Il caso

Qatar 2022 è un problema anche per chi fa pubblicità?

Stagionalità, timori di una recessione e polemiche attorno al Qatar stanno incidendo sugli investimenti dei grandi marchi, ma alcune emittenti televisive annunciano soddisfatte: «Non abbiamo quasi più spazi a disposizione»
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Marcello Pelizzari
23.11.2022 10:00

Di per sé, l’equazione sarebbe semplice. Ogni quattro anni, miliardi e miliardi di persone compiono gli stessi, identici gesti, per la gioia della FIFA e degli inserzionisti pubblicitari: si accomodano sul divano, accendono il televisore e si godono lo spettacolo della Coppa del mondo di calcio. A questo giro, tuttavia, alcuni dei marchi più famosi rischiano di finire nel cosiddetto trappolone.

Il motivo? Semplice: il rischio che le discussioni attorno al Qatar e al mancato rispetto dei diritti umani da parte dell’Emirato finiscano per sovrapporsi al prodotto pubblicizzato, beh, è reale. E molto, molto concreto. D’altro canto, chi vorrebbe associare la propria immagine a un Paese che ha maltrattato (eufemismo) i lavoratori migranti e che criminalizza l’omosessualità? Non a caso, ovunque in Occidente gli annunci pubblicitari supportano le squadre presenti piuttosto che la sede della manifestazione.

Rewe si chiama fuori

Il contesto, insomma, assomiglia parecchio a un campo minato. Martedì, la catena di supermercati tedesca Rewe ha deciso di porre fine alla sua partnership con la Federcalcio tedesca. Il motivo? La decisione della FIFA di punire chiunque indossi le fasce arcobaleno OneLove, volte a promuovere l’inclusione. Un divieto che Rewe ha definito scandaloso e inaccettabile.

Non solo, sul tavolo ci sono anche i timori e le paure di una recessione globale. Di qui la spinta al ribasso di molte aziende, che per la pubblicità durante i Mondiali hanno deciso di spendere poco o, comunque, meno rispetto al passato. Anche perché, all’orizzonte, sta per arrivare Natale: vuoi non dare la precedenza alle festività?

Le cifre

Ciononostante, il Mondiale per alcuni tira ancora. E pure parecchio. Ford, T-Mobile, Coca-Cola e Samsung – secondo le stime – potrebbero tirare fuori 2 miliardi di dollari per promuovere i rispettivi marchi durante questo mese folle. Il santo, per farla breve, varrebbe la candela. Nel 2018, a titolo di paragone, il Mondiale russo attirò 3,6 miliardi di telespettatori mentre la finalissima fra Francia e Croazia fu guardata da 1,1 miliardi di persone nel mondo.

Nike, per dire, non ha badato a spese per il suo spot dedicato a Qatar 2022. L’azienda americana si è immaginata un multiverso animato dai più grandi calciatori di tutti i tempi. Lays ha convinto David Beckham, Peyton Manning e Mia Hamm a partecipare a un ironico dibattito: ma il calcio, gli americani, devono chiamarlo soccer o football?

Investimenti e produzioni che, però, ora rischiano di non ripagare il committente: Qatar 2022, infatti, si sta giocando tanto sul piano sportivo quanto su quello extra sportivo. Con la polemica sempre servita e i riflettori sul Paese ospitante, il Qatar, sempre accesi. Come si tradurrà, tutto ciò, in termini economici per gli sponsor e per le aziende che hanno deciso di fare pubblicità durante il Mondiale? Il segretario di Stato americano Antony Blinken, ad esempio, ha criticato aspramente la FIFA per la questione delle fasce arcobaleno vietate, sottolineando che qualsiasi restrizione alla libertà di espressione è, citiamo, preoccupante.

Gianni Infantino, invece, sembra aver segnato il più brutto degli autogol lanciandosi, a inizio torneo, in una difesa a spada tratta del Qatar. Della serie: perché così tanta ipocrisia sul fronte occidentale?

C'è chi è soddisfatto

La tempistica, dicevamo, non è delle migliori visto che, di mezzo, c’è anche il Natale e il carico di promozioni a esso legato. Un Europeo o un Mondiale di calcio in piena estate, invece, sono tutt’altra cosa. Godono di un’esclusiva assoluta, in termini di investimenti pubblicitari.

Detto ciò, stando a quanto raccolto dalla CNN le cose sembrerebbero – per il momento – funzionare. Telemundo, che negli Stati Uniti detiene i diritti dei Mondiali in lingua spagnola, ha affermato lunedì di avere ancora pochissimi spazi pubblicitari a disposizione per i clienti. Ogni record, in questo senso, era stato già battuto tant’è che sono stati coinvolti 20 nuovi inserzionisti. Per l’emittente francese TF1, addirittura, la stagionalità potrebbe – paradossalmente – essere un vantaggio. «La domanda è più forte a novembre e dicembre che a giugno e luglio» ha detto il dirigente Philippe Denery.

Il contesto, secondo altri protagonisti del settore, rimane invece cupo. Le entrate totali, in termini di pubblicità, dipenderanno anche da quali squadre andranno avanti nel torneo. Se le potenze calcistiche avanzeranno, infatti, è probabile che i grandi marchi vogliano unirsi all’onda di entusiasmo.

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