Ambiente

La lingua d'asfalto che taglia l'Amazzonia

Il governo del Brasile vuole asfaltare un'autostrada sterrata, permettendo così la distruzione di porzioni di foresta finora risparmiate – E Jair Bolsonaro esulta
Marcello Pelizzari
31.07.2022 10:20

L’Amazzonia, ahinoi, è sempre più spoglia. Un dato su tutti: la deforestazione, complici le politiche scellerate del presidente Jair Bolsonaro, ha raggiunto i livelli più alti dal 2008. Un disastro, già. Il governo brasiliano, però, vuole spingersi oltre. E sistemare, una volta per tutte, gli 870 chilometri dell’autostrada Br-319 che collega (in teoria) Manaus a Porto Velho e, di riflesso, al resto del Brasile. 

L’autorità per la protezione ambientale, a tal proposito, ha concesso un primo permesso per l’asfaltatura. La decisione, affermano gli ambientalisti, potrebbe avere conseguenze brutali e, va da sé, contribuire ulteriormente alla deforestazione dell’area.

In principio fu la dittatura

La Br-319 venne costruita negli anni Settanta dalla dittatura militare, verso la quale Bolsonaro non ha mai nascosto una certa nostalgia. Praticamente subito, tuttavia, le condizioni dell’autostrada peggiorarono a causa delle forti precipitazioni e della scarsa manutenzione. Il tracciato, oggi, in gran parte è costituito da terra battuta. Durante la stagione delle piogge, l’autostrada è inutilizzabile poiché, di fatto, si trasforma in una striscia di fango.

Secondo gli esperti ambientali, la pavimentazione consentirebbe ai taglialegna illegali come agli accaparratori di terreni di accedere con maggiore facilità ad aree remote e teoricamente incontaminate della foresta. Uno studio, citato dall’agenzia Reuters, ha stimato che il progetto provocherebbe un aumento di cinque volte della deforestazione entro il 2030, l’equivalente di un’area più grande della Florida. Una preoccupazione legittima, dunque, a maggior ragione se consideriamo che – secondo l’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile – la deforestazione sotto l’amministrazione Bolsonaro ha subito un’autentica accelerata. 

Nel primo trimestre del 2022, ad esempio, sono stati cancellati più o meno 941 chilometri quadrati di foresta. Cinque volte lo spazio occupato dalla città di Milano.

Le parole di Bolsonaro

L’Amazzonia, finora, aveva svolto un lavoro vitale per il pianeta grazie alla sua grande, grandissima capacità di assorbimento di CO2. Con la sua attività, infatti, ha permesso di rallentare il ritmo del riscaldamento globale. La continua deforestazione sta seriamente compromettendo questa funzione, storica, della foresta. Gli scienziati, non a caso, affermano che nei prossimi anni, visto l’andazzo, l’aumento delle temperature potrebbe crescere esponenzialmente. Gli esperti, in particolare, temono che l’Amazzonia sia prossima al cosiddetto punto di non ritorno: se venisse superato, la più grande foresta pluviale della Terra potrebbe seccarsi e trasformarsi in una savana.

Il rischio, però, sembra non interessare le autorità. Giovedì, il ministro delle Infrastrutture Marcelo Sampaio si è beato della licenza su Twitter. «In un allineamento di ingegneria e rispetto per l'ambiente, porteremo la società dello Stato di Amazonas fuori dall’isolamento», ha cinguettato. 

La licenza iniziale permetterà al governo brasiliano di appaltare alle aziende la pavimentazione del tratto centrale della strada, quello che versa nelle condizioni peggiori. Per iniziare la costruzione vera e propria, invece, servirà un altro permesso. Che, immaginiamo, a questo punto potrebbe arrivare senza troppe difficoltà.

E così, mentre l’Amazzonia muore ogni giorno un po’ di più, noncurante del pericolo e dei rischi il presidente Bolsonaro ha celebrato questa prima «vittoria» nel suo discorso settimanale in diretta streaming: «Spero che presto arrivi un’altra licenza e che il nostro Dipartimento dei Trasporti possa iniziare le gare d’appalto e i lavori di pavimentazione della BR-319». Si salvi chi può, è proprio il caso di dirlo.

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