L'appello

«Ricicloni» solo a parole? «Recuperate e salvate il mondo»

Studio del Politecnico: «Pochi quelli che comprano di seconda mano» – Ma la clientela nei negozi Caritas non manca, anche perché «lo facciamo da quarant'anni»
Eugenia Fantoni, responsabile di Caritas Locarno, e Stefano Frisoli, direttore di Caritas Ticino
Jona Mantovan
08.03.2023 16:15

Svizzeri «ricicloni» solo a parole. O, meglio, con le intenzioni. E lo dice una ricerca, nientemeno che del Politecnico di Zurigo, pubblicata giusto qualche giorno fa. Secondo lo studio, sarebbero ancora poche le persone che contribuiscono a sostenere questo tipo di consumo e stile di vita, quella della cosiddetta economia circolare, appunto. Una condizione in cui ogni cosa ha una vita lunghissima, anziché trasformarsi a stretto giro in un cumulo di rifiuti. Eppure, la maggior parte delle seimila (!) persone contattate per il sondaggio si dice favorevole a questo tipo di approccio, in cui le materie prime sono utilizzate in modo efficiente e sfruttate il più a lungo possibile. «C'è una chiara discrepanza tra principi fondamentali e un comportamento pratico», ha rilevato Thomas Bernauer, professore che ha diretto la ricerca, svolta in collaborazione con l'Ufficio federale dell'ambiente. E chi mai, in Ticino, conosce la materia, se non Caritas? La realtà storica ha quattro punti vendita nel cantone, veri e propri negozi, chiamati Catishop, nei quali è possibile trovare capi d'abbigliamento e oggettistica a un terzo del loro prezzo originale. Va da sé, tutto di seconda mano e non all'ultimo grido, ma comunque in ottimo stato. «Caritas sostiene l'economia circolare da quarant'anni», afferma il direttore di Caritas Ticino, Stefano Frisoli. «Ma non è solo questione di soldi», le fa eco Eugenia Fantoni, responsabile di Caritas Locarno, proprio mentre sta varcando la soglia del punto vendita. «In particolare, in questa sede, vediamo molti giovani alla ricerca di pezzi d'epoca e di qualità».

Il locale è luminoso e moderno. Si direbbe che questa sia una vera e propria boutique. E, in effetti, un po' lo è. Una boutique dell'usato. Le liste di acciaio sono colme di appendini, con ogni tipo di capo di abbigliamento, di tutte le tinte e sfumature. Anche qui, poi, ci sono i classici saldi di fine stagione. Sono numerosi, infatti, i cartelli sparpagliati un po' sulle varie pareti della superficie di vendita. Un bel 30% in bianco campeggia su fondo magenta. Un ulteriore sconto al grande affare... E i clienti non mancano. Il posto è decisamente ben frequentato. «Nonostante ogni capo sia passato di mano, cerchiamo di non mettere in vendita nulla che non sia in ottime condizioni», precisa Fantoni.

«È veramente una bella esperienza», dice sospirando Daria, cliente 33.enne che vive a Locarno e nella vita lavora in una casa di riposo. «Passo spesso di qui e ogni volta che riesco a trovare qualcosa, perché è anche facile. Ogni capo ha la sua storia, ci sono cose bellissime e raccontano anche storie di altri tempi. Trovo tutto molto più interessante rispetto all'offerta dei negozi tradizionali, dove si trovano magari 100 copie dello stesso modello, magari riproposte con poche variazioni di colore».

Sì, è un vero peccato buttare via delle cose in ottimo stato. Io stessa, poi, quando ho delle cose che sono in ottimo stato lascio e spero che vengono poi riprese da qualcuno che gli dà un'altra vita
Daria, cliente

Dai mercatini ai negozi

«Un tempo, si chiamavano mercatini dell'usato», riprende Frisoli. «Oggi li chiamiamo appunto CatiShop (‘Cati’ è la contrazione di Caritas Ticino, ndr). Negli ultimi anni siamo passati da un organico di 30-35 persone a oltre 60 e gran parte di queste arrivano da percorsi di inserimento socio-professionale, che sia disoccupazione o assistenza. Il tema dell'economia circolare, negli ultimi vent'anni, ha subito anche una forte mediatizzazione. È, insomma, un tema sotto la lente d'ingrandimento. Molte attività che esistono da sempre, si scopre che rientrano proprio sotto questo cappello. Noi stessi avevamo iniziato con la vendita di seconda mano, senza sapere che questo fosse in qualche modo ascrivibile a quel tipo di ragionamento». 

«Sì, è un vero peccato buttare via delle cose in ottimo stato», afferma di nuovo Daria. «Qui gli oggetti hanno un certo valore che non trovo più in altri posti. A parte il prezzo, ma il prezzo è un'altra storia. Qua parliamo di valore. Io stessa, poi, quando ho delle cose che sono in ottimo stato le lascio e spero che vengano poi riprese da qualcuno che dia loro un'altra vita».

Vediamo sempre più spesso giovani, qui. Le ragazze, in particolare, sembrano molto interessate al reparto uomo e puntano soprattutto sui capi retrò
Eugenia Fantoni, responsabile Caritas Locarno

I clienti ci sono

Ma, al di là di Daria, com'è la clientela che passa nei negozi Caritas? Fantoni, con i suoi dieci anni di esperienza nella realtà (ma da due alla testa di Caritas a Locarno), risponde che non le sembra cambiata. «Come dicevo, però, in questa particolare sede vediamo sempre più spesso giovani. Le ragazze, in particolare, sembrano molto interessate al reparto uomo e puntano soprattutto sui capi un po' più retrò. Sanno che qui trovano cose belle che costano poco, e ce lo dicono, oltre a capi d'abbigliamento con un fascino particolare. Questo è sicuramente un altro punto che spinge qualcuno a entrare qui. Certo, ci sono anche persone che hanno bisogno e che vengono qui sapendo che in Caritas possono trovare una possibilità per comprare qualcosa». 

Tutte le nostre varie attività di recupero di oggetti e di materiali servono in un certo senso a 'localizzare' l'economia e a favorire il territorio nel quale siamo inseriti
Stefano Frisoli, direttore Caritas Ticino

Valorizzare anche le persone

«Ma c'è anche un altro aspetto sul quale puntiamo molto», afferma ancora Frisoli. «Tutte le nostre varie attività di recupero di oggetti e di materiali servono in un certo senso a localizzare l'economia e a favorire il territorio nel quale siamo inseriti. Crediamo molto in questo legame profondo con il territorio. Il termine scarto abbraccia tante cose, e non solo gli oggetti. Questi ultimi, se la vendita nell'usato non è possibile, diventano a loro volta materia prima per nuovi o altri prodotti». Un po' come dire che, attraverso il recupero, si salva il mondo.

Frisoli sottolinea poi il ruolo sociale, con l'elemento più importante: «Sicuro, le persone. Qui vogliamo rivalorizzare i percorsi personali in una logica nella quale c'è la possibilità di ripartire, di ricominciare, di ottenere un nuovo inizio credendo nelle proprie possibilità. Nella nostra realtà, implementiamo anche dei percorsi di formazione».

Alcune case di moda hanno ben capito un certo meccanismo e aprono negozi monomarca incentrati sui loro capi 'vintage'
Stefano Frisoli, direttore Caritas Ticino

Il lato oscuro del vintage

Il direttore di Caritas Ticino si sofferma anche su due approcci, quello del cosiddetto vintage fine a sé stesso e quello genuino, che pone l'accento proprio sull'economia circolare. Secondo lui, si tratta di due mondi agli antipodi. «Nel primo caso compro un capo spesso di valore con almeno vent'anni di vita. Un oggetto raro e prezioso. Alcune case di moda hanno ben capito questo meccanismo e già rilanciano con negozi monomarca incentrati sui loro capi vintage. È un fenomeno che ricorda lo stesso percorso di quello dell'economia circolare, ma con obiettivi molto diversi. In questo caso, la finalità non è orientata all'ambiente e alla sostenibilità ambientale. Invece, quando compro un capo di seconda mano, l'azione è molto più vicina a un concetto di sostenibilità», conclude.

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