel cielo stellato. È una cometa, ribattezzata «dei Neanderthal». Perché, l'ultima volta che si era fatta vedere, sulla nostra Terra c'erano loro, gli ominidi affini ai sapiens vissuti nel paleolitico medio, appunto tra i duecentomila e i cinquantamila anni fa. Il nome scientifico di questo fievole astro nella volta celeste (che sparirà dalla nostra vista attorno al 15 febbraio) è C/2022 E3 (ZTF). Quest'ultima sigla è quella del programma «Zwicky Transient Facility», intitolato all'astronomo svizzero Fritz Zwicky che propose per primo l'esistenza della materia oscura. Questo sistema segnala in maniera automatizzata ed efficiente i corpi come questi, sfruttando il telescopio Samuel Oschin, dell'osservatorio californiano di Monte Palomar. «È una delle tante che stanno passando ancora in questi giorni» spiega al Corriere del Ticino Francesco Fumagalli, da una vita nel mondo dell'astronomia, oggi divulgatore della materia e responsabile dell'osservatorio Calina di Carona. Ma il 65.enne dalla folta barba grigia, che risponde dalla sua casa di Sessa, ha fatto anche di più. Le sue competenze di costruttore di telescopi hanno reso possibile la messa a punto di tutti i punti di osservazione in Ticino. «Però questa qui—riprende Fumagalli—, rispetto alle altre, è più luminosa. Ha raggiunto la visibilità a occhio nudo qualche giorno in anticipo. Le previsioni sulla sua luminosità erano un decimo rispetto a quanto stiamo misurando. Certo, a occhio nudo è proprio al limite della visibilità. La si vede come un un batuffolo. Ma se si disponesse di anche solo di un binocolo, ecco, in quel caso è molto ben visibile. Con un telescopio, ovviamente, ancora più». 

«La sua particolare luminosità è data dal fatto che si tratta di una cometa che passa raramente. Il periodo calcolato è di 50.000 anni. Ed è per questo che è stata ribattezzata cometa di Neanderthal, perché si ipotizza che sia passata l'ultima volta 50.000 anni fa. Trattiene, quindi, ancora molto ghiaccio, molto gas ghiacciato che costituisce il suo nucleo. Ogni volta che la cometa si avvicina al Sole, sublima. Vale a dire che dalla forma solida passa direttamente allo stato gassoso. Il bolide sviluppa così due code, una di polveri e una costituita da questo gas, dal colore verde-azzurrognolo, orientata alla direzione opposta a quella del Sole».

L'esperto torna poi al periodo del passaggio della cometa: «Se i calcoli sono giusti e se saremo ancora qui, tra 50.000 anni potremo rivederla. L'umanità ci sarà ancora? Chissà come sarà il nostro pianeta... In ogni caso, questo lunghissimo periodo tra un passaggio e l'altro ci fa capire come questo corpo celeste arrivi dall'estrema periferia del Sistema solare, dalla cosiddetta nube di Oort. Ne siamo certi, anche perché la sua orbita è molto inclinata rispetto al piano dell'eclittica, quello sul quale si sdraiano le orbite del nostro Sistema solare».

Sparirà dal cielo attorno al 15 febbraio
Sparirà dal cielo attorno al 15 febbraio
Da questo ammasso disordinato e dormiente, ogni tanto qualcuno di questi frammenti può prendere la sua strada verso il Sole
Il tipico alone verde dei gas rilasciati al passaggio vicino al Sole
Il tipico alone verde dei gas rilasciati al passaggio vicino al Sole

Una riserva di comete

La nube di Oort è una gigantesca sfera molto lontana dalla nostra casa: 2.400 volte la distanza tra il Sole e Plutone. Si tratta di una grandissima riserva di materiale. Polvere, rocce, ghiaccio... Un serbatoio con milioni di nuclei di comete, che – secondo la teoria – resterebbero stabili perché la radiazione solare è troppo debole per avere un effetto a quelle distanze. «Da questo ammasso disordinato e dormiente, per una qualche perturbazione gravitazionale, ogni tanto qualcuno di questi frammenti può prendere la sua strada verso il Sole», racconta Fumagalli. «Il frammento poi attraversa le orbite dei pianeti e arriva in prossimità del Sole, per poi essere rifiondato indietro dalla forza gravitazionale alla periferia del nostro sistema solare».

Il 2 febbraio, quando raggiungerà la minima distanza da Terra, sarà a 42 milioni di chilometri

Non dobbiamo temere nulla

Ma quanto può essere pericoloso questo proiettile vagante? Secondo Fumagalli, non dobbiamo temere nulla. Per il momento, insomma, non faremo la fine dei grandi dinosauri, spazzati via proprio da un corpo celeste caduto sul nostro pianeta. «No, nulla di tutto questo – afferma lo scienziato muovendo le mani e sorridendo –. Non cadrà sul nostro pianeta perché il 2 febbraio, quando raggiungerà la minima distanza da Terra, sarà a 42 milioni di chilometri. Beh, certo, nella scala delle distanze cosmologiche è come se ci sfiorasse, ma insomma: 42 milioni chilometri è una distanza a metà strada fra noi e Marte. Per quanto riguarda le sue dimensioni, abbiamo calcolato un diametro del nucleo superiore ai dieci chilometri. È un bel masso e sì, se ci cadesse in testa provocherebbe davvero parecchi disastri», conclude il nostro interlocutore. Anche se questo è tutto un altro film.

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