Guerra

Come proteggere l'Europa dai droni: nuove frontiere e tecnologia

A Bordeaux, negli scorsi giorni, gli esperti del settore e le start-up hanno fatto il punto: le difese, al momento, sono in svantaggio rispetto alla minaccia
Un drone iraniano usato dalla Russia. © Kin Cheung
Red. Online
17.10.2025 11:02

L'attualità, in queste ultime settimane, è stata dominata dai droni. Gli attacchi ucraini in territorio russo, quelli russi in Ucraina con coinvolgimento di civili, gli sconfinamenti russi in Polonia, i sorvoli sospetti negli aeroporti europei. La politica, consapevolmente, ha intercettato il problema. E promesso risposte, o meglio soluzioni. Peccato che, sin qui, la lotta anti-droni non sia mai stata una priorità. Nemmeno per la Svizzera. Gli investimenti, per intenderci, sono stati sbloccati in fretta e furia solo di recente e solo, evidentemente, in presenza di un casus belli, chiamiamolo così. 

Mentre i vertici della NATO, l'Alleanza Atlantica, discutono con i Paesi europei la costruzione di un muro anti-droni sul fianco Est, il tema è stato oggetto di ampie discussioni – riferisce il quotidiano economico francese La Tribune – all'UAV Show, il salone europeo del drone, tenutosi nei giorni scorsi a Bordeaux. Il settore, leggiamo, ha registrato un'accelerazione, netta, negli ultimi due anni. Da quando, cioè, nei cieli sono comparsi sciami di droni a basso costo utilizzati per colpire obiettivi. Porre rimedio a questa minaccia è complicato, di per sé, anche perché i droni impegnano sia le difese terrestri sia quelle aeree. Una minaccia multiforme, volendo riassumere al massimo, che fra le altre cose richiede tempi di risposta molto rapidi. I droni più veloci, ad esempio, volano a 200 chilometri orari. Le difese europee, venendo al punto, devono essere quindi in grado di rilevare, identificare, seguire e infine neutralizzare questi droni in poco, pochissimo tempo. La domanda, cui il salone ha cercato di dare risposta, è come può la tecnologia, o se preferite come possono le start-up attive nel settore, migliorare la risposta delle difese. 

Servono, spiegano tanto i militari quanto l'industria, approcci combinati e diversi. Julien Charrier, responsabile di Retia, una filiale del fabbricante francese di radar Asman, ha sintetizzato: «Abbiamo bisogno di rilevamento visivo, radiofrequenza e radar di superficie per coprire l'intero spettro visibile ed elettromagnetico». Così invece Jean Boy, amministratore delegato di Hornet, filiale anti-drone del produttore di veicoli blindati Arquus: «Di fronte a una minaccia che si evolve più rapidamente della difesa, dobbiamo trovare soluzioni che possano essere impiegate rapidamente e che rispettino anche i vincoli di budget per poter essere prodotte in serie». L'immaginazione, per contro, sembrerebbe il solo limite ora come ora. E l'esperienza sul campo, come quella di un pilota di droni ucraino soprannominato Yeti, presente a Bordeaux, è vitale per sviluppare nuove proposte. Proprio Yeti, in Francia, ha sottolineato come i droni nel conflitto con la Russia siano «onnipresenti»: «In questa guerra dobbiamo essere in grado di resistere ai disturbi nemici in ogni momento. Dobbiamo essere in grado di volare, localizzare e identificare i bersagli anche quando le comunicazioni non funzionano e il segnale GPS è interrotto». Dicevamo dei costi: «Questo tipo di conflitto – ha proseguito Yeti – richiede molti droni. È meglio avere 50 droni che costano 300 dollari uno che un singolo drone, magari sofisticato, che costa 10 mila dollari. Abbiamo bisogno di droni che possano essere facilmente e rapidamente adattati alle mutevoli esigenze del campo di battaglia».

L'intelligenza artificiale, va da sé, può (potrebbe) dare un grande contributo alla causa. Anche se, hanno spiegato gli esperti, mancano i dati. Ancora Boy: «Per addestrare un'intelligenza artificiale alla guerra contro i droni, è essenziale avere un volume di dati sufficiente. Ma qui stiamo parlando di droni che, magari, abbiamo visto solo una volta, o addirittura non abbiamo mai visto, dato che la minaccia è in continua evoluzione. La sfida del software è enorme». Pure Yeti, d'altro canto, ha preferito mantenere un basso profilo sul contributo dell'AI: «È il pilota di droni che deve comunque mantenere un ruolo decisionale, proprio perché l'intelligenza artificiale non è ancora affidabile nell'identificare e qualificare gli obiettivi o le minacce».