Domande e risposte

The Donald e quei processi che potrebbero costargli l’elezione

L’ex inquilino della Casa Bianca sta affrontando ben 85 capi d’accusa in diversi procedimenti penali, tutti dall’esito incerto
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Davide Mamone
24.03.2024 19:30

Per oltre 234 anni, nessun presidente o ex presidente degli Stati Uniti ha mai dovuto affrontare un’incriminazione: poi, lo scorso anno, ci ha pensato Donald Trump. L’ex inquilino della Casa Bianca sta affrontando 85 capi d’accusa in quattro casi penali. Uno di questi, l’atteso processo in programma domani a New York, è stato rinviato all’ultimo momento. Il destino degli altri tre, invece, è ancora incerto. E potrebbe influenzare l’esito delle elezioni, di cui Trump è attualmente favorito, a novembre.

1 - Quanti sono i processi penali in corso per Trump?

Sono quattro. Il primo, come menzionato, è stato rinviato dopo che i legali di Trump hanno convinto un giudice di New York di aver ricevuto certi documenti troppo tardi per preparare una difesa: si tratta del caso Stormy Daniels. I pubblici ministeri di New York hanno accusato l’ex presidente di aver influenzato le elezioni 2016 usando 130.000 dollari dei suoi fondi elettorali per pagare il silenzio della pornodiva su certe vicende che lo riguardavano. A meno di sorprese, Daniels testimonierà al processo, che potrebbe iniziare ad aprile.

2 - Qual è il secondo caso?

A Miami, Trump sta affrontando 42 capi d’accusa per aver trattenuto volontariamente documenti top secret nella sua residenza a Mar-a-Lago, in Florida, dopo aver lasciato la presidenza. L’ex presidente avrebbe avuto diverse opportunità di riconsegnare il materiale ma si sarebbe rifiutato di restituirlo all’FBI quando sollecitato. Trump e i suoi legali hanno bollato questo procedimento come una caccia alle streghe. Ma la giudice Aileen Cannon, nominata proprio da Trump nel 2020, ha rigettato una richiesta dell’ex presidente di archiviare il caso negli scorsi mesi e dovrebbe prendere presto una decisione sulla data del processo.

3 - Cosa succede con l’insurrezione del 6 gennaio?

Il terzo e quarto procedimento sono i più attesi perché riguardano il coinvolgimento dell’ex presidente nell’insurrezione del 6 gennaio 2021, il giorno in cui i suoi sostenitori hanno assaltato il Congresso per sospendere la certificazione del voto elettorale. In Georgia, il giudice conservatore Scott McAfee ha permesso alla procuratrice distrettuale Fani Willis di rimanere alla guida del caso nonostante i legali di Trump l’abbiano accusata di non essere idonea per aver assunto un suo ex partner, Nathan Wade, come procuratore speciale. Lo stesso giudice ha anche regalato una recente parziale vittoria all’ex presidente, archiviando alcuni dei capi d’accusa nei suoi confronti legati alla telefonata che fece al segretario di Stato della Georgia nel gennaio 2021 chiedendogli di «trovare 11,000 voti» per permettergli di vincere lo Stato. Trump, però, dovrà ancora affrontare l’accusa di aver violato, con il suo tentativo di sovvertire il voto del 2020, la Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act, una legge nata per combattere le mafie e che punisce la criminalità organizzata in Georgia. E poi c’è il caso federale gestito dal procuratore speciale Jack Smith a Washington, dove Trump è accusato di aver cospirato contro gli Stati Uniti e i suoi elettori. In nessuno di questi due casi c’è una data per il processo e su questo la Corte Suprema potrebbe essere decisiva.

4 - Perché la Corte Suprema è importante?

Il 25 aprile sarà un’altra data da tenere sott’occhio: la Corte Suprema ha calendarizzato un’udienza sulla richiesta di Donald Trump di ricevere l’immunità sul caso 6 gennaio in quanto ex presidente. Il tycoon ha presentato ricorso contro una decisione di una Corte d’appello che gli aveva negato questa richiesta: i giudici dell’alta corte – di cui sei conservatori e tre di questi da lui nominati – hanno però deciso di prenderlo in considerazione e si dovrebbero pronunciare a riguardo entro la fine della primavera. Dovesse la Corte Suprema decretare Trump immune, il processo del 6 gennaio collasserebbe.

5 - I processi potrebbero fermare la candidatura di The Donald?

È la domanda da un milione di dollari e la risposta è duplice: formalmente no, politicamente sì. Formalmente no, perché se almeno uno dei casi legali dovesse riuscire andare a processo e Trump uscirne da colpevole, avrebbe il diritto di fare ricorso fino al terzo grado di giudizio. Fino a quel momento (e anche da condannato in via definitiva, in realtà), Trump potrebbe presentarsi alle elezioni. Politicamente, però, il peso di una sua condanna avrebbe ripercussioni gigantesche, specie per i casi relativi al 6 gennaio. Una maggioranza di indipendenti e una minoranza di repubblicani lo considerano in un qualche modo responsabile di quanto accaduto nella giornata dell’assalto al Campidoglio. E se uno dei due casi potesse andare a processo prima di Novembre e Trump venisse ritenuto colpevole da una giuria, la sua campagna elettorale sarebbe in enorme pericolo.

6 - Cosa ne pensano gli americani?

Questa è la seconda domanda essenziale per capire i prossimi mesi. Il popolo americano sembra considerare il caso Stormy Daniels meno grave di quello dei documenti top secret e ancor meno rilevante di quelli in Georgia e Washington sul 6 gennaio. I sondaggi sono pochi ma regalano un quadro delineato su come gli elettori potrebbero pensarla. Secondo una rilevazione NPR/PBS/Marist di febbraio, il vantaggio di Joe Biden aumenterebbe di cinque punti percentuali in caso Trump fosse considerato colpevole. Secondo un altro sondaggio Bloomberg/Morning Consult, il 53% degli elettori negli stati-chiave (Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin) pensa che la sua candidatura sarebbe inqualificabile, se condannato.

7 - Ci sono altri casi legali che coinvolgono Trump?

Sì, tre e di natura civile. Il 26 gennaio, Trump è stato condannato da una giuria di New York a pagare 83,3 milioni di dollari per aver diffamato la scrittrice Jean Carroll, dopo aver negato una vecchia aggressione sessuale. Il 16 febbraio, un giudice ha ordinato a Trump di pagare una multa da 454 milioni dopo aver perso una causa per frode fiscale e finanziaria. L’ex presidente, assieme ai tre figli adulti, è stato ritenuto colpevole di aver gonfiato il valore degli asset della Trump Organization per ottenere prestiti da centinaia di milioni a condizioni più vantaggiose. Di recente, la Corte Suprema ha invece definito incostituzionale il tentativo da parte dello stato del Colorado di squalificare la candidatura di Trump per il suo ruolo nel 6 gennaio.

Biden in ripresa, ma sarà una contesa all'ultimo voto

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Dal giorno del suo combattivo discorso sullo stato dell’unione, il 7 marzo, Joe Biden si è ripreso nettamente nei sondaggi anche se la strada per la sua rielezione è ancora in salita. Secondo The Economist, Biden è in vantaggio di un punto percentuale (45% a 44%) su Trump a livello nazionale: a fine febbraio, Trump era davanti di due (43% a 45%). Anche secondo Reuters, Biden guida di un punto su Trump (39% a 38%), con l’11% degli elettori propensi per un terzo candidato. Secondo Civiqs, il presidente sarebbe avanti di un punto (45% a 44%), mentre per Emerson College Biden scavalcherebbe Trump di 2 punti (51% a 49%).

Come era troppo presto dare il presidente per spacciato negli scorsi mesi, però, ora è troppo presto dare questa competizione finita per Trump. I sondaggi a livello nazionale danno un’idea di dove l’elettorato si stia orientando e di certo Biden ha avuto un balzo in avanti nelle rilevazioni, anche nel suo indice di gradimento: secondo le medie FiveThirtyEight, il presidente ha superato quota 40% per la prima volta dal 26 ottobre. Ma molte altre rilevazioni nei cosiddetti «swing states» regalano un quadro molto meno ottimistico per il presidente in carica. In Arizona, Georgia, Nevada, Wisconsin e Michigan non c’è un sondaggio che nell’ultimo mese abbia dato Trump in svantaggio. Solo in Pennsylvania, Minnesota e Virginia, Biden sembra tenere. Per superare quota 270 grandi elettori a novembre, il presidente ha bisogno di vincere almeno 6 di questi 8 stati.

C’è poi la questione dei fondi elettorali. I soldi non fanno vincere le elezioni ma di certo aiutano. Ed è per questo che il vantaggio di Biden potrebbe cambiare qualcosa in vista di novembre. Il comitato nazionale democratico ha infatti una disponibilità di 97,5 milioni di dollari, di cui 71 milioni raccolti dal presidente per la sua rielezione. Per Trump e il comitato repubblicano le cose vanno molto peggio: l’ammontare è di soli 44,8 milioni e a non aiutare sono le spese legali. Solo a febbraio, l’ex presidente ha speso 5,5 milioni per difendersi dai suoi processi e molte delle donazioni finiscono nel fondo per i suoi guai con la giustizia.

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