Ucraina, rivisto il piano di pace, molte questioni, però, rimangono senza soluzione

«Nei passaggi che abbiamo coordinato con la parte americana, siamo riusciti a includere punti estremamente sensibili. Sono passi importanti, ma per raggiungere una vera pace, abbiamo bisogno di più, molto di più».
Il giorno dopo i colloqui a Ginevra tra americani, ucraini ed europei, Volodymyr Zelensky ha scelto la strada del realismo. Ha accolto con favore i progressi scaturiti dalla trattativa ginevrina di domenica pomeriggio, ma ha anche ripetuto che porre fine al conflitto significa andare molto oltre il piano in 28 punti avanzato la settimana scorsa da Donald Trump.
«Naturalmente, continuiamo tutti a lavorare con i nostri partner, in particolare con gli Stati Uniti, e a cercare compromessi che ci rafforzino e non ci indeboliscano», ha aggiunto il presidente ucraino, insistendo sul «momento critico» vissuto in questo momento dal suo Paese.
Zelensky ha lasciato al suo primo viceministro degli Esteri, Serhij Kyslycja, il compito di entrare nel dettaglio della trattativa aperta con gli Stati Uniti. E Kyslycja, in una lunga conversazione con il Financial Times, ha fatto il punto di una situazione che resta molto complicata da interpretare.
Washington e Kiev, infatti, avrebbero redatto un nuovo accordo di pace in soli 19 punti, ma avrebbero anche lasciato senza soluzione gli elementi politicamente più sensibili; elementi che saranno discussi dallo stesso Zelensky e da Trump. Ma non in un vertice di persona, stando perlomeno a quanto dichiarato dalla portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt: «Al momento non è previsto alcun incontro tra il presidente Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky».
Il racconto al Financial Times
Serhij Kyslycja, che faceva parte della delegazione ucraina e ha quindi partecipato all’incontro di domenica a Ginevra, ha raccontato ai cronisti del Financial Times come la riunione sia stata caratterizzata da uno sforzo «intenso» ma «produttivo», il cui risultato è stato una bozza di documento completamente diversa da quella avanzata dalla Casa Bianca la settimana scorsa; una bozza che avrebbe lasciato entrambe le parti con un sentimento «positivo».
Nei colloqui di Ginevra, ha rivelato Kyslycja, non sono tuttavia mancati momenti di alta tensione, persino drammatici. Si è corso il rischio che «tutto crollasse ancora prima di cominciare», ha spiegato il viceministro ucraino.
La via d’uscita, inevitabile, è stata «mettere tra parentesi i punti più controversi - le questioni territoriali, l’ingresso di Kiev nella NATO, l’ombrello dell’articolo 5 del trattato dell’Alleanza atlantica, la questione dei risarcimenti - e lasciare che fossero Trump e Zelensky a decidere».
D’altronde, la delegazione ucraina aveva subito chiarito agli interlocutori americani di non poter prendere decisioni sul territorio e, in particolare, sulla cessione a Mosca del Donbass occupato. Secondo la Costituzione del Paese, infatti, un simile passaggio richiede un referendum nazionale.
La nuova bozza, ha quindi spiegato Kyslycja al giornale economico di Londra, è stata profondamente cambiata. «Restano pochissime cose della versione originale. Abbiamo sviluppato un solido sistema di convergenza e alcune cose su cui possiamo scendere a compromessi. Le altre avranno bisogno delle decisioni dei leader».
Le delegazioni
La trattativa di Ginevra, ha raccontato ancora Serhij Kyslycja al Financial Times, è stata condotta per l’Ucraina dal capo di Stato maggiore Andriy Yermak e dal segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale e la difesa Rustem Umerov, con il supporto di un gruppo di ufficiali dell’Esercito e dell’intelligence di Kiev.
La delegazione americana includeva, invece, il segretario di Stato Marco Rubio, il segretario dell’Esercito Daniel P. Driscoll, l’inviato speciale di Trump per la Russia Steve Witkoff e il genero del presidente, Jared Kushner, «la cui presenza in un primo momento ha sorpreso gli ucraini».
Inizialmente, come detto, l’atmosfera era «molto tesa. Gli americani erano arrivati frustrati dalle fughe di notizie dei giorni precedenti l’incontro e dal dibattito pubblico sulle origini della prima bozza di proposta»: per intendersi, le polemiche seguite alle dichiarazioni di alcuni senatori e deputati repubblicani USA sulla genesi del documento e alle accuse a Rubio di aver accettato quanto suggerito da Mosca.
«Le prime ore sono state totalmente appese a un filo - ha continuato Kyslycja - ci sono volute quasi due ore di colloqui tra Yermak e Rubio per abbassare la temperatura e tornare in carreggiata. Alla fine, siamo riusciti ad andare alla missione USA e a iniziare vere conversazioni». La lunga sessione mattutina con gli americani, in effetti, avrebbe permesso agli ucraini di «esprimere le proprie preoccupazioni e di formulare le proprie richieste. A ciò sono seguite una breve pausa e una revisione dettagliata punto per punto del piano di pace proposto».
La parte statunitense è sembrata subito disposta a rimuovere il tetto di 600 mila uomini imposto all’Esercito ucraino. «Hanno concordato che quel numero non era più sul tavolo - ha sottolineato Serhij Kyslycja - anche la proposta per un’amnistia generale dei potenziali crimini di guerra è stata rielaborata in modo da affrontare i rancori di coloro che hanno sofferto durante il conflitto».
Tocca a Mosca decidere
Washington deve ora decidere come e quando presentare la bozza dell’accordo di pace alla Russia. «Sta a Mosca dimostrare se è davvero interessata alla pace o se troverà mille motivi per non impegnarsi - ha concluso il viceministro degli Esteri ucraino - Il risultato fondamentale a Ginevra è che siamo riusciti a preservare una partnership e un dialogo funzionanti con gli americani. Nonostante l’hype mediatico e la frenesia sui social media, entrambe le parti, Ucraina e Stati Uniti, hanno dimostrato che la partnership è forte ed è capace di produrre un documento valido per i rispettivi leader. Non eravamo seduti nella sede di Netflix a scrivere sceneggiature che saranno candidate al premio Oscar. Non dovremmo lasciarci guidare dall’eccitazione o dall’hype, ma dalla responsabilità e dalla complessità delle questioni».
