Agroalimentare

Occhi puntati sul grano

La Russia e l’Ucraina sono tra i maggiori esportatori — La guerra in corso rischia di mettere a repentaglio l’approvvigionamento di derrate alimentari in Svizzera? Non per Ignazio Cassis, secondo il quale i prezzi resteranno stabili — Non la vede però così Markus Ritter, presidente dell’Unione svizzera dei contadini

La crisi in Ucraina rischia di mettere a repentaglio l’approvvigionamento di derrate alimentari in Svizzera? Non secondo Ignazio Cassis, interrogato sulla questione durante il dibattito urgente di mercoledì al Consiglio nazionale sulla guerra in corso. Le derrate sarebbero garantite anche dalle scorte obbligatorie previste dalla Confederazione per far fronte a eventuali fasi di penuria. I prezzi, secondo il consigliere federale, dovrebbero rimanere stabili. Ma c’è chi non la vede così. 

«Nella filiera agroalimentare non siamo molto dipendenti dalla Russia e dall'Ucraina, ad eccezione di alcuni prodotti; in particolare, oli come quello di colza provengono principalmente da lì. Certo, ora dobbiamo usare altri canali, ma si tratta di piccole lacune che devono essere coperte», ha affermato in aula Cassis. Chiamato in causa da Marcel Dettling (UDC/SZ) sulla dipendenza dall’estero per le derrate alimentari, il presidente della Confederazione ha risposto anche a un’altra domanda che sta facendo discutere attualmente: l’aumento del prezzo dei cereali dovuto al conflitto in Ucraina peserà sui consumatori in Svizzera? Russia e Ucraina sono tra i maggiori esportatori di cereali, grassi e oli sul mercato mondiale. Inoltre, la Russia è un importante Paese di esportazione di pesce e frutti di mare. Ci si aspetta un forte aumento dei prezzi soprattutto nel Nord Africa e in Oriente, ha risposto Cassis, ma «per quanto riguarda la Svizzera ci possiamo aspettare una certa stabilità dei prezzi». Non bisogna attendersi alcuna distorsione del mercato in questo caso, «poiché la domanda di grano è ampiamente coperta dalla produzione interna. Il 90% del grano che mangiamo in Svizzera è prodotto in Svizzera. Inoltre, abbiamo anche scorte obbligatorie per quattro mesi. Queste sono ovviamente disponibili».

I granai elvetici

Scopo delle scorte obbligatorie è quello di stoccare beni vitali per superare periodi di crisi e situazioni di penuria. Come misura precauzionale, la Svizzera - scrive sul suo sito l’ente che rappresenta le aziende obbligate a costituire queste riserve obbligatorie (Reservesuisse) - immagazzina sistematicamente derrate alimentari e alimenti per animali per avere provviste. Sono 102 le aziende coinvolte. «La Confederazione prescrive quali merci devono essere stoccate, in quali quantità e per quanto tempo». Gli alimenti che vengono stoccati sono lo zucchero (ne vengono immagazzinate 55.000 tonnellate, che devono copre il fabbisogno per 3 mesi), il riso (16.400 tonnellate per 4 mesi), oli e grassi commestibili (35.580 tonnellate per 4 mesi), il caffè (18.750 tonnellate per 3 mesi), alcuni tipi di cereali (183.000 tonnellate fra grano duro e tenero per 4 mesi), e il foraggio (401.800 tonnellate per 2-3 mesi).

Le scorte obbligatorie sono finanziate con i cosiddetti «contributi per alimentare il fondo di garanzia», riscossi alla dogana sui prodotti importati e destinati a generare queste riserve. A pagare per le scorte sono i consumatori, in quanto i contributi si riversano sul prezzo finale.

Questioni etiche

Markus Ritter, presidente dell’Unione svizzera dei contadini, è meno ottimista. «I prezzi aumenteranno. La domanda è di quanto». «È vero – afferma il deputato dell’Alleanza del Centro - in Svizzera abbiamo abbastanza potere d’acquisto per tutelarci sul mercato internazionale, ma l’approvvigionamento non può essere trattato in maniera isolata. I Paesi con molto meno potere d’acquisto, proprio come il Nord Africa o i Paesi arabi, dovranno superare delle grandi sfide». Per il sangallese, quindi, la Svizzera se la caverà sì, «ma, a livello etico, avremo delle responsabilità: ogni derrata alimentare che potremo produrre la dovremo produrre pensando anche agli altri Paesi. Non distorcendo ulteriormente il mercato, ma aiutando chi sarà in crisi». E non solo i contadini dovranno cooperare, afferma Ritter: «Anche i consumatori dovranno ridurre lo spreco alimentare. In questo ambito sono loro quelli che possono fare di più». Siamo tutti coinvolti, conclude il rappresentante del mondo agricolo.

Più etanolo, meno zucchero

Secondo Sem Genini, direttore dell’Unione Contadini Ticinesi, «sarà fondamentale che l'aumento dei prezzi alla produzione, che è sicuro, possa essere compensato e suddiviso su tutta la filiera agroalimentare e non gravi solo sulle spalle delle famiglie contadine. Se così non fosse sarebbe un vero e proprio disastro per il settore primario».

Genini mette poi in evidenzia un altro punto critico: «Gli alti prezzi dell'energia in alcuni Paesi potrebbero anche aumentare la produzione di bioetanolo e altre fonti energetiche da fonti vegetali come la canna da zucchero e il mais, e quindi portare a un'ulteriore carenza di cibo sui mercati mondiali. Mi auguro di no, ma è una situazione che non si può scartare».

Intanto, in seguito allo scoppio della guerra, ricorda Genini, il Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca ha già adattato la protezione alle frontiere per diversi cereali da foraggio (per esempio la segale o l’avena). I dazi all'importazione inferiori sono in vigore dal 15 marzo. Una reazione ai massicci aumenti dei prezzi causati dall'intervento militare russo in Ucraina. Già da molto tempo non vengono invece riscosse tasse alla frontiera sui mangimi ricchi di proteine come la farina di soia o gli oli per mangimi vegetali, perché i loro prezzi all'importazione superano già prezzi target nazionali.

Un «Piano Wahlen 2.0»

Negli scorsi giorni l'UDC ha dichiarato di volere un «Piano Wahlen 2.0» per l’autosufficienza alimentare della Svizzera. I democentristi sono infatti preoccupati per il basso tasso di autarchia, che si attesta al 57%. Il Piano Wahlen, realizzato durante la Seconda guerra mondiale, prese il nome dell'agronomo e poi consigliere federale Friedrich Traugott Wahlen. Il progetto ebbe un successo relativo e non si arrivò all'autosufficienza completa.

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