Il caso

Officine FFS, respinto anche l'ultimo ricorso

Castione: pollice verso del Tribunale amministrativo federale alla censura inoltrata dal Comune di Biasca che non voleva perdere 25 mila metri quadrati, utili per compensare i fondi sacrificati per edificare il sito - Non si andrà al TF - Venerdì 5 settembre il primo simbolico colpo di piccone
Ecco come si presenterà, dal luglio 2028, il moderno stabilimento industriale da almeno 755 milioni. © Studio di visualizzazione FLOOER
Alan Del Don
28.08.2025 06:00

Se la situazione finanziaria delle Ferrovie «rimane tesa», come annunciato ieri dal CEO Vincent Ducrot, perlomeno per quanto riguarda le future Officine FFS di Castione l’ex regia federale può sorridere. Come appreso dal Corriere del Ticino, il Tribunale amministrativo federale (TAF) ha respinto nelle scorse settimane il ricorso del Comune di Biasca che aveva impugnato la licenza edilizia (senza tuttavia chiedere l’effetto sospensivo) in quanto non voleva perdere 25 mila metri quadrati in zona industriale. Terreni che serviranno per compensare le Superfici per l’avvicendamento delle colture (SAC) che verranno sacrificate per realizzare il moderno stabilimento produttivo da almeno 755 milioni di franchi. Il Municipio del Borgo, ci ha confermato il sindaco Loris Galbusera, non si appellerà al Tribunale federale.

Vale la pianificazione federale

L’edificazione dell’innovativo sito comporterà la perdita di 84 mila metri quadri di sedimi agricoli. Le Ferrovie hanno dunque dovuto prodigarsi nella ricerca di fondi «sostitutivi». Un terzo di questi terreni l’hanno individuato a Biasca. L’Esecutivo del Borgo contestava la conversione in SAC delle superfici in zona Boscone (a sud del paese e a due passi dal Polo di sviluppo economico), per complessivi 25 mila metri quadri circa, di proprietà del locale Patriziato. I giudici di San Gallo hanno però dato ragione alle FFS adducendo il fatto che la pianificazione federale è superiore a tutte le altre. Quindi anche a quella cantonale e comunale. Tanto più per un progetto - come quello delle nuove Officine - già approvato ed il cui primo (simbolico) colpo di piccone verrà dato venerdì 5 settembre con una cerimonia alla quale prenderanno parte, tra gli altri, il CEO Vincent Ducrot ed il sindaco di Bellinzona Mario Branda.

Il sindaco: «Siamo dispiaciuti»

«Ovviamente siamo dispiaciuti della decisione del TAF. Sia chiaro: Biasca non è contraria alla realizzazione dello stabilimento industriale. Avremmo preferito la soluzione all’ex Monteforno di Bodio-Giornico che avrebbe portato posti di lavoro in una regione periferica», rileva il sindaco Loris Galbusera. Il quale aggiunge che i terreni in zona industriale «in futuro avrebbero potuto essere utili ed interessanti per l’insediamento di una o più ditte. Il Municipio ha pertanto deciso di fare i passi opportuni per tutelare quei sedimi. Fa parte del gioco: i rapporti con le Ferrovie sono buoni. I giudici hanno deciso diversamente e non ci rimane che prenderne atto e rinunciare ad inoltrare ricorso al Tribunale federale». I margini di capovolgere il verdetto sono davvero ridotti al lumicino.

Una questione «intricata»

Una domanda a questo punto sorge spontanea: come procede la compensazione degli 8 ettari che verranno sacrificati a Castione? Alcune superfici sono già state compensate e collaudate, altre sono in fase esecutiva. I sedimi, ricordiamo, sono stati individuati a Preonzo (meno di un ettaro), Camorino (3,15; nell’ex cantiere AlpTransit), Bellinzona (un ettaro lungo la Golena, all’altezza delle Semine) e ad Iragna (1,17) nonché a Biasca. Qualora i giudici di San Gallo avessero dato ragione al Municipio del Borgo, le Ferrovie avrebbero avuto pronta un’alternativa per non farsi trovare impreparati.

Quello dei fondi SAC è stato un aspetto non di poco conto nel lungo e complesso iter che porterà all’inaugurazione nel luglio 2028 dell’innovativo impianto che darà lavoro a 360 collaboratori e ad un’ottantina di apprendisti. Erano state scovate delle superfici pure a Losone (3,7 ettari nella Piana di Arbigo). Un’area, però, inserita nell’inventario federale dei paesaggi e dei monumenti naturali. Così la Commissione federale per la protezione della natura e del paesaggio aveva scartato i terreni obbligando l’ex regia a trovare un’alternativa. L’azienda non aveva potuto far altro che revocare l’aggiudicazione ed interrompere la procedura d’appalto che era sfociata nell’assegnazione del mandato milionario ad un consorzio composto da tre imprese. Da più parti, in generale, era altresì stata sollevata la questione se valeva veramente la pena privarsi delle SAC. Pure l’Unione contadini ticinesi aveva interposto ricorso, poi ritirato.

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