Il ricordo

La Strage di Capaci, trent'anni dopo

Il 23 maggio 1992 Cosa Nostra dichiarava guerra allo Stato – Siamo tornati allo svincolo dell'attentato
Amedeo Gasparini
21.05.2022 16:00

Tutti la chiamiamo Strage di Capaci; quell’attentato terroristico-mafioso ordito da Cosa Nostra il 23 maggio 1992, trent’anni fa. E che ha visto coinvolti il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, gli agenti Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Tuttavia, il delitto avvenne al confine con il comune di Isola delle Femmine, tra l’aeroporto di Punta Raisi e Palermo. Per uccidere il magistrato simbolo dell’antimafia, Cosa Nostra ha compiuto un vero e proprio atto di guerra, preparato nei minimi dettagli. Al passare delle tre auto dirette verso il capoluogo siciliano quel pomeriggio di trent’anni fa, il tritolo in un cunicolo sotto il manto autostradale esplose sulla A29, in corrispondenza del passaggio del giudice. Ventitré i feriti, cinque i morti. La mafia che alzava la voce rappresentò un altro elemento che destabilizzò ulteriormente l’Italia del tempo. Quel pomeriggio, un sottile pioggerellina calò su Palermo in lutto. 

Una dichiarazione di guerra

Con la Strage di Capaci, Cosa Nostra dichiarava guerra allo Stato, già in ginocchio per diverse questioni. L’inchiesta di Mani Pulite si stava espandendo a macchia d’olio sulla classe politica e imprenditoriale. Il Parlamento stava cercando di eleggere il Presidente della Repubblica, tra le indecisioni dei partiti. L’Italia fresca della firma a Maastricht era in crisi economica e prossima all’uscita dallo SME. L’attentato contro Falcone, simbolo della lotta contro il crimine organizzato, fu uno dei più efferati di Cosa Nostra, ma non fu una sorpresa né per il giudice né per i suoi amici. Falcone sapeva di essere vulnerabile: decise lo stesso di continuare a fare il suo lavoro tra Palermo e Milano; tra le pressioni dei colleghi in senso contrario. Capaci e Palermo sono cambiate parecchio in trent’anni. L’autostrada che collega il capoluogo siciliano all’aeroporto – che oggi ha il nome di Falcone e Paolo Borsellino – era immersa nel verde. 

Villette e cani

Oggi allo svincolo dell’attentato, ci sono molte villette che la costeggiano. I cani abbaiano quando si passa a piedi per visitare il luogo della memoria sul lato destro dell’autostrada. Qui le vie sono tutte intitolate ai cinque morti della Strage. Al memoriale si arriva a piedi dalla ferrovia, che ferma a poche centinaia di metri dalla spiaggia limpida di Capaci. Verso il complesso montuoso, un giardino di ulivi e due obelischi onorano i nomi delle vittime. Un murales ritrae in primo piano gli occhi di ragazze e ragazzi: anche a loro il compito di traghettare nel futuro la memoria della Strage e la lotta al crimine. Nel giardino, coperto da struttura scura, una passerella in legno e una teca dove un tempo erano esposti i resti dell’automobile della scorta di Falcone. La macchina accartocciata si trova oggi a Roma, alla scuola di formazione degli agenti di polizia penitenziaria. 

Onestà e coraggio

Visitare il giardino della memoria e camminare sulla piazzetta dei martiri invita passanti e turisti a riflettere sull’importanza di compiere il proprio lavoro, in maniera onesta e coraggiosa, nonostante le pressioni esterne. Il parco degli ulivi è un luogo di libertà ed emancipazione: di riscatto rispetto alla paura della Mafia. Oggi come allora. Dal tetto che copre la passerella filtra il sole da un cielo azzurro e passa il calore della bella stagione. I cartelli verdi dell’autostrada che indicano la via per Palermo e lo svincolo per Capaci sono nella stessa posizione di trent’anni fa. Allora divennero oggetto di numerose fotografie che hanno fatto la Storia dell’epoca. Nell’immaginario collettivo non si possono dimenticare per via delle numerose rievocazioni nei libri sull’argomento. Ai piedi delle montagne, una piccola casetta con una scritta: «NO MAFIA». 

Falcone sapeva

Qui, tra le stazioni di benzina e i supermercati, è dove Cosa Nostra azionò il tritolo a distanza con micidiale puntualità. Falcone sapeva che sarebbe morto, ma non era preoccupato: continuò a fare il suo lavoro. Osteggiato in vita da parecchi colleghi, oggi è un martire della Repubblica. Al tribunale di Palermo, la Piazza della Memoria ricorda il suo nome; quello di Pietro Scaglione, Gaetano Costa, Rocco Chinnici, Cesare Terranova. Sulla Sampolo, non lontano da Via D’Amelio dove perì Borsellino, un altro murales: è Falcone che osserva i passanti, guarda la sua Palermo, scruta la Mafia. La fondazione che porta il nome di Giovanni, voluta dalla sorella Maria Falcone, ha come obiettivi primari l’educazione alla legalità e la lotta contro il crimine organizzato. Oggi a Palermo e a Capaci si tengono numerose attività in commemorazione della Strage. Non a caso, il 23 maggio è la Giornata della legalità. 

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