L'ultimo saluto a Mikhail Gorbaciov, fra nostalgia e grandi assenti
Non è stato un vero e proprio funerale di Stato, ma c’era molta gente a Mosca, oggi, per l’ultimo saluto a Mikhail Gorbaciov. Tant’è vero che, alla fine della cerimonia, dopo circa tre ore e mezza, c’erano ancora diverse persone in attesa di rendere omaggio a una delle figure più importanti del Novecento. Ne mancava una: Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa nonché primo, primissimo esponente del partito di chi, a Gorbaciov, imputa la caduta dell’Unione Sovietica e la fine di un’epoca.
Accanto alla moglie
La cerimonia si è tenuta nella monumentale e imponente Sala delle colonne, all’interno della Casa dei sindacati. Un luogo carico di storia e significato, dal momento che ha ospitato i funerali (di Stato, nel loro caso) di Lenin e Stalin. Gorbaciov, leggiamo, riposerà accanto all’amata moglie Raisa nel cimitero di Novodevichy. Vi si trovano altri nomi illustri: Krusciov e Elstin, ma anche Bulgakov, Chekhov, Gogol, Shostakovich e il maestro del cinema Eisenstein.
Amato e lodato in Occidente, al punto da diventare un’icona pop fra campagne pubblicitarie di grido e serenate napoletane, Gorbaciov non ha goduto dello stesso trattamento in patria. Agli occhi di molti, le sue riforme hanno provocato il crollo dell’URSS e, allargando il campo, favorito il caos economico, sociale e pure politico dal quale è emersa la figura di Vladimir Putin, sorta di salvatore dei «poveri russi» orfani di un’identità nazionale.
Le parole di Putin e Peskov
Proprio Putin, dicevamo, non ha certo usato parole al miele nei confronti di Gorbaciov (quando era in vita). Incolpandolo, appunto, per la dissoluzione del cosiddetto impero sovietico. L’attuale leader del Cremlino ha definito la fine dell’Unione come «la più grande catastrofe geopolitica» del ventesimo secolo. Promettendo, allo stesso tempo, di fare il massimo per ripristinare il prestigio perduto della Russia, un tempo superpotenza mondiale.
Putin aveva reso omaggio a Gorbaciov giovedì, deponendo un mazzo di rose accanto alla bara aperta. E lasciando intendere che non avrebbe preso parte al funerale. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha motivato l’assenza facendo leva sulla fitta agenda di lavoro del presidente. Lo stesso Peskov, nel commentare la morte di Gorbaciov, ha usato toni duri. Questa, per dire, è stata la sua frase più conciliante: «È stato una personalità molto complessa, sfaccettata e spesso contraddittoria che ancora provoca accesi dibattiti nella nostra società».
Più cose buone che cattive
Sabato, con compostezza e dignità, centinaia di persone si sono messa in fila all’esterno della Casa dei sindacati per omaggiare l’ultimo leader dell’Unione Sovietica. All’interno, la bara con il corpo era affiancata da due soldati. In disparte la famiglia, tra cui la figlia Irina e le due nipoti.
I cittadini comuni hanno lasciato fiori e scattato fotografie. Ai cronisti delle agenzie occidentali presenti, fra cui Reuters, alcuni hanno detto di voler ringraziare Gorbaciov per aver portato la democrazia in Russia e, ancora, per aver aperto il Paese al mondo. Una donna, per contro, ha accennato una polemica spiegando che un personaggio simile avrebbe meritato un addio adeguato. «Penso abbia fatto più cose buone che cattive» le sue parole. «La vecchia generazione che è qui si ricorda di lui ed è venuta a salutarlo».
Nessuna classificazione
Il Cremlino non ha voluto dare una classificazione ufficiale all’ultimo saluto limitandosi, tramite Peskov, a indicare la presenza di «elementi di un funerale di Stato». Citiamo, a tal proposito, l’assistenza delle autorità nell’organizzazione. Sebbene avesse parlato a favore dell’annessione della Crimea, negli ultimi anni Gorbaciov era diventato piuttosto critico nei confronti di Putin e del suo regime, sempre più restrittivo in termini di libertà concesse ai cittadini e, peggio ancora ai suoi occhi, alla stampa. Malato, l’ex leader sovietico non aveva commentato la decisione di Putin di muovere guerra all’Ucraina mentre la sua fondazione ha più volte invitato alla pace al grido «non c’è nulla di più prezioso al mondo delle vite umane».
Gorbaciov, in questo senso, condivide un destino simile con Krusciov: deposto per il suo tentativo di sabotare le riforme staliniane, morì nel 1971 dopo aver vissuto in isolamento. Il funerale si tenne in segretezza. Niente a che vedere con Eltsin, la cui morte venne accompagnata da una giornata di lutto nazionale: ai funerali parteciparono diversi leader mondiali, dagli ex presidenti statunitensi Bush e Clinton a quello polacco Lech Walesa, oltre ovviamente a Putin.
Complice la guerra e, parallelamente, complici le sanzioni applicate dalla Russia a mo’ di ritorsione per quelle occidentali, centinaia di funzionari politici non potevano entrare nel territorio della Federazione per partecipare alle esequie. Pochi, pochissimi i dignitari presenti: il primo ministro ungherese Viktor Orbán e l’ambasciatore statunitense in Russia John Sullivan. Fronte interno, ha sorpreso (quasi) la presenza di Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa nonché acceso sostenitore dell'invasione dell'Ucraina e acceso contestatore dell'Occidente. Lo stesso Occidente che Gorbaciov, invece, aveva abbracciato.