Il Ticino dice addio all'ultimo Centro di vaccinazione cantonale

«Ne usciremo solo con il vaccino». Sono parole che nel 2020 abbiamo sentito a più riprese, nel corso delle numerose conferenze sulla pandemia di COVID-19. Oggi, seppure il virus sia ancora in circolazione, possiamo dire di esserne davvero usciti. La campagna per la vaccinazione di richiamo contro il coronavirus si conclude domani, 30 aprile 2023, con la chiusura del Centro di vaccinazione di Rivera, l’ultimo ancora operativo. Verranno pure revocate le raccomandazioni del medico cantonale ancora in vigore nelle strutture sanitarie. Anche la hotline smetterà il suo servizio. «È finita», «si torna davvero alla normalità», sono le parole con cui è stata accolta la comunicazione delle autorità cantonali.
L’aria che si respira a Rivera lo conferma: è un giorno importante, a suo modo storico. La più grande campagna di vaccinazione su scala nazionale volge al termine. «La popolazione ha reagito e risposto in modo veramente encomiabile», commenta Giovan Maria Zanini, farmacista cantonale. «Abbiamo un tasso di vaccinazione con almeno una dose del 73,5%. Significa che i ticinesi hanno avuto fiducia in questo vaccino, hanno capito che avrebbe permesso più facilmente di tante altre cose di arrivare a mettere, a un certo punto, la parola fine o perlomeno a ridurre il peso di questa pandemia».
Un dispositivo enorme
«Il vaccino è il più bel regalo di Natale», aveva dichiarato lo stesso Zanini il 19 dicembre 2020, quando Swissmedic diede il via libera al medicamento di Pfizer/BioNTech. La campagna sarebbe partita il 4 gennaio 2021 dalle case per anziani, con i residenti e il personale. «I giorni più pesanti sono stati proprio quelli della seconda metà di dicembre del 2020 – ricorda il farmacista cantonale –. Ci preparavamo già dall’estate, ma lì abbiamo dovuto finalizzare quell’enorme dispositivo. Il nostro obiettivo era vaccinare più persone possibili nello stesso giorno in cui il prodotto sarebbe arrivato da Berna».
Un prodotto particolare e di non facile gestione, considerato che doveva essere conservato a -90 gradi e, una volta estratto dal congelatore, poteva essere somministrato entro un massimo di 5 giorni. «Tutti si sono impegnati affinché quello che arrivava venisse utilizzato nel giro di poche ore».
Un momento importante
Il 10 gennaio 2021 il centro della protezione civile di Rivera è stato presentato alla stampa. Due giorni dopo, si è iniziato a vaccinare anche gli over 85 che non risiedevano in una struttura per anziani. «Una catena logistica che fino a quel momento non esisteva», commenta Ryan Pedevilla, a capo della Sezione del militare e della protezione della popolazione. «Avere potuto contare su Zanini, con la sua grande determinazione a portare a casa un sistema che il prima possibile potesse funzionare, ci ha permesso di creare le condizioni per vaccinare i primi utenti». Allegri arzilli over 80, per usare le parole di Pedevilla, che raggiungevano Rivera vestiti di tutto punto, con tanta speranza nel cuore e la volontà di riacquistare la libertà, tornare ad abbracciare figli e nipoti.
«Sin dall’inizio, l’obiettivo era di non traumatizzarli, di non creare una catena di montaggio, ma utilizzare un approccio empatico. Approccio che poi abbiamo voluto estendere a tutta la popolazione. La chiusura del Centro di Rivera sembra quasi un evento di poco conto, ma guardandomi indietro ripenso a tutte le persone che ho incontrato, quelle che hanno dato vita a questo dispositivo e all’utenza. Ricordi non bellissimi, ma che ci hanno portato al punto in cui ci troviamo ora».
La parola fine
Undici mesi dopo, erano stati ancora loro a dare l’esempio: gli ospiti delle case per anziani ticinesi che hanno ricevuto per primi la dose di richiamo del vaccino. Si è ripartiti da lì, dove tutto era cominciato a inizio anno. Nel febbraio del 2022, Giovan Maria Zanini ci aveva detto: «Senza vaccino, oggi racconteremmo una storia diversa». Parole che il farmacista cantonale conferma, a un anno di distanza: «Abbiamo avuto un sistema sanitario che ha retto il colpo nonostante l’esplosione dei contagi, soprattutto tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 quando è arrivata la variante Omicron. Gli ospedalizzati e i decessi avrebbero potuto essere molti di più. E questo è stato possibile sicuramente in buona parte grazie al vaccino». In buona parte, «perché bisogna onestamente dire che la natura ci ha dato una mano: Omicron è una variante molto più infettiva ma che fa meno morti e ospedalizzati. Le due cose assieme ci hanno permesso di essere qui oggi a poter chiudere questo ultimo Centro e mettere la parola fine a una lunga campagna».
Un periodo lungo e difficile, lontano da ogni immaginazione. «Nel marzo del 2020 avevamo a disposizione delle proiezioni per nulla edificanti: stavamo andando verso la catastrofe», ricorda Zanini. «Personalmente, come altri colleghi che facevano parte dello Stato maggiore cantonale di condotta, sono arrivato a pensare che, a 60 anni, avrei dovuto trovare un momento per fare testamento. Momenti intensi e complicati. D’altra parte, c’era un lavoro da svolgere. Quando è arrivato il vaccino avevamo una risposta concreta da dare alla popolazione e tutta l’energia è stata incanalata nel cercare di svolgere questo lavoro nel modo più efficace possibile».

Parola d’ordine: trasparenza
Ripensandoci, il farmacista cantonale tiene a ribadire la trasparenza con cui si è rivolto ai ticinesi: «Do la mia parola: abbiamo sempre detto tutto quello che sapevamo in maniera onesta». L’obiettivo dichiarato sin dall’inizio non era debellare il virus con la vaccinazione, o impedire che circolasse, ma ridurre il più possibile il numero di morti e di ospedalizzazioni, consentendo al sistema sanitario di sopportare il peso della malattia. «Dal lato pratico, questo è quello che è accaduto».
E negli anni le sollecitazioni sono state molte, dalle domande alle richieste di rassicurazioni. «Qualcuno mi chiedeva come sarebbe evoluta la situazione, ma io non potevo prevedere il futuro. Mi sono sforzato di rispondere a tutti, anche se so di non esserci riuscito», conclude. «Abbiamo anche ricevuto dei ringraziamenti, attestazioni di stima che ci hanno molto consolato in determinati momenti difficili. Ci sono poi state anche delle critiche, qualcuna giustificata, altre gratuite. Ma sono cose che, anche a 60 anni, aiutano a crescere».