Tensioni

Il Kazakistan teme di essere invaso dalla Russia?

L'ex repubblica sovietica ha aumentato la spesa militare e, parallelamente, stretto legami con Cina e Paesi NATO – Il tutto mentre i rapporti con Mosca sembrano ai minimi storici
Marcello Pelizzari
25.07.2022 17:30

E se dopo l’Ucraina toccasse a noi? Il ragionamento del Kazakistan, in fondo, segue una certa logica. Di più, non fa una piega. Tant’è che, come ha riferito il Wall Street Journal, l’ex repubblica sovietica sta aumentando in maniera netta e significativa la sua spesa per la difesa e, parallelamente, cercando legami più stretti tanto con la Cina quanto con i Paesi NATO. Il timore, insomma, è che le ambizioni di Vladimir Putin non si limitino a Kiev. Il Wall Street Journal, a tal proposito, ha citato un funzionario kazako.

L'aumento

Il Paese dell’Asia centrale investirà ulteriori 918 milioni di dollari, aumentando così di quasi 1,5 volte il suo budget per la difesa del 2021 (1,7 miliardi). Una parte dei fondi extra verrà adoperata per rafforzare le riserve militari.

Kazakistan e Russia, sin dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, hanno mantenuto rapporti di amicizia, oltreché di collaborazione. Basti pensare che, all’inizio del 2022, Mosca aveva inviato nel Paese forze militari per il mantenimento della pace in seguito a una serie di proteste antigovernative. La guerra in Ucraina, tuttavia, ha incrinato e non poco questo rapporto o, meglio, ha complicato le cose.

Nessun riconoscimento

Il Kazakistan, di base, ha tenuto una posizione neutrale rispetto al conflitto in corso. Rifiutandosi di offrire pieno sostegno alla Russia ma anche di aiutare, concretamente, l’Ucraina.

Invitato al Forum economico internazionale di San Pietroburgo e ritrovatosi a fianco dell’omologo russo Vladimir Putin, il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev ha precisato di non voler riconoscere la sovranità delle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk.

Un’uscita, questa, che ai più è sembrata un affronto diretto allo stesso Putin, sebbene questo riconoscimento sia stato garantito – a livello internazionale – soltanto da Corea del Nord e Siria (non esattamente due Paesi illuminati). Tradotto: la Russia poteva pure aspettarselo.

Fra blocchi e ritorsioni

La risposta russa alle esternazioni di Tokayev, tuttavia, non si è fatta pregare. Il Cremlino ha bloccato le esportazioni di petrolio kazako verso l’Europa. Esportazioni che passano dal porto di Novorossijsk, in Russia, sul Mar Nero. Il motivo? Presunte e non meglio precisate violazioni ambientali. Il blocco è stato agilmente risolto dal Kazakistan con un linguaggio tipicamente russo, quello delle ritorsioni e delle minacce: le autorità kazake hanno toccato un tasto dolente, quello delle importazioni parallele di Mosca attraverso i punti doganali del Kazakistan, annunciando l’intenzione di inasprire le normative al riguardo e di impedire, così, al Cremlino di mettere le mani su merci sanzionate.

Lo stesso Tokayev, a giugno, aveva spiegato che il suo Paese non avrebbe dovuto servire e inchinarsi «per sempre» alla Russia. A quale prezzo, però? Il timore di rappresagli, ha riferito la fonte kazaka al Wall Street Journal, sta crescendo più o meno ovunque nel Paese. A giusta ragione, considerando le mire espansionistiche e imperiali di Putin.

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