Anche il Ritz-Carlton di Mosca ha cambiato nome
Era meta ambita, anzi ambitissima. Un albergo extra lusso, in pieno centro, a pochissimi passi da Piazza Rossa, sulla meravigliosa Tverskaya Ulitsa. Una delle arterie principali della capitale russa nonché – prima della guerra, quantomeno – la via prediletta dello shopping. A suo tempo, era un passaggio obbligato del viaggio che portava gli zar dalla residenza moscovita alla capitale imperiale, San Pietroburgo.
Ma torniamo all’albergo a cinque stelle o, meglio al (vecchio) Ritz-Carlton. Costretto, suo malgrado immaginiamo, a cambiare nome dopo che la società madre – il gruppo alberghiero a stelle e strisce Marriott International – si è ritirato dalla Federazione Russa a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito di Mosca. Lo ha annunciato lo stesso hotel, lunedì, tramite un comunicato.
Per carità, non sarà una rivoluzione epocale visto che la struttura si chiamerà The Carlton Moscow. Con evidenti richiami, quindi, alla vecchia denominazione. «Il Ritz-Carlton Moscow continuerà a operare come hotel indipendente in conformità con le migliori pratiche della rete internazionale – si legge nella nota – e annuncia un nuovo nome, The Carlton Moscow». Pronti anche un nuovo sito (qui, per i più curiosi) e un nuovo logo. Un po’ come successo con altri marchi occidentali, fra cui McDonald’s.
Il gruppo Marriott
Marriott International, citiamo Wikipedia, gestisce e concede in franchising numerose strutture alberghiere nel mondo. Vanta oltre 7 mila proprietà in 131 Paesi e oltre 1,2 milioni di stanze. Mica male. Oltre a marchi prestigiosi quali Ritz-Carlton, St. Regis e Bulgari, può contare marchi più abbordabili (si fa per dire) come Méridien, Westin e Sheraton.
In Russia, beh, Marriott possedeva una trentina di alberghi. A marzo, quale risposta alla guerra in Ucraina, ha chiuso i suoi uffici aziendali a Mosca e sospeso fino a nuovo avviso ulteriori investimenti nel Paese, unendosi così a tanti, tantissimi altri marchi occidentali in una sorta di lungo e potente addio al mercato russo.
L’oramai ex Ritz-Carlton di Mosca, leggiamo, è rimasto sempre aperto dall’inizio delle ostilità in Ucraina. Marriott, subissata di critiche, aveva specificato che l’hotel era di proprietà di una terza parte. Terza parte che, ora, ha appunto cambiato nome e logo.
Il crollo di visitatori
Il lusso, in Russia, per forze di cose è stato fortemente colpito dalle sanzioni occidentali. Fra i primi addii, ad esempio, ci fu quello del gruppo LVMH. Bloomberg, lo scorso marzo, si era concentrato proprio sugli alberghi. Di più, aveva parlato subito di flessioni a livello di visitatori proprio per l’isolamento – immediato – imposto a Mosca fra chiusure dello spazio aereo e inviti dei vari governi occidentali a non recarsi in Russia se non per motivi strettamente necessari.
Se prima, insomma, Mosca era una meta turistica parecchio battuta, dall’invasione è rimasta praticamente a secco di visitatori stranieri. Non solo, Booking.com (uno dei principali motori di ricerca per gli alberghi) aveva subito adottato misure per ridimensionare la propria presenza nella regione, sospendendo i servizi in Russia e Bielorussia. Contribuendo così all’isolamento.
Il Carlton, ora, prova a rilanciarsi proponendo ai visitatori di scoprire il «ricco patrimonio storico e artistico» a pochi passi dall’albergo e, ancora, «l’architettura spettacolare della città, l’eccitante scena gastronomica» e, per finire, «la vivace vita notturna». Una narrazione vuota, a maggior ragione se pensiamo che Mosca, oggi, è una città sempre più povera di marchi e simboli occidentali. Ciò che in fondo cercavano molti frequentatori del Ritz.