Il punto

Da Wuhan all'annuncio del 5 maggio 2023, i tre anni dell'emergenza COVID

Le parole di Tedros Ghebreyesus dell'OMS pongono fine a un periodo lungo, lunghissimo, durante il quale il mondo è stato capovolto e stravolto – Ripercorriamo le tappe principali
© AP
Red. Online
05.05.2023 16:47

Il Comitato per l’emergenza COVID-19, riunitosi giovedì, ha dunque raccomandato la fine dello stato di emergenza per la pandemia di coronavirus. Una raccomandazione che l’Organizzazione mondiale della sanità, come annunciato in conferenza stampa dal direttore generale Tedros Ghebreyesus, ha accolto. «È con grande speranza che ora io dichiaro la fine del COVID-19 come emergenza sanitaria globale, ma comunque questo non significa che il COVID sia finito, in termini di minaccia alla salute globale».

Lo stato di emergenza sanitaria globale, ricordiamo, venne dichiarato il 30 gennaio 2020. Così Ghebreyesus: «Resta il rischio di nuove varianti emergenti che possono causare nuove ondate di casi e morti. La cosa peggiore che i Paesi possano fare ora è usare questa notizia per abbassare la guardia, per smantellare il sistema che hanno costruito e per lanciare alla gente il messaggio che il COVID non è più qualcosa di cui preoccuparsi». E ancora: «Questo è un momento da celebrare ma è anche un momento per riflettere. Deve restare l’idea della potenziale minaccia di altre pandemie. Ora abbiamo strumenti e tecnologie per prepararci a pandemie meglio e riconoscerle prima, ma globalmente una mancanza di coordinamento potrebbe inficiare tali strumenti. Sono state perse vite che non dovevano essere perse, promettiamo ai nostri figli e nipoti che non faremo mai più gli stessi errori».

Come è cambiato il mondo

All’inizio della pandemia, ha ricordato il direttore generale, «fuori dalla Cina c’erano circa 100 casi di COVID-19 e non vi erano morti dichiarati. In tre anni da qual momento il mondo si è capovolto: circa 7 milioni di morti sono stati riportato dall’OMS, ma noi sappiano che la stima è di molte volte maggiore, pari almeno a 20 milioni di morti». Non solo, «i servizi sanitari di tutto il mondo sono stati gravemente compromessi, con milioni di persone che hanno perso i servizi sanitari essenziali, comprese le vaccinazioni salvavita per i bambini. Ma la pandemia di COVID-19 ha rappresentato molto più di una crisi sanitaria, causando gravi sconvolgimenti economici, facendo perdere migliaia di miliardi di PIL nei vari Paesi del mondo, bloccato viaggi e transazioni commerciali, causando la chiusura di innumerevoli attività commerciali e facendo precipitare milioni di persone nella povertà».

La pandemia, in effetti, ha capovolto il mondo. Provocando sconvolgimenti sociali, chiusure di frontiere e interi Paesi, limitazioni negli spostamenti, confinamenti e via discorrendo. «La pandemia – ha proseguito Tedros Ghebreyesus – ha messo in luce ed esacerbato le fratture politiche, sia all’interno delle nazioni sia tra Paesi differenti, erodendo la fiducia tra persone, governi e istituzioni, anche a causa di un livello crescente di disinformazione. Con la pandemia si sono rese più palesi le disuguaglianze nel mondo, colpendo maggiormente le comunità più povere e vulnerabili, tra le ultime a riuscire a ottenere l’accesso ai vaccini e ad altri strumenti di contrasto alla pandemia».

In principio fu Wuhan

La prima riunione del comitato per l’emergenza COVID-19 dell’OMS si tenne nel gennaio 2020, sull’onda di quanto stava accadendo in Cina, dove un virus inizialmente sconosciuto e chiamato simil-SARS stava iniziando a diffondersi con preoccupante velocità. Il patogeno, poi chiamato Sars-CoV-2, era stato intercettato per la prima volta a Wuhan, una città cinese da 11 milioni di abitanti, sebbene sulle reali origini del virus nessuno, oggi, abbia ancora fatto piena chiarezza. E proprio a Wuhan erano stati costruiti, in pochissimo tempo, due ospedali di emergenza per far fronte a un’epidemia oramai già fuori controllo.

E così, mentre le autorità cinesi iniziavano ad applicare durissime restrizioni alle città colpite, nel resto del mondo le autorità sanitarie dei vari Paesi cominciavano a innalzare il livello di allerta. Fra il 22 e il 23 gennaio del 2020 si svolse, come detto, il primo vertice del Comitato di emergenza dell’OMS. Una settimana più tardi, il 30, Tedros Ghebreyesus si vide costretto a dichiarare che l’epidemia costituiva un’emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale. L’annuncio che, nel frattempo, il COVID-19 era una pandemia risale invece all’11 marzo 2020.

Da allora, il Comitato non ha smesso di riunirsi con regolarità. Oggi, tre anni dopo, la situazione tuttavia è cambiata. Radicalmente cambiata. Il virus circola ancora e, purtroppo, continua a fare vittime. I farmaci e, soprattutto, i vaccini però hanno permesso alla società, nel suo insieme, di superare le fasi più acute e di guardare al domani con ottimismo.

Quanto a noi, il primo comunicato delle autorità ticinesi in materia COVID fu rilasciato il 27 gennaio 2020. Il testo, banalmente, invitava i cittadini che presentano sintomi a non presentarsi nelle strutture ospedaliere. Nel mondo, in quel momento, si registravano circa 2.700 casi di persone confermate positive al virus. Il primo contagio confermato in Ticino, invece, fu annunciato il 25 febbraio: si trattava di un 70.enne che la settimana precedente si era recato a Milano. In Svizzera, per contro, il primo decesso legato al coronavirus fu registrato il 5 marzo: la vittima era una 74.enne del Canton Vaud che soffriva di una malattia cronica. Il primo decesso in Ticino, invece, venne comunicato pochi giorni più tardi, il 10 marzo. 

Il Ticino, come noto, fu particolarmente attento sin dalle primissime battute considerando ciò che stava accadendo in Italia. La sera del 20 febbraio 2020, all'ospedale di Codogno arrivò il risultato del tampone fatto a Mattia Maestri: il 38.enne ricercatore di una multinazionale con base a Casalpusterlengo risultò positivo al Sars-CoV2 trasformandosi in un attimo nel paziente 1 della Penisola. Da quel momento, gli italiani entrarono in una terribile morsa di contagi e decessi.

E ancora: venerdì 13 marzo 2020 il Consiglio di Stato ticinese, «alla luce dell’evoluzione epidemiologica del COVID-19 segnalato ieri dai responsabili sanitari» optò, di fatto, per il lockdown «dopo consultazione con le autorità federali, cantonali, lo Stato Maggiore Cantonale di Condotta, il Medico cantonale e dopo un'attenta e ponderata analisi» a partire da lunedì 16 marzo «e fino in data da stabilire». Vennero annunciate e poi applicate «una serie di misure restrittive per le attività economiche, pur garantendo i servizi di base», e venne interrotta «l’erogazione di servizi al pubblico non prioritari». Conseguentemente, fu decretata anche «la chiusura delle scuole dell'obbligo, quale misura resasi ora opportuna e sostenibile».

E il Ticino?

Il Ticino, per certi versi, si è mosso in anticipo rispetto alle indicazioni dell’OMS. L’ultimo centro vaccinale, a Rivera, è stato chiuso il 30 aprile 2023. A fine aprile il nostro Cantone è pure ritornato alla completa normalità: detto che gran parte delle misure era caduta già nel 2022, da maggio sono «saltate» pure le ultime raccomandazioni del medico cantonale ancora in vigore, destinate alle strutture e al personale sanitario e sociosanitario. Dal 1. maggio le strutture sanitarie sono tornate a gestire le misure di contenimento delle malattie infettive in modalità generale, come prima del periodo pandemico. In Ticino, sono state effettuate 727.350 vaccinazioni durante la campagna contro il coronavirus, comprese le 6 del 26 aprile 2023, di fatto le ultime. Anche la hotline cantonale ha cessato il suo servizio con la fine del mese di aprile. Le domande inerenti alla vaccinazione COVID, d’ora in avanti, andranno poste al proprio medico di famiglia.

Il direttore generale dell’OMS, non a caso, ha osservato che nell’ultimo anno «la portata della pandemia si è ridotta, grazie all’aumento dell’immunità al virus e grazie alle vaccinazioni, facendo registrare un numero sempre più minore di morti per complicanze legate all’infezione e l’allentamento della pressione sui servizi sanitari nazionali. Tutti questi aspetti hanno permesso alla maggior parte dei Paesi di tornare alla vita come la conoscevamo nell’era pre-COVID. Ed è per queste ragioni che dopo l’analisi di questi ultimi dati il comitato d’emergenza dell’OMS ritiene che sia il momento di concludere la fase di emergenza globale della pandemia di coronavirus. È con grande speranza che io dichiaro la fine dello stato di emergenza globale per la pandemia di COVID-19. Ma questo non significa che il COVID sia sparito, in termini di minaccia alla salute globale. Solo la scorsa settimana, secondo i dati disponibili e di cui siamo a conoscenza, il COVID-19 ha provocato una morte ogni tre minuti. Mentre parliamo, migliaia di persone in tutto il mondo stanno lottando per la propria vita nelle unità di terapia intensiva, e altri milioni continuano a vivere con gli effetti debilitanti post-contagio».

In questo articolo: