Il caso

Olaf Scholz e quel tentativo (maldestro) di includere la Cina nella Conferenza sull'Ucraina

Il cancelliere tedesco, su X, ha parlato di sforzi congiunti con Xi Jinping per promuovere il vertice in Svizzera e futuri incontri – Il Ministero degli Esteri cinese, però, non ha gradito: «Serve una Conferenza riconosciuta da Russia e Ucraina»
© XINHUA / XIE HUANCHI
Marcello Pelizzari
17.04.2024 17:00

A febbraio, ci aveva provato il consigliere federale Ignazio Cassis. Ora, il tentativo è stato fatto dal cancelliere Olaf Scholz, durante la sua visita a Pechino. L'obiettivo? Convincere la Cina ad aderire alla Conferenza di pace sull'Ucraina in programma il 15 e 16 giugno al Bürgenstock. Entrambi, tuttavia, non hanno centrato lo scopo. 

Di più, il Ministero degli Esteri cinese, tramite il portavoce Lin Jian, è perfino corso ai ripari dopo un (improvvido?) post di Scholz su X. Nel quale, in sostanza, annunciava che il presidente Xi Jinping aveva accettato di sostenere il vertice. «Il presidente Xi e io abbiamo concordato che Cina e Germania vogliono coordinarsi con intensità e positivamente per promuovere l'organizzazione della Conferenza di alto livello in Svizzera e di future conferenze internazionali sulla pace dell'Ucraina» le parole usate da Scholz. Apriti cielo, più o meno. Lin Jian ha spiegato che, in realtà, «secondo quanto ci risulta l'incontro è ancora in preparazione e c'è ancora molto lavoro da fare». Di nuovo: «La Cina ritiene che qualsiasi conflitto debba essere risolto attraverso i canali diplomatici e i negoziati politici». Tradotto: «l'unica via d'uscita dalla crisi ucraina è al tavolo dei negoziati», convocando «una conferenza internazionale di pace a tempo debito, riconosciuta da Russia e Ucraina, con la partecipazione paritaria di tutte le parti». Tradotto bis: capito, Herr Scholz?

Il post di Scholz, in effetti, ha creato non poca confusione. O, meglio, ha dato (false) speranze. In primis al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che nel commentare le parole del cancelliere tedesco, ieri, ha dichiarato: «Il ruolo attivo della Cina può certamente accelerare i nostri progressi» sulla strada della pace. Anche la Svizzera padrona di casa, attraverso il Dipartimento federale degli affari esteri, martedì ha mostrato non poco interesse a quanto comunicato da Scholz. Rilevando «con grande interesse» che la Conferenza «è stata oggetto di discussioni ufficiali a Pechino».

Detto delle precisazioni, la questione se la Cina parteciperà o meno al vertice è aperta. Pechino, in ogni caso, ha ribadito la sua posizione: non ci sarà pace, o non potrà esserci, senza la presenza di Mosca al tavolo. Durante l'incontro avuto con Scholz, il leader cinese ha proposto i suoi quattro principi sulla crisi ucraina. Nello specifico, il presidente cinese ha detto di dare priorità al mantenimento di pace e stabilità rispetto a «guadagni egoistici»; al raffreddamento della situazione evitando di aggiungere benzina sul fuoco; alla creazione di condizioni per ripristinare la pace e lo stop all'inasprimento delle tensioni; alla riduzione ulteriore «dell'impatto negativo sull'economia mondiale».

Dopo l'annuncio ufficiale, il Consiglio federale è finito nell'occhio del ciclone. Ricevendo non poche critiche, anche all'interno della Confederazione ma soprattutto all'esterno. L'idea di un vertice ad ampio respiro, coinvolgendo in particolare il cosiddetto sud del mondo o, se preferite, Paesi vicini alle posizioni e all'idea di pace della Russia, al momento, non sembra aver fatto breccia. La stessa Russia ha risposto con un categorico niet. Vladimir Putin, addirittura, si è spinto oltre. Definendo la Conferenza un «fenomeno da baraccone». «Adesso, come sapete, si sta diffondendo l'idea di tenere una specie di conferenza in Svizzera» ha spiegato il presidente russo a margine di un incontro con l'omologo bielorusso Alexander Lukashenko, lo scorso 11 aprile. «Lì non siamo invitati, inoltre pensano che non dovremmo essere lì, mentre dicono che senza di noi è impossibile decidere qualsiasi cosa. E poiché non andremo lì, questo è solo una sorta di panopticon e loro dicono che ci rifiutiamo di parlare». «Il processo negoziale senza la Russia non ha senso e, in effetti, è un processo negoziale a vuoto» aveva invece detto, poche ore prima di Putin, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. «Per prima cosa bisogna capire di cosa stiamo parlando, di che tipo di formula di pace, questa è la prima cosa. In secondo luogo, abbiamo ripetutamente affermato che, ovviamente, il processo negoziale senza la Russia non ha senso e, in effetti, è un processo negoziale vano». Il leader del Cremlino ha aggiunto che la Russia, di per sé, «è pronta ai colloqui sull'Ucraina». Ma alle sue condizioni, di fatto. Quantomeno, senza che a Mosca venga imposta «alcuna posizione non basata sulla realtà». Di più, Putin ha spiegato che Kiev, «il nemico», «si è messo all'angolo quando ha rifiutato i negoziati nella speranza di sconfiggere la Russia sul campo di battaglia».

Riassumendo al massimo, Putin ritiene che la Svizzera, oltre ad aver perso la sua neutralità, tenga conto solo e soltanto della posizione ucraina. Ma lo scetticismo non riguarderebbe soltanto Mosca e i Paesi filo-russi. Uno scetticismo che, eventualmente, la presenza della Cina potrebbe scacciare. E questo perché Pechino vanta un'amicizia «senza confini» con Mosca, al punto che Xi ha definito Vladimir Putin un «vecchio amico» e, ancora, perché la Cina ha una forte, fortissima influenza sul citato sud del mondo. Tradotto tris: Pechino potrebbe spingere altri Paesi, come i BRICS e in particolare Brasile, India e Sudafrica, a sposare con convinzione la Conferenza. Prima, però, dovrebbe credere nella bontà del progetto presentato dalla Svizzera.