L'esperto

Nord Stream, «una nuvola tossica che brucia il nostro clima»

Oltre mezzo milione di tonnellate di gas in atmosfera, è una delle catastrofi ecologiche più clamorose: «Siamo preoccupati, il metano più dannoso della CO2»
Secondo il fisico del clima Antonello Pasini, non ci sono pericoli diretti per la salute umana o per i viaggi in aereo
Jona Mantovan
01.10.2022 09:57

I satelliti seguono dall'alto la nube di metano causata dalla perdita dei gasdotti Nord Stream 1 e 2. Alla loro vista, sembra una macchia colorata di giallo che si allunga dal Mar Baltico verso il Polo, allargandosi in un vortice alieno sulla Gran Bretagna. Secondo gli ultimi aggiornamenti, dovrebbe poi scendere a sud, toccando anche la Svizzera. Mezzo milione di tonnellate, forse fino a settecento. La più grande fuga del prezioso combustibile volatile della storia. Una catastrofe naturale, scaturita proprio dalla guerra in Ucraina, che si inserisce a pieno titolo tra quelle più imponenti della storia. Non è chiara l'origine delle tre misteriose perdite individuate tra domenica 25 e lunedì 26 settembre e dell'ultima scoperta giovedì. Forse un sabotaggio? A opera di chi? Mosca? Stati Uniti? Mentre le superpotenze si rimpallano le accuse - l'ultima in una lettera congiunta di Danimarca e Svezia al Consiglio di sicurezza dell'ONU, tirando in ballo «una detonazione di diverse centinaia di chili di esplosivo» - , è il momento di contare i danni. Autorità e scienziati rassicurano: «Non è pericoloso per la salute». Il «buco» nel tubo sotto il mare si manifesta sulla superficie come un «occhio di Sauron», ma fatto d'acqua. O come la minacciosa presenza del film «Nope», appoggiata sulla massa blu anziché in mezzo alle nuvole. Solo che, invece di risucchiare, ‘espira’ metano. Gli scienziati che studiano il clima conoscono bene il fenomeno naturale, ma questa volta di naturale ha ben poco, anche perché è ingigantito all'ennesima potenza. «Guardiamo con preoccupazione a quanto sta succedendo», dice Antonello Pasini, fisico del clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche. «Il metano è un gas serra molto potente. In un periodo di 100 anni, riscalda l'atmosfera 30 volte più dell'anidride carbonica. Ma se restringiamo l'analisi a venti-trent'anni, diventa ottanta volte più potente della CO2».

«Il metano è uno dei gas serra di cui dobbiamo diminuire le emissioni, come concordato nel trattato di Glasgow. Secondo questo documento, in dieci anni occorrerebbe raggiungere un taglio del trenta percento. Ma con quel che è successo nel Mare del Nord, l'idea alla base di questo accordo ne esce completamente sconvolta», dice l'esperto.

Permafrost e cambiamenti climatici

La sostanza, che nell'immaginario collettivo è abbinata al colore azzurro, esiste in natura ed è possibile trovarla sotto il permafrost (anche chiamato permagelo in italiano), un particolare tipo di terreno ghiacciato come se ne possono trovare per esempio in Siberia: filmati pubblicati in rete mostrano gruppi di persone che arpionano manti nevosi con delle torce, producendo così delle fiammate dalla superficie bianca.
«Il permafrost si trova anche al di sotto dell'Oceano Artico e i colleghi russi sono abituati a vedere delle piccole colonnine di bollicine salire verso l'atmosfera. Il riscaldamento climatico è responsabile della fusione di questo ‘immagazzinatore naturale’ di metano e quindi il gas, fino a quel momento intrappolato, trova una via di fuga in modo spontaneo». Il meccanismo al gasdotto è lo stesso, ma ingrandito su scala industriale.

Ma quanto è, questo gas sprigionato dalle falle di Nord Stream 1 e 2? Siamo ben oltre il mezzo milione di tonnellate. È tanto? È poco? «È tanto. Calcoliamo che sia equivalente a un terzo delle emissioni annuali di una nazione come la Danimarca. Una quantità notevole, certo, anche se non credo che vedremo un grande picco di inquinamento nelle misurazioni future. A patto che la questione ora sia chiusa in modo definitivo. Se questo tipo di fuoriuscite dovesse continuare... insomma, lascerebbero sicuramente il segno». 
Secondo le ultime misurazioni di venerdì sera di ICOS, la rete di rilevatori di gas serra, la cifra è stata ulteriormente rivista: la perdita potrebbe essere comparata alle emissioni di metano di un intero anno per una città delle dimensioni di Parigi o, appunto dell'intera Danimarca. «Enormi picchi di metano nell'atmosfera», riporta il comunicato rilasciato dall'ente.

Se dovessero manifestarsi problemi di questo tipo su altri gasdotti internazionali, dovremo agire in maniera drastica

Tra gli scenari peggiori ipotizzati da Pasini ci sono altre tubature interessate da perdite. «Se dovessero manifestarsi problemi di questo tipo su altri gasdotti internazionali, dovremo agire in maniera drastica. In ogni caso - aggiunge - , questo particolare evento sarà un tema interessante da studiare, dal punto di vista prettamente scientifico».

Quando la Russia lo bruciava

La memoria corre alla notizia di qualche settimana fa, quando la Russia bruciava il gas che non mandava in Europa. All'epoca si parlava di 4,34 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto (GNL) al giorno, dati in fiamme nell'impianto a nord-ovest di San Pietroburgo.

In questo caso, se ci fosse la possibilità di scegliere, sarebbe comunque meglio dargli fuoco piuttosto che disperderlo direttamente in atmosfera

«In questo caso, però, siamo di fronte a una perdita direttamente in atmosfera. Con un rilascio in atmosfera di un gas serra più inquinante rispetto alla CO2. In questo caso, se ci fosse la possibilità di scegliere, sarebbe comunque meglio dargli fuoco piuttosto che disperderlo direttamente. Bruciandolo, infatti, si ottiene anidride carbonica».

E gli aerei? Corrono rischi?

Su internet, comunque, gli utenti si interrogano. È pericoloso? Gli aerei possono volare o corrono rischi? Pasini sorride di fronte a queste preoccupazioni che nascondono ingenuità ma anche forti timori sulle conseguenze di una perdita così grande. «A queste concentrazioni non credo proprio», esclama, sminuendo l'effetto drammatico trasmesso dai colori accentuati nelle immagini satellitari. 

Stiamo parlando di una concentrazione pari a di 1850 parti per miliardo: per ogni miliardo di molecole d'aria, ne abbiamo 1850 di metano. È molto rarefatto

«Non ci sono rischi né per la salute umana, né per gli aerei... e il motivo è anche dato dal fatto che il metano, di norma, ha una concentrazione di 1850 parti per miliardo. Significa che, grossomodo, per ogni miliardo di molecole d'aria, ne abbiamo 1850 di metano. È molto rarefatto, direi quasi presente sotto forma di tracce». Nulla, insomma, rispetto a eruzioni vulcaniche che mettono a terra intere compagnie aeree per evitare di danneggiare le turbine dei motori con polveri e ceneri: le flotte possono volare tranquille anche dentro questa nuvola di metano molto rarefatto. «Ovviamente, in questo momento e in alcune zone ci saranno pure concentrazioni più alte a livello locale, ma conseguenze così catastrofiche le escluderei». 

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