Perché il ritorno di McDonald's in Ucraina è importante
La leggenda vuole che gli ucraini, desiderosi di lasciarsi alle spalle il grigiore dell’epoca sovietica, a suo tempo avessero letteralmente invaso il primissimo McDonald’s aperto nel Paese, a Kiev. Era il 1997 e il ristorante venne aperto dopo 99 giorni di lavori. Chiamatelo sogno americano. A basso costo e con un contorno di patatine fritte.
Non stupisce, quindi, che la notizia della riapertura di alcune filiali in Ucraina, dopo mesi e mesi di guerra, sia stata accolta con entusiasmo dalla popolazione. Da un lato un altro, importante segnale di normalità; dall’altro, appunto, l’amore che lega gli ucraini al loro ristorante preferito.
L'impatto delle chiusure
«Il Mac sta tornando» ha scritto, fra gli altri, il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba. Una notizia, anche in rapporto all’addio della catena alla Federazione Russa, con tutte le conseguenze del caso per i clienti (ora costretti ad arrangiarsi con un fac-simile).
Giovedì, il colosso statunitense ha annunciato di aver deciso di «mettere in atto un piano graduale per la riapertura di alcuni ristoranti a Kiev e nell’Ucraina occidentale, dove altre attività hanno riaperto in sicurezza». I punti vendita in Ucraina, in seguito all’invasione del Paese da parte dell’esercito russo, erano stati chiusi. McDonald’s, va da sé, ha pagato a caro prezzo i riflessi del conflitto. Le chiusure momentanee in Ucraina e l’addio, definitivo, alla Russia hanno provocato un -46% a livello di utile netto (1,2 miliardi di dollari) nel secondo trimestre del 2022.
McDonald’s, con un gesto di solidarietà che potremmo definire estremo, durante la chiusura forzata ha continuato a pagare gli oltre 10 mila impiegati in Ucraina.
Come KFC, Pizza Hut, Nike e Zara
Ora, appunto, si tratterà di riavviare le operazioni dove possibile. A Kiev, innanzitutto. Poi a ovest, sebbene non sia chiarissimo, ancora, quante delle 109 sedi pre-guerra potranno riaprire. McDonald’s, nella decisione, ha tenuto conto altresì della volontà dei dipendenti, desiderosi di tornare al lavoro e, al pari dei clienti, di recuperare un minimo di normalità dopo mesi quantomeno complicati. «Abbiamo parlato a lungo con i nostri dipendenti» ha scritto McDonald’s, aggiungendo che i lavoratori «hanno espresso un forte desiderio di tornare al lavoro e di vedere riaprire i nostri ristoranti in Ucraina, laddove è sicuro e responsabile farlo».
Si tratta, manco a dirlo, anche di un segnale forte dato all’economia del Paese. Kuleba, a tal proposito, ha salutato il ritorno di, citiamo, «una grande azienda americana» nella speranza che altre torneranno. Un aiuto diverso rispetto all’invio di armi, insomma, necessario alla sopravvivenza «della nostra economia in tempi di aggressione russa».
Rimanendo al cibo, il proprietario dei marchi KFC e Pizza Hut, Yum Brands, a inizio mese aveva affermato che quasi tutti i suoi punti vendita nel Paese avevano riaperto. Anche Nike e Zara hanno fatto ritorno, al pari di molte ambasciate straniere.
La moratoria sul debito
Eppur si muove, dunque. Nonostante la guerra e, di riflesso, nonostante l’incubo della Russia ancora presente. L’Ucraina, detto di McDonald’s, ha pure strappato una moratoria di due anni sul debito estero, stimato in 20 miliardi di dollari. I creditori hanno accettato di ritardare i pagamenti fino al 2024, dando così ossigeno al Paese.
A tal proposito, il premier Denys Shmyhal ha affidato a Twitter la sua soddisfazione, specificando che la moratoria consentirà all’Ucraina di mantenere stabilità macrofinanziaria e rafforzare la redditività economica.
È verosimile che, presto, le autorità ucraine festeggeranno questo traguardo godendosi un Big Mac.