Perché il 9 maggio è importante per Putin?
Nove maggio. Non stiamo citando una fortunata canzone di Liberato, ma una data simbolo per la Federazione e, di riflesso, Vladimir Putin. È il giorno in cui, ogni anno, la Russia celebra la resa della Germania nazista nel 1945. Una vittoria, anzi la vittoria.
Il presidente francese Emmanuel Macron, venerdì, non ha nascosto la sua preoccupazione davanti ai microfoni. Il nove maggio, questo nove maggio, potrebbe assumere un significato diverso. Nuovo. Anche l’intelligence americana, in questo senso, concorda: Putin vorrà festeggiare anche il successo in Ucraina e, nello specifico, la cosiddetta «liberazione» del Donbass.
Una commemorazione, ma non solo
La data, dicevamo, è un simbolo. E un pretesto. Per la Russia, per tutta la Russia, è il «Giorno della Vittoria». Ma non si tratta (solo) di una commemorazione. È altresì una vetrina, o se preferite una dimostrazione di forza del Cremlino. Pensiamo alla parata, il modo migliore per rafforzare la narrazione sulle capacità militari del Paese e per riaffermare lo status di superpotenza mondiale.
In tempi di pace, oltre 10 mila soldati e veicoli militari russi sfilano nella maestosa cornice di Piazza Rossa, il cuore di Mosca, dopo un discorso impregnato di propaganda del Capo dello Stato. Un discorso che richiama pure il prezzo, pesantissimo, pagato dall’Unione Sovietica durante la Seconda guerra mondiale: le stime parlano di 20 milioni di morti.
Prima forza a entrare a Berlino, l’Armata Rossa pretese la firma di una seconda capitolazione dopo quella di Reims, firmata l’otto maggio alle 19.45. Il nove maggio, secondo il fuso di Mosca.
La pretesa di un risultato
Settantasette anni dopo, nel mezzo di una guerra assurda e sanguinosa in Ucraina, Putin insiste: pretende un risultato. Anzi, ai suoi occhi non è ammissibile presentarsi davanti al popolo russo, il nove maggio, senza un esito positivo dell’operazione militare speciale. A maggior ragione se la propaganda e le falsità del Cremlino hanno insistito proprio sulla necessità di «denazificare» Kiev. Una narrazione, questa, costruita mattone dopo mattone proprio facendo leva sul prezzo pagato dalla Russia nella Seconda guerra mondiale. Chiamatela pure mistificazione.
La strategia, lo avevamo scritto, è dunque cambiata. Mosca ha confermato il ritiro da Kiev e altre città a nord. Il nuovo obiettivo? Riorganizzare le truppe e lanciare un’offensiva, violenta, a est, per assicurarsi appunto le province separatiste di Lugansk e Donetsk.
Appare chiaro, ad ogni modo, che Putin citerà l’Ucraina durante il suo discorso. Nel 2014, la Crimea entrò a far parte del discorso e, di riflesso, nell’immaginario russo.

Al servizio del potere
Il nove maggio, con il passare degli anni, è diventato uno strumento al servizio del potere. Da una parte i festeggiamenti, dall’altra i media statali che trasmettono e ritrasmettono immagini della Seconda guerra mondiale.
A fare di questa data un simbolo, leggiamo, fu Leonid Breznev nel 1965: una grande, immensa festa patriottica per ridare slancio al comunismo. Non a caso, negli anni Novanta le celebrazioni passarono in secondo piano mentre con l’ascesa di Putin sono tornate al centro del discorso e della rappresentazione del potere.
La cerimonia, con l’attuale presidente, ha assunto toni sempre più ingessati e codificati. Specchio del potere e del suo indurimento.
Quest’anno, la parata potrebbe celebrare gli «eroi» caduti in Ucraina come i «liberatori» del Donbass. Con tutti i simboli, attuali e meno attuali, che stanno caratterizzando la narrazione russa: l’oramai famigerata Z, ma anche il nastro di San Giorgio legato tanto all’Impero Russo quanto all’Unione Sovietica, un modo per esprimere la propria vicinanza alle forze armate e soprattutto al governo.
Putin, riassumendo, cercherà di stabilire un legame tra un evento come la Seconda guerra mondiale e il presente, ovvero l’Ucraina.
E l'Ucraina?
Il nove maggio verrà vissuto con trasporto anche in Ucraina. Un trasporto differente, però. O meglio: dopo l’annessione della Crimea e lo scoppio della guerra nel Donbass, nel 2014, Kiev decise (dal 2015) di celebrare la fine della Seconda guerra mondiale l’otto maggio, il giorno prima, unendosi idealmente al «fuso europeo».
Non solo, gli ucraini di anno in anno festeggiano la fine della Seconda guerra mondiale e non, come i russi, la vittoria nella cosiddetta Grande guerra patriottica come viene definita a Mosca. Una distanza rispetto alla narrazione del Cremlino che l’assenza di parate, beh, rende ancora più profonda.