E-Commerce

Il dominio di Temu: dalla Cina arriva davvero di tutto, a prezzi stracciati

Se cerchiamo un qualsiasi prodotto online, quasi sicuramente i suggerimenti più in vista ci indirizzeranno verso app cinesi - Le strategie di marketing delle piattaforme stanno pagando
©Chiara Zocchetti
Paolo Galli
11.03.2024 06:00

L’idea è quella di acquistare un pacchetto di palloncini per una festa di compleanno. Digitiamo nel solito motore di ricerca: «Palloncini compleanno». «Enter». Il primo suggerimento ci offre cinquanta pezzi, cinquanta palloncini quindi, per un franco e 98 centesimi. Subito dopo, una cascata di palloncini rosa: novantotto pezzi. Prezzo? Sei franchi e 29 centesimi. La direzione è una soltanto: Temu. Fino a qualche mese fa, tra quei suggerimenti, quelli sponsorizzati su Google, avremmo probabilmente trovato Amazon, il magazine svizzero Galaxus e alcuni marchi della nostra grande distribuzione. Oggi no, a dominare è proprio Temu. Ci riproviamo digitando: «Candeline compleanno». Qua e là fa capolino qualche operatore nazionale, Migros, Manor, lo stesso Galaxus. Ma a dominare rimane Temu.

«Team up price down»

Che cos’è Temu? È il caso di spiegarlo. Anche perché tutto, in Rete, va veloce. Riprendendo la sua stessa definizione, «Temu è un’azienda di e-commerce che mette in contatto i consumatori con milioni di partner commerciali, produttori e brand. Temu si impegna a offrire prodotti di qualità a prezzi convenienti per aiutare i consumatori e i partner commerciali a realizzare i loro sogni in un ambiente inclusivo. Temu è stata fondata a Boston nel 2022». In realtà, però, tutto è partito da Shanghai e dalla PDD Holdings, un gigante dell’economia digitale cinese, che controlla anche Pinduoduo, piattaforma tecnologica incentrata sull’agricoltura. Temu, molto semplicemente, è una delle app più scaricate al mondo. E il suo nome è un acronimo: team up price down. Della serie: se fate squadra, i prezzi si abbassano. Vi si trova di tutto, e tutto a prezzi più che competitivi. Molto più che competitivi.

Sul mercato con aggressività

Per approfondire, abbiamo raggiunto Léna Pellandini-Simanyi. Professoressa all’USI, si occupa di cultura e sociologia dei consumi, ma anche dell’impatto della digitalizzazione nel comportamento dei consumatori. «Vanno distinti i prodotti cinesi dalle piattaforme cinesi. Temu, così come Shein e Wish, sono piattaforme di e-commerce. I prodotti “made in China” hanno già conquistato il mercato occidentale, trovando sbocchi sulle piattaforme occidentali. Oggi, la vera differenza è che a vendere questi prodotti sono direttamente le piattaforme cinesi. Nella catena del valore, la maggior parte del profitto non si realizza nella produzione, bensì nella vendita al dettaglio del prodotto. E allora, ciò a cui assistiamo, è la Cina che rivendica una fetta sempre maggiore di profitto, assumendo il controllo di altri anelli della catena, come la vendita al dettaglio, finora appannaggio delle aziende occidentali». Insomma, un cambiamento di paradigma decisivo.

Léna Pellandini-Simanyi ci ricorda come i suggerimenti più in vista per lo shopping online siano pubblicità «mirate» a pagamento. Ma ciò non toglie interesse alla faccenda, anzi. Seguiamo il suo ragionamento: «Il fatto che un consumatore svizzero veda soprattutto annunci di Temu o di Shein, quando cerca un prodotto, significa che queste aziende sono disposte a pagare di più per quegli spazi pubblicitari sui siti visitati dai consumatori svizzeri». Tradotto: «Vediamo questi annunci perché quelle piattaforme hanno aumentato massicciamente il loro budget di marketing e ora pagano più dei concorrenti occidentali per attirare la nostra attenzione. Parliamo di consumatori di tutto il mondo, non solo di quelli occidentali, in realtà». Interessanti sono anche le strategie di marketing. «Temu punta sugli incentivi ai consumatori affinché invitino gli amici. Shein invece utilizza gli influencer via social per promuovere il suo marchio».

«Non temono nessuno»

Chiediamo un’opinione anche ad Ale Agostini, fondatore di AvantGrade.com, tra i massimi esperti in Ticino in tema di marketing digitale. Ci fa notare come, anno su anno, Temu sia esplosa in termini di download, ma anche di fatturato, oltre che di crescita su Google. E come il suo primo mercato di riferimento sia quello americano (con il 40% del traffico), dove di fatto ha superato anche Shein in termini di utenti. «Con prezzi aggressivi e 12 milioni di pagine che coprono tutte le categorie, diversi clienti AvantGrade.com in Germania e Italia stanno preparando lo sbarco su Temu. Le chiavi del successo di Temu, lato marketing, sono un fortissimo presidio Google e social, da una parte, e una massiccia campagna di affiliazione tra la generazione dei giovanissimi dall’altra. Temu, per usare un gioco di parole, non teme nessuno, neanche Amazon».

Perché quei prezzi così bassi?

Torna sempre, il paragone tra il gigante americano e i rivali cinesi. Léna Pellandini-Simanyi sottolinea: «Le app cinesi offrono spesso prezzi più bassi rispetto a quelle occidentali, ma non è solo una questione di minore qualità». Anche se della minore qualità dei prodotti, in effetti, si discute moltissimo. «Hanno un modello commerciale diverso, che contribuisce a rendere i prodotti più economici. Shein non è, per esempio, una semplice vetrina online: coordina la produzione, gestisce le materie prime utilizzate per i prodotti, agisce come rivenditore e come inserzionista». E questa è un’autentica novità, nel settore. «Sì, perché in precedenza la catena era costituita dal produttore, dal rivenditore e dal “marketplace”; e ognuno traeva profitto prima che il prodotto arrivasse al consumatore. Temu e Shein sono piattaforme direct-to-consumer: eliminano gli intermediari della vendita e vendono i prodotti ai consumatori finali direttamente dai produttori. Shein, per esempio, collabora con oltre 5.000 produttori locali cinesi. Ciò significa che il consumatore non deve pagare l’intermediario». In secondo luogo, sui prezzi bassi, contribuisce un altro aspetto. «Le scorte. Grandi scorte possono portare le aziende ad accumulare molti articoli invenduti. Il che è un problema reale, nel mondo della moda, che cambia così velocemente. Le aziende di moda di maggior successo in Europa, come Zara, hanno già introdotto da tempo un sistema di supply chain agile e immediato: monitorano quali articoli sono richiesti dai consumatori nei negozi e producono in base alla domanda». Shein ha portato questo sistema a un livello completamente nuovo «e opera con scorte molto più piccole, il che significa costi inferiori». Il suo sito, come spiega la professoressa, «è progettato per tenere traccia di tutte le attività dei consumatori: gli articoli che guardano, i preferiti, gli acquisti e le recensioni. Sulla base dei dati, prevede le preferenze future e ordina di conseguenza gli articoli ai produttori attraverso il proprio centro di produzione digitale, in lotti molto piccoli». Il centro digitale impiega duemila dipendenti per prevedere e coordinare la progettazione, la fornitura e il marketing.

La qualità e chi ce l’ha

C’è anche un discorso legato alla qualità degli articoli. Le piattaforme cinesi avrebbero la colpa di una corsa al ribasso, non solo del prezzo, ma anche in termini qualitativi. Léna Pellandini-Simanyi ricorda che «la maggior parte dei marchi occidentali non produce i propri articoli in Occidente, ma in Cina, o in Bangladesh. Di per sé, il fatto che un articolo sia prodotto in Cina non significa che sia di bassa qualità». Vero. Ma c’è un «ma». La professoressa infatti aggiunge: «Se con qualità intendiamo non solo longevità e vestibilità, be’, ci sono alcuni problemi, con queste app». E continua: «Sono state accusate di violazione dei diritti umani, di lavoro forzato, ma anche di non rispettare gli standard ambientali nel processo di produzione. Nel 2021, il programma canadese di protezione dei consumatori aveva fatto esaminare i livelli di sostanze chimiche di tre rivenditori di fast-fashion, Zaful, AliExpress e Shein. Degli articoli esaminati, uno su cinque presentava livelli elevati di sostanze chimiche, tra cui piombo, PFAS e ftalati. Una giacca per bambini, acquistata da Shein, conteneva una quantità di piombo quasi 20 volte superiore a quella ritenuta sicura per la salute dei piccoli». E quindi, quali palloncini e quali candeline comperiamo?

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