Francesca Albanese: «Le sanzioni? In questo momento gli USA sono allergici alla giustizia»

«La notizia non sono io, ma il tentativo di silenziare le denunce di genocidio». Lo afferma Francesca Albanese, relatrice speciale dell'ONU per i territori palestinesi, in una intervista a Repubblica. La giurista italiana è finita sotto i riflettori dopo che l'Amministrazione Trump, tramite il segretario di Stato americano Marco Rubio, ha annunciato sanzioni contro di lei, in seguito a un rapporto scomodo nel quale descriveva il ruolo delle aziende internazionali, comprese quelle statunitensi, nell'assalto israeliano a Gaza.
Le pesanti accuse nei suoi confronti, tra cui quella di antisemitismo e di aver condotto una «campagna di guerra politica ed economica contro gli Stati Uniti e Israele», hanno suscitato parecchia indignazione, tanto da spingere l’eurodeputato sloveno Matjaž Nemec ha chiedere al Parlamento europeo di candidarla al Nobel per la Pace. E non solo, il presidente dei Consiglio dei diritti umani dell'ONU, l'ambasciatore svizzero Jürg Lauber, ha «deplorato» le misure restrittive USA, ammonendo i vertici della Casa Bianca per le «intimidazioni». Su change.org è invece spuntata una petizione per nominare Albanese al Nobel per la Pace, chiedendo al Governo italiano di Giorgia Meloni di «agire con decisione e risolutezza a sostegno della nostra compatriota. L'Italia non sta a guardare e le istituzioni italiane hanno l'obbligo di rispondere a chi cerca di mettere a tacere una voce coraggiosa».
Ma come risponde l’attivista per i diritti umani alle misure americane? Per Albanese, piuttosto che delle restrizioni, bisognerebbe parlare del fatto che «sono state ammazzate 60 mila persone a Gaza, fra cui 18 mila bambini». Le sanzioni USA, dal punto di vista pratico, le complicheranno la vita, ammette, ritenendosi comunque una «privilegiata occidentale, tecnicamente protetta dall’immunità diplomatica dell’ONU, mentre la gente a Gaza muore di fame, di stenti o sotto le bombe».,
La relatrice speciale dell'ONU, nel suo rapporto, ha denunciato come la guerra nella Striscia di Gaza non si fermi «per le ambizioni territoriali di Israele, sostenute dalle compagnie impegnate nei settori degli armamenti, sorveglianza, tecnologia, intelligenza artificiale, che si stanno arricchendo. E queste armi le stiamo comprando noi. Poi c’è il sistema creditizio, bancario, i fondi pensione, che hanno garantito il flusso costante di capitali necessario a finanziare le operazioni».
Inoltre, nei suoi 6 report per l'ONU, afferma di aver sempre fatto riferimento «alla necessità di investigare i crimini commessi. Mi riferisco alla detenzione arbitraria, il trattamento dei minori, il genocidio, chiedendo che la Corte penale internazionale accerti le responsabilità», sottolineando come gli USA «in questo momento sono un Paese allergico alla giustizia. Quindi impongono sanzioni contro la Corte, o chiunque cerchi di applicare la legge, usando tecniche intimidatorie reminiscenti della mafia. È il potere economico e politico che cerca di silenziare chi lo critica, dopo averlo ridicolizzato e diffamato».
Secondo la giurista, Israele «non ha il diritto di decidere cosa accade nei Territori palestinesi, di cui è la potenza occupante illegittima» e il premier Benjamin Netanyahu «merita di essere giudicato all’Aia».