Perché Zohran Mamdani non piace al Governo israeliano (e divide gli ebrei di New York)

In un mondo polarizzato più che mai sulla tragedia umanitaria in atto nella Striscia di Gaza, pure l’elezione del sindaco di New York diventa un caso legato alla questione israelo-palestinese.
Già ben prima della vittoria nella Grande Mela, il socialista Zohran Mamdani era finito nel mirino del Governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu per via delle sue posizioni apertamente filo-palestinesi. Dopo lo straordinario risultato elettorale, raggiunto con il 56% delle preferenze dei newyorkesi, il ministro israeliano alla Diaspora, Amichai Chikli, lo ha definito un «sostenitore di Hamas», invitando «la comunità ebraica residente nella città a considerare l’opzione di tornare nella Terra d’Israele». Chikli ha sentenziato su X: «La città che un tempo era simbolo di libertà globale ha consegnato le chiavi a un sostenitore di Hamas, a qualcuno le cui posizioni non sono lontane da quelle dei fanatici jihadisti che, 25 anni fa, uccisero tremila dei suoi concittadini», riferendosi agli attentati alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001.
Le posizioni di Mamdani, 34enne musulmano nato in Uganda da genitori di origini indiane, rispetto alla guerra tra Israele e Hamas, divampata dopo gli attentati del 7 ottobre 2023, sono sempre state chiare. Il neoeletto sindaco ha accusato lo Stato ebraico di aver commesso un genocidio nella Striscia di Gaza, dichiarando che se avesse potuto avrebbe aderito al mandato di arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale nei confronti del premier Benjamin Netanyahu. Dichiarazioni, queste, condannate non solo da Israele, ma pure dai suoi avversari di campagna elettorale Andrew Cuomo e Curtis Sliwa.
Il ministro israeliano della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha poi rincarato la dose, affermando: «L’antisemitismo ha trionfato sul buon senso. Mamdani è un sostenitore di Hamas, un nemico di Israele e un dichiarato antisemita». Mentre Avigdor Lieberman, leader del partito nazionalista Israel Beytenu, nonché ex ministro della Difesa, ha scritto su X che «New York ha scelto come sindaco un razzista, un populista e un dichiarato islamista sciita».
Nel giorno del voto, contro il sindaco dem, è intervenuto anche il console generale di Israele a New York, Ofir Akunis. Secondo l’ex ministro del Likud, Mamdani rappresenta un «chiaro e immediato pericolo per la comunità ebraica» di New York a causa del suo sostegno alle manifestazioni pro-pal in città, definendo la sua elezione una «minaccia per le istituzioni ebraiche e le sinagoghe, la maggior parte delle quali sono sorvegliate dal Dipartimento di Polizia di New York».
A New York giudizi più cauti
Se le critiche più feroci al primo sindaco musulmano di New York giungono da Israele, decisamente più cauta è la comunità ebraica della Grande Mela, a cui Mamdani ha rivolto un appello appena dopo l’elezione: «Costruiremo un Municipio che resti saldo al fianco degli ebrei newyorkesi e non vacilli nella lotta contro il flagello dell'antisemitismo». Dopo queste parole, rileva il New York Times, la World Union for Progressive Judaism (WUPJ), un importante movimento ebraico negli Stati Uniti, ha esortato la comunità ebraica «ad aiutare ad abbassare la temperatura, ad ascoltare e ad adottare misure per promuovere la guarigione» in seguito alla vittoria dell’esponente dem, aggiungendo: «Le persone ragionevoli di tutto lo spettro politico, e della comunità ebraica, devono aspirare a esprimere il loro disaccordo in modo rispettoso, e noi faremo la nostra parte per unire le persone senza cancellare le reali differenze». Molti gruppi ebraici tradizionali hanno però reagito al trionfo di Mamdani con più cautela.
Jonathan Greenblatt, amministratore delegato dell'Anti-Defamation League (ADL), una organizzazione filo-israeliana, ha rilasciato una dichiarazione in cui condanna «la lunga e inquietante storia del sindaco eletto Mamdani su questioni di profonda preoccupazione per la comunità ebraica»: «Ci aspettiamo che il sindaco della città con la più grande popolazione ebraica al mondo si schieri inequivocabilmente contro l'antisemitismo in tutte le sue forme e sostenga tutti i suoi residenti ebrei, proprio come farebbe con tutti gli altri cittadini», ha affermato Greenblatt.
L'organizzazione filantropica UJA-Federation di New York, un importante gruppo ebraico, ha invece sottolineato che «non può ignorare come il sindaco eletto nutra convinzioni fondamentalmente in contrasto con i valori più cari alla nostra comunità».
Lavorare per una città inclusiva
Gli attacchi e lo scetticismo nei confronti del nuovo sindaco non promettono nulla di produttivo e, anzi, sembrano piuttosto il peggior modo di collaborare in una città complicata come New York. Ne è consapevole Jeremy Ben-Ami, presidente del gruppo centrista filo-israeliano J Street, il quale ha criticato l'uscita dell'ADL, chiedendo maggiori sforzi per superare le divisioni. «L'allarmismo che abbiamo visto da parte di alcune istituzioni e leader ebraici nei confronti del sindaco eletto Zohran Mamdani è dannoso, esagerato e rischia di approfondire inutilmente le divisioni in città e nella nostra comunità. La responsabilità della nostra comunità ora è quella di interagire in modo costruttivo con il sindaco eletto, non di seminare il panico o di demonizzarlo», ha commentato Ben-Ami, citato dalla Associated Press.
Anche Amy Spitalnick, CEO del Jewish Council for Public Affairs, ha esortato Mamdani e i leader ebrei a lavorare per raggiungere un obiettivo comune, ossia «una città forte, sicura e inclusiva in cui gli ebrei e tutti i newyorkesi possano prosperare».
Tra la comunità ebraica, c'è pure chi ha esultato in modo netto per la vittoria del 34enne, come il gruppo IfNotNow, schierato contro il Governo Netanyahu e noto per aver organizzato proteste contro la campagna militare israeliana a Gaza, o Bend The Arc: Jewish Action, il quale si professa un «gruppo progressista in difesa degli ebrei».
Per il movimento ebraico IfNotNow, «durante le elezioni, Donald Trump, Andrew Cuomo e molti leader ebrei hanno cercato di usare l'antisemitismo come arma per dividere gli ebrei dai nostri concittadini newyorkesi», proprio mentre il neoeletto sindaco era impegnato ad affrontare una preesistente «ondata di islamofobia».
