La Russia sull'orlo della bancarotta: la guerra in Ucraina sta svuotando le casse del Paese

Sì, Vladimir Putin è sotto pressione. Intendiamoci: a esercitarla non è Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, una volta di più «fregato» dal leader del Cremlino. Semmai, è la realtà economica della Russia a suggerire che il presidente, da quando è iniziata la guerra su larga scala in Ucraina, è in bilico. La situazione, in effetti, è preoccupante: nel 2026, la Federazione Russa rischia un buco a livello di bilancio pari a 100 miliardi di dollari. Buco che, per la prima volta, rischia di farsi sentire. In particolare nelle fasce più povere della popolazione.
Diverse regioni russe, oramai, sono sull'orlo della bancarotta. Lo scorso 1. settembre, la Calmucchia aveva appena 496 mila dollari «messi da parte» mentre la città di Arkhangelsk aveva ancora lo 0,03% delle risorse ancora a disposizione. Di più, la regione di Belgorod era già al verde, stando all'agenzia di rating russa Expert RA. In 53 delle 89 regioni russe, i redditi sono diminuiti drasticamente lo scorso anno. In dodici regioni, ad esempio, sono stati tagliati gli stipendi degli insegnanti. Più di tre quarti del Paese sta affrontando una carenza di benzina, risultato degli attacchi mirati dell'Ucraina all'industria petrolifera russa. Nelle poche stazioni di servizio ancora aperte, le auto a volte restano in coda per ore e ore prima che i conducenti possano fare il pieno.
«Putin si sta scontrando con le sue stesse bugie» ha affermato al Blick Ulrich Schmid, esperto di Russia e professore di studi sull'Europa orientale all'Università di San Gallo. «Dal 2022, ha fatto credere al suo popolo che sta conducendo una operazione speciale in Ucraina che non ha alcun impatto sulla loro vita quotidiana». Ma i russi, o quantomeno non tutti i russi, non si lasciano ingannare. Secondo il Levada Center, un istituto di sondaggi indipendente russo, il 58% degli abitanti del Paese è molto preoccupato per l'aumento dei prezzi e punta il dito contro le operazioni militari in Ucraina. Al quadro, evidentemente, bisogna aggiungere le tasse. Sempre più alte. «Al momento, in effetti, il Cremlino sembra puntare soprattutto sull'aumento delle entrate statali, in particolare attraverso l'aumento delle tasse» ha continuato Schmid. In un momento in cui i servizi pubblici vengono meno, ai cittadini viene chiesto (sempre di più) di pagare per la guerra, che continua a drenare circa un terzo del bilancio statale.
Mosca, in questo senso, intende aumentare l'IVA dal 20% al 22% il prossimo 1. gennaio. Inoltre, sono state aumentate le imposte sul reddito e sulle piccole-medie imprese. Dal prossimo anno, una parte importante di questi fondi andrà alla polizia e alla sicurezza interna. Putin vuole destinare 47 miliardi di dollari alle forze dell'ordine, ovvero quanto i bilanci dell'istruzione e della sanità messi insieme. È un segno che teme la rabbia popolare? «Vladimir Putin ha lavorato per 25 anni per depoliticizzare la società» ha ribadito Schmid. Ma per la prima volta la guerra in Ucraina, che è alla base del buco nelle casse dello Stato, potrebbe ribaltare la situazione. «Il Cremlino tiene ancora d'occhio l'umore della popolazione russa e sembra chiaro che la finestra di opportunità per la guerra in Ucraina si stia gradualmente chiudendo». Anche le misure penali internazionali, come l'esclusione delle banche russe dai sistemi di pagamento globali, e gli attacchi ucraini all'industria petrolifera stanno avendo un effetto, sebbene tardivo.
Per gli strateghi militari russi, infine,il calo dei bonus pagati ai soldati dopo la firma del contratto è particolarmente preoccupante. In almeno tre regioni – Belgorod, Ciuvascia e Tatarstan – questi pagamenti sono stati ridotti del 75%. La decisione rischia di complicare ulteriormente il compito di Putin, che già fatica a reclutare volontari per finanziare la sua costosa guerra.
