Trump vuole attaccare l’Iran? Lo spettro della guerra in Iraq spacca il popolo MAGA

Parte del popolo MAGA («Make Ameriga Great Again») sembra esser pronta a prendere le distanze dal presidente USA Donald Trump. Il motivo? Un possibile attacco americano contro l’Iran. La prospettiva di un intervento statunitense a sostegno di Israele sta mettendo in luce importanti divisioni tra i sostenitori del tycoon, con alcuni dei suoi alleati che chiedono di non portare il Paese in guerra. Lo spettro del conflitto in Iraq, costato la vita a migliaia di soldati USA, sta facendo tremare gli Stati Uniti.
Ieri Steve Bannon, conduttore del podcast «War Room», nonché una delle più influenti voci della retorica «America First» di Trump, ha invitato a essere cauti riguardo all'eventualità che l'esercito statunitense si unisca a Israele per distruggere il programma nucleare iraniano: «Non possiamo farlo di nuovo. Faremo a pezzi il Paese. Non possiamo avere un altro Iraq », ha detto Bannon ai giornalisti durante un evento sponsorizzato dal Christian Science Monitor a Washington.
La componente anti-interventista del Partito repubblicano, evidenzia la Reuters, è allarmata di fronte alle uscite belligeranti di Trump, il quale sembra essersi arreso sulla possibilità di trovare un accordo diplomatico con il Paese mediorientale.
Nonostante la spaccatura tra i repubblicani, i venti di guerra sembrano più reali che mai. Secondo alcuni funzionari USA citati da Bloomberg, l’amministrazione Trump si starebbe infatti preparando all'eventualità di un attacco all'Iran nei prossimi giorni, segno che Washington sta predisponendo le infrastrutture per entrare direttamente in conflitto con Teheran. Di fatto, gli Stati Uniti sarebbero pronti ad appoggiare la campagna militare di Israele, persino utilizzando una bomba da 13,6 tonnellate in grado di distruggere bunker sotterranei, tra cui Fordow, il sito nucleare più fortificato dell'Iran.
La situazione, in ogni caso, è ancora in evoluzione e potrebbe cambiare da un momento all’altro, hanno sottolineato le fonti americane, menzionando però i piani di un possibile attacco già nel fine settimana. Per giorni il presidente Trump ha pubblicamente evocato l’eventualità di un intervento contro l'Iran, impegnato nei combattimenti con Israele da ormai una settimana.
Sempre ieri, il tycoon ha detto ai giornalisti alla Casa Bianca di avere «idee su cosa fare» e che preferisce prendere «la decisione finale un secondo prima del dovuto» perché la situazione in Medio Oriente è instabile. Poche ore prima, Trump aveva dichiarato: «Potrei farlo. Potrei anche non farlo», quando gli era stato chiesto se si stesse avvicinando ad un attacco all'Iran.
La decisione di Trump di entrare nel conflitto potrebbe avere pesanti ripercussioni sulla sua campagna volta a promuovere buone relazioni in Medio Oriente e potrebbe distogliere l'attenzione dai suoi sforzi per negoziare la fine della guerra in Ucraina, ad oggi arrivati a un punto morto. Il tycoon avrebbe pure smantellato un gruppo di lavoro che era stato istituito proprio per formulare strategie per fare pressioni sulla Russia, con l'obiettivo di velocizzare i negoziati di pace.
«I miei sostenitori sono più innamorati di me oggi, e io sono innamorato di loro più di quanto non lo fossero durante le elezioni», ha detto Trump ai giornalisti cercando di minimizzare le spaccature tra i suoi sostenitori, definiti «un po’ scontenti». Il presidente USA ha poi dichiarato di «volere solo una cosa: l'Iran non può avere un'arma nucleare».
«Non ho intenzione di combattere. Ma se si tratta di scegliere tra combattere o avere un'arma nucleare, bisogna fare quello che si deve fare», ha evidenziato Trump.
La questione sul nucleare, tuttavia, presenta diverse zone d’ombra. Gli esperti dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) ritengono che l'Iran abbia intenzione di sviluppare un'arma atomica: il sito di Fordow avrebbe arricchito l'uranio all'83,7%, vicino al 90% necessario per una bomba. Proprio questo risultato, considerato una «minaccia esistenziale», ha spinto Israele a lanciare i missili, nonostante le smentite di Teheran. Funzionari statunitensi ritengono che, se l'Iran possedesse un'arma atomica, innescherebbe una corsa agli armamenti nucleari in Medio Oriente. Tulsi Gabbard, direttrice dell'intelligence nazionale di Trump, ha però affermato che l'Iran non starebbe attivamente costruendo una bomba atomica. Pure due recenti articoli del New York Times e della CNN hanno sollevato dubbi sul programma nucleare iraniano.
Oltre a Steve Bannon, altre voci influenti del popolo MAGA hanno espresso preoccupazione. Tra questi vanno citati l'ex conduttore di Fox News Tucker Carlson e la deputata Marjorie Taylor Greene, repubblicana da tempo alleata di Trump. «Chiunque voglia gli Stati Uniti coinvolti direttamente nella guerra tra Israele e Iran non è un sostenitore dell'America First/MAGA. Siamo stufi delle guerre all'estero. Di tutte», ha scritto sui suoi canali social Greene.
Il senatore repubblicano Lindsey Graham, che chiede con insistenza a Trump di introdurre sanzioni più severe contro la Russia, ha invece confessato a Fox News il desiderio che Trump aiuti Israele a «finire il lavoro» perché l'Iran rappresenta «una minaccia esistenziale per i nostri amici in Israele».
La frattura si è fatta evidente martedì sera, quando Carlson, nel suo programma in streaming, si è scontrato con il senatore repubblicano del Texas Ted Cruz. In un passaggio dell’intervista, Carlson critica duramente il senatore per aver cercato un cambio di regime in Iran, mentre Cruz difende a spada tratta le posizioni di Trump.
Dissapori interni al movimento MAGA o meno, sicuramente negli ultimi giorni è cambiata vistosamente la retorica del presidente USA, il quale è arrivato a parlare di «resa incondizionata» dell’Iran, minacciando di poter uccidere l’ayatollah Ali Khamenei in qualsiasi momento, in quanto considerato un «bersaglio facile».
Per anni Trump ha chiesto agli Stati Uniti di tenersi fuori dai conflitti esteri e ha condotto la sua campagna elettorale basandosi sul messaggio che avrebbe impedito un'altra guerra mondiale e si sarebbe concentrato sulle questioni interne. Ma ora le cose potrebbero cambiare, mentre in Medio Oriente la situazione è incandescente. Dall'inizio degli attacchi israeliani fino a ieri, l'Iran ha lanciato 400 missili balistici e centinaia di droni contro Israele, uccidendo 24 persone e ferendone più di 800, mentre almeno 224 iraniani sono stati uccisi negli attacchi israeliani.
Il destino degli Stati Uniti è solamente nelle mani di Trump. Nel conflitto di oltre 20 anni fa in Iraq persero la vita più di 4 americani e oltre 100 mila iracheni. Oggi, evidenzia il New York Times, lo spettro di quella disastrosa guerra incombe su una Washington profondamente divisa e preoccupata.