Gas all'Europa: la Russia ha raddoppiato gli incassi da quando è iniziata la guerra
Non è un mistero, il Vecchio continente dipende dal gas russo. E non solo. Ma quanti soldi sono arrivati a Mosca dall'Unione europea da quando è iniziata la guerra? Dal 24 febbraio scorso, l'UE ha importato combustibili fossili da Mosca per 44 miliardi di euro. Dei 63 miliardi di euro intascati dalla Russia in questi due mesi, il 71% proviene proprio dalle casse europee. Nonostante i volumi delle importazioni da Est si siano ridotti a causa delle sanzioni, la Russia, complice l'impennata dei prezzi, già alti a causa della pandemia, ha quasi raddoppiato i suoi ricavi dalla vendita di combustibili fossili all'UE. È quanto emerge da un recente rapporto del Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA), anticipato negli scorsi giorni dal Guardian. Nello specifico, in tutto il 2021 la Russia ha guadagnato un totale di 140 miliardi di euro dalla vendita di fonti energetiche, cioè circa 12 miliardi di euro al mese. Tra febbraio e aprile di quest'anno, invece, sono arrivati 44 miliardi dalla sola Unione europea. La stessa che impone sanzioni e spedisce armi in Ucraina: un paradosso. I maggiori importatori al mondo di combustibili fossili russi sono stati: Germania (9,1 miliardi di euro), Italia (6,9 miliardi di euro), Cina (6,7 miliardi di euro), Paesi Bassi (5,6 miliardi di euro), Turchia (4,1 miliardi di euro) e Francia (3,8 miliardi di euro).

Serve un giro di vite
Secondo il CREA, le misure contro la Russia, senza un giro di vite sulle esportazioni, non avranno un effetto incisivo sull'avanzata delle truppe di Putin in Ucraina: «Le sanzioni economiche che minano la capacità, se non la volontà, del Cremlino di continuare la guerra in Ucraina sono una parte essenziale della risposta all'invasione. Queste sanzioni, tuttavia, sono minate dalle continue importazioni di combustibili fossili dalla Russia, in particolare quelle dell'UE». Insomma, la volontà europea di «mantenere la porta aperta alle spedizioni e ai pagamenti di combustibili fossili ha impedito sanzioni più ampie che pesassero maggiormente sulle banche russe e sulle istituzioni finanziarie. L'afflusso di denaro conta centinaia di milioni di euro al giorno, sostenendo il tasso di cambio del rublo e indebolendo così l'efficacia delle sanzioni». E questo nonostante le spedizioni di greggio dalla Russia verso i porti europei siano diminuite del 30% nelle prime tre settimane di aprile, rispetto a gennaio e febbraio (prima del 24, giorno dell'invasione). L’economista italiano Carlo Cottarelli, ex direttore del dipartimento Affari Fiscali del Fondo Monetario Internazionale, intervistato dal CdT lo scorso 8 marzo aveva lanciato l'allarme, dichiarando che con le importazioni di fonti energetiche, l'Occidente sta di fatto finanziando la guerra di Putin. Secondo l'economista, però «il blocco delle importazioni russe di gas e petrolio provocherebbe un danno molto forte ai Paesi occidentali, soprattutto a quelli che ne importano grandi quantità, come l’Italia e la Germania». Motivo per cui l'UE sta temporeggiando sul prossimo pacchetto di sanzioni che dovrebbe includere anche un embargo sulle fonti energetiche russe.
Mosca ha bisogno dell'Europa
L'Unione Europea sta cercando di rispondere alla crisi con soluzioni alternative: l'Italia, ad esempio, aumenterà le importazioni da Algeria e Qatar via navi gasiere. E a livello europeo si parla di nuovi obiettivi, politiche e misure in materia di energia pulita ed efficienza energetica, che avranno ovviamente tempistiche non proprio immediate: si parla di anni. Il CREA sottolinea come queste misure non avranno alcun effetto sulle entrate delle esportazioni russe a breve termine. Ma allo stesso tempo, Mosca non è in grado si sostituire facilmente un cliente come l'Europa, anche perché la maggior parte dei combustibili fossili viene trasportata nel Vecchio continente tramite gasdotti, con collegamenti che non possono essere deviati altrove, o in porti sul Mar baltico e Mar Nero. Per quanto riguarda greggio e carbone, la Russia farebbe fatica a trovare altri acquirenti, a causa della scarsità di raffinerie e impianti adibiti al loro utilizzo. Lauri Myllyvirta, capo analista del CREA, non ha usato mezzi termini e, citato dal Guardian, ha dichiarato: «Le continue importazioni di energia sono le maggiori lacune nelle sanzioni imposte alla Russia. Tutti quelli che acquistano combustibili fossili sono complici delle orrende violazioni del diritto internazionale perpetrate dall'esercito russo».