Perché Burger King non riesce proprio a lasciare la Russia?
Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, la pressione sui grandi brand occidentali si è fatta sempre più forte. In molti hanno provato a lasciare il Paese di Putin, ma la questione, con il passare dei mesi, si è rivelata più complicata del previsto. Se, ad esempio, realtà come McDonald’s o Starbucks hanno svenduto le proprie attività, lo stesso non può dirsi per tanti altri player internazionali. Uno studio dell’Università di San Gallo e dell'IMD di Losanna, pubblicato alla fine gennaio 2023, mostrava come, nonostante le intenzioni dei gruppi occidentali, non vi sia stata una fuga di massa dalla Russia, soprattutto perché non è semplice risolvere le pratiche relative al disinvestimento nel Paese.
A tal proposito, Niccolò Pisani, professore di strategy and international business presso l'IMD di Losanna, lo scorso gennaio spiegava al CdT: «Possono esserci casi in un cui le aziende hanno dichiarato di volersene andare, quindi intenzionate a chiudere o vendere la sussidiaria, poi però non riescono a trovare un compratore. Oppure devono andare incontro a tutta una serie di pratiche relative al disinvestimento. Molte aziende stanno trovando grossi problemi ad andarsene, perché lo stesso Governo russo può intervenire per evitare che i disinvestimenti vengano conclusi. E ancora, ci sono poi gli impegni contrattuali e tutta una serie di obblighi di natura legale. Insomma, le ragioni per non aver completato l'uscita sono molteplici». Burger King farebbe parte del gruppo di aziende che vorrebbero andarsene: la catena di fast-food è ancora attiva in Russia, nonostante il proprietario del marchio stia cercando da più di un anno di lasciare il Paese.
Restaurant Brands International (RBI), compagnia statunitense-canadese che possiede il 15% delle attività in franchising di Burger King Russia, ha fatto sapere alla BBC di non avere «nessun nuovo aggiornamento da condividere in questo momento». Burger King, di fatto, non si muove da lì a causa di un complicato accordo di franchising: una joint venture con altri tre partner per un totale di circa 800 ristoranti. Il presidente di RBI, David Shear, nel marzo del 2022 aveva dichiarato di aver avviato il processo per lasciare il Paese, spiegando che il principale operatore di Burger King in Russia si era «rifiutato» di chiudere i punti vendita in seguito ai primi attacchi all'Ucraina. Da allora, dopo 18 mesi, nulla si è mosso.
E non mancano le critiche. Steven Tian, ricercatore dell’Università di Yale facente parte di un gruppo che monitora ciò che le aziende fanno in risposta alla guerra in Ucraina, ha definito «una scusa» il fatto di usare gli accordi di franchising per non abbandonare la Russia, portando ad esempio Starbucks. La RBI viene accusata di sostenere il «regime di Putin», ma si difende dicendo di essere bloccata da accordi di franchising, che se abbandonati unilateralmente, porterebbero a possibili citazioni in giudizio per violazione del contratto, nonché a danni alla reputazione del brand. Di più, un portavoce della società ha fatto sapere che tutti gli investimenti sono congelati e Burger King non sta realizzando profitti in Russia dall’inizio del 2022. Tuttavia, secondo Mark Dixon, fondatore della Moral Rating Agency, una agenzia che fa campagna contro le aziende che fanno affari in Russia, «RBI dovrebbe rompere i suoi accordi, accettando il rischio legale, per fare la cosa giusta».