La storia

Brasilia, la capitale del futuro

L'attacco dei bolsonaristi risponde anche a una frustrazione, diciamo così, storica: la «nuova» capitale non ha mai tenuto fede alle promesse dei suoi urbanisti
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Marcello Pelizzari
09.01.2023 10:00

Perché attaccare Brasilia? Risposta più ovvia: perché è la sede del governo. Risposta meno scontata: perché, oltre a essere il cuore della democrazia brasiliana, rappresenta la città del futuro, una sorta di promessa (mai mantenuta) di «Ordem e Progresso» volendo citare il motto nazionale. Ordine e progresso, già.

Brasilia divenne realtà in appena 41 mesi, fra il 1956 e il 1960, quando fu inaugurata ufficialmente, tenendo fede a un altro adagio secondo cui Roma non è stata costruita in un giorno. Da allora, sostituì Rio de Janeiro quale capitale del Paese.

Fu l’allora presidente Juscelino Kubitschek, il cui cognome suggeriva origini rom-cecoslovacche, a volere Brasilia. Ne ordinò la costruzione forte di un articolo della Costituzione – a lungo trascurato – nel quale si stabiliva appunto che Rio non avrebbe più dovuto fare (anche) da capitale.  

Fra Giovanni Bosco e Le Corbusier

Kubitschek si avvalse, manco a dirlo, delle migliori menti dell’epoca. Il principale pianificatore di Brasilia, infatti, fu Lucio Costa mentre Oscar Niemeyer fu l’architetto capo della maggior parte degli edifici pubblici. E ancora: Roberto Burle Marx venne incaricato di «disegnare» il paesaggio.

La città del futuro si basava sulle teorie di Le Corbusier, architetto e urbanista svizzero, ma traeva altresì ispirazione dal sogno profetico del 1883 del sacerdote italiano Giovanni Bosco, ancora oggi molto presente nella toponomastica di Brasilia.

La creazione e l’istituzione di Brasilia rispondevano anche a un’esigenza, diciamo così geografica. Capitale del Paese dal 1763 al 1960, Rio de Janeiro concentrò risorse nella regione sud-orientale del Brasile. Grazie alla sua posizione centrale, invece, Brasilia acquisì quasi all’istante uno status neutrale. Per dire: dista 1.015 chilometri da San Paolo, 1.148 dalla citata Rio de Janeiro, 1.146 da Salvador, 741 da Belo Horizonte e 209 da Goiânia. L’idea di situare la capitale del Brasile all’interno del Paese, un po’ come hanno fatto altri Paesi, in primis l’Australia, risale alla primissima Costituzione repubblicana del 1891, che a grandi linee indicava il luogo in cui creare il Distretto Federale. Il sito fu definito, tuttavia, solo nel 1922. Così facendo, anche la regione centrale del Brasile avrebbe goduto di un certo sviluppo mentre l’intero territorio brasiliano sarebbe stato meglio integrato.

L'organizzazione a tavolino

Brasilia è sorta dal nulla, in 4 anni appena, sull’altopiano di Goiás, a un’altitudine di oltre mille metri. Dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 1987, fu concepita per 600 mila abitanti ma oggi, complici le numerose città-satellite sorte ai suoi confini, vanta una popolazione di oltre 3 milioni considerando l’intera area metropolitana.

Rispetto ad altre capitali, come detto, Brasilia può considerarsi una neonata. Fu progettata, in ogni sua componente, a tavolino. Dal luogo in cui si trova al numero di abitanti, passando per l’altezza degli edifici e la loro disposizione, per tacere della forma «ad aeroplano» con la «fusoliera» che contiene ministeri, edifici governativi, Senato e Camera dei deputati nonché una cattedrale, iper-futuristica, progettata proprio da Niemeyer.

Le «ali» dell’aeroplano sono chiamate Ala Nord e Ala Sud: ognuna è lunga circa 7 chilometri. Il viale che si trova fra il lago artificiale e le ali, invece, è chiamato L4 Sul o L4 Norte. Un ampio viale ad alta velocità, Eixo Rodoviário o «Eixão», collega le due ali tramite un sottopasso che scorre sotto la stazione centrale degli autobus, dove sono situati il distretto bancario e quello alberghiero. Gli indirizzi 100 e 300 stanno sul lato Ovest dell'Eixo, chiarisce Wikipedia, i 200 e i 400 sul lato Est. Lungo queste strade vi sono le aree residenziali chiamate Superquadra Sul (SQS) e Superquadra Norte (SQN): blocchi di 11 condomini, di sei piani (100, 200, 300) e tre piani (400) su pilotis. Ogni edificio è identificato da una lettera. Fra i blocchi sono situate scuole e chiese per i residenti. Le strade commerciali tipicamente separano una Superquadra dall'altra. Le 500, lungo la Via W3, sono esclusivamente commerciali; alle 600 e 900 si trovano chiese e scuole; alle 700 ci sono case, scuole e chiese; fra le 700 e le 900 ci sono le Entrequadras con edifici commerciali di quattro piani e infine, alle 800, le ambasciate.

Il piatto rovesciato

Venendo al presente, è interessante sottolineare come Niemeyer ha immaginato l’edificio del Congresso nazionale. Lo stesso architetto, a suo tempo, ricordò di aver trovato l’ispirazione durante un pranzo in un ristorante. Notò, in particolare, una scatola di fiammiferi posta verticalmente fra due piatti fondi, di cui uno rovesciato. Ecco, per lui il piatto rovesciato rappresentava al meglio l’assemblea del Senato, costituita da politici più anziani, mentre quello in posizione normale simboleggiava la Camera dei deputati, composta da uomini più giovani e dunque più aperti a nuove idee. In mezzo, il parallelepipedo.

Niemeyer, allargando il campo, si è servito di molto, moltissimo cemento per gli edifici-simbolo di Brasilia. In maniera, però, innovativa. Curve, movimenti, richiami a concetti apparentemente lontani come una capanna amazzonica.  

La principale critica mossa a chi, a suo tempo, sviluppò Brasilia è la città – di fatto – è a misura di automobile, un po’ come Los Angeles. Certo, la nuova capitale ha senza dubbio contribuito a unificare il Paese valorizzando, di riflesso, le risorse dell’entroterra. Eppure, la nuova capitale non ha mai soppiantato Rio o San Paolo a livello politico ed economico. Né, fra le altre cose, ha mai davvero conquistato il cuore di chi vi abita. Dai più, infatti, è ritenuta un non-luogo, una città anonima e senza sentimenti, lontanissima dalla capitale a misura d’uomo sognata dai suoi urbanisti. Oggi più che mai, poi, è netto il contrasto fra il nucleo originario – splendidamente organizzato – e le città-satellite sorte, nel frattempo, ai margini di Brasilia.

Ironia e distopia

L’attacco dei bolsonaristi, ieri, è stato sì un attacco al cuore della democrazia ma anche, per certi versi soprattutto, un vero e proprio colpo di grazia a un’utopia. Il Brasile di oggi, in estrema sintesi, ha gli stessi problemi di ieri, a cominciare dalle ineguaglianze sociali. D’altronde, fu subito chiaro che Brasilia non avrebbe mai raggiunto i suoi scopi, né che avrebbe tenuto fede al motto «Ordem e Progresso». Il mandato di Kubitschek finì nel 1961, un anno dopo l’inaugurazione della nuova capitale, mentre nel 1964 i militari assunsero il potere con un colpo di Stato. Sarebbero rimasti fino al 1985. Ironia della sorte, Kubitschek e l’architetto Niemeyer vennero esiliati mentre Lucio Costa fu allontanato. Della serie: dall’utopia alla distopia il passo è breve. Lo ha dimostrato (anche) l’irruzione dei facinorosi pro-Bolsonaro.

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