Ambiente

«Se tutti avessero lo stile di vita della Svizzera servirebbero tre Pianeti»

L'impronta ecologica è la misura delle emissioni di CO2 che produciamo attraverso le attività quotidiane – Quella del nostro Paese è abbastanza elevata – Ne abbiamo parlato con Susanna Petrone di WWF Svizzera
Irene Solari
28.07.2022 17:30

Acquistare un avocado o un bel mango. Gettare via alimenti «scaduti». Prendere la macchina per andare dove vogliamo. Oppure fare un viaggio, magari in aereo. O comprare dei vestiti nuovi. Questi – e anche molti altri – sono tutti gesti normalissimi che facciamo e rifacciamo nella nostra quotidianità di Paese benestante. Ma raramente ci si ferma a pensare all'«impronta» che questi semplici comportamenti lasciano sull'ambiente. L'impronta in questione è quella ecologica. L'insieme delle emissioni di CO2 prodotto dalle nostre attività quotidiane. In altre parole: un indice di sostenibilità che ci spiega in che modo i nostri comportamenti influiscano sull’equilibrio dell’ecosistema terrestre e sulle risorse naturali.

L’impronta ecologica può essere individuale (quella di ogni singolo essere umano) o collettiva (di un Paese o dell’intera umanità). Ma di cosa si tratta? L’Ufficio federale di statistica spiega che l’impronta ecologica «è una sorta di contabilità delle risorse» che misura il consumo delle prestazioni naturali e si basa su unità di misura particolari: i «pianeta Terra» (o ettari globali). Questi ultimi indicano le unità che servono per poter rigenerare le stesse risorse e prestazioni che sono consumate. Ad esempio, se tutti vivessero con lo stesso stile di vita della popolazione svizzera, servirebbero tre pianeti Terra per soddisfare i bisogni collettivi. L’UST spiega che lo squilibrio esistente tra l’impronta ecologica della Svizzera e la biocapacità mondiale esiste già da diversi decenni. «Questo modo di vivere è possibile solamente grazie all’importazione di risorse naturali e allo sfruttamento dei beni globali comuni». Però andare avanti così non è sostenibile, prosegue l’UST, «perché il consumo svizzero pro-capite è 2,8 volte superiore alle risorse e prestazioni ambientali disponibili sul pianeta per persona. Viviamo dunque a spese delle generazioni future e di altre regioni del mondo» che hanno un impatto minimo sui consumi della Terra.

Un tema di stretta attualità e importanza soprattutto in un periodo come quello che stiamo attraversando, dove all’orizzonte si prospetta una crisi energetica di non poco conto. Ne abbiamo parlato con Susanna Petrone, portavoce di WWF Svizzera.

Impronta individuale e collettiva

Come possiamo definire l’impronta ecologica? «Semplice – ci risponde – è formata da tutto quello che mangiamo, e beviamo, quello consumiamo, le cose cha acquistiamo, come viaggiamo, come riscaldiamo la nostra casa, cosa ricicliamo. È l’insieme delle emissioni di CO2 attraverso le nostre attività quotidiane. Qualsiasi attività umana viene calcolata tramite l’impronta ecologica, che misura quante risorse utilizziamo. È quella individuale». L’impronta ecologica collettiva, quella che viene lasciata da ogni Paese, può segnare delle grosse differenze a seconda del livello di sviluppo economico della nazione, come illustra Petrone: «Nei Paesi industrializzati si parte da un’impronta ecologica maggiore perché nel totale vengono calcolati anche i servizi come ospedali, trasporto pubblico, ristoranti o discoteche. Nei Paesi in via di sviluppo, invece, questi sono meno presenti e l’impronta ecologica collettiva sarà minore. La Svizzera, come abbiamo visto, ha un’impronta ecologica già molto alta». E ci sono alcuni dati, spiega la nostra interlocutrice, che saltano subito all’occhio: «Paesi come l’Arabia Saudita, tra i maggiori produttori di petrolio, ma anche Qatar, Stati Uniti e Canada, hanno un altissimo livello di consumo. Smisurato. Se tutti sfruttassero le risorse come il Qatar (il Paese meno green al mondo), avremmo bisogno di nove pianeti».

Viviamo a spese delle generazioni future e di altre regioni del mondo che hanno un impatto minimo sui consumi della Terra
Ufficio federale di statistica

Non una semplice equazione

Possiamo quindi dire che maggiore è il benessere di una Nazione e più grande sarà la sua impronta ecologica? «No, non per forza. La Svezia, e in generale i Paesi nordici, ma anche il Costa Rica, da anni seguono una linea molto sostenibile e puntano sul fossil free. Riuscendo, per quanto riguarda l’emissione di CO2, a collocarsi tra i primi posti dei Paesi più virtuosi». È fattibile, quindi, si tratta semplicemente di cambiare alcune piccole abitudini quotidiane. «Farebbe già una grande differenza modificare un po’ il modo di spostarsi e quello che mettiamo sulle nostre tavole – spiega Petrone –, si può ridurre in modo sano e portare a un equilibrio molto più elevato. Cento anni fa in Svizzera si mangiava in modo diverso. Più biologico sicuramente».

Lo strano caso dell’India

Un dato che colpisce è quello dell’impronta ecologica collettiva di alcuni Paesi in via di sviluppo, soprattutto l’India. Con i suoi 1,39 miliardi di abitanti ha un’impronta ecologica è l’equivalente di mezzo pianeta Terra. Come si può spiegare questo fatto? «Moltissime persone abitano le zone rurali del Paese». C’è comunque il problema del consumo di carbonio, ancora molto diffuso in India. Tuttavia, negli ultimi anni, visti i problemi sempre più crescenti legati alla salute delle persone, si sta cercando di porre rimedio, come ci racconta Petrone: «Per quanto il consumo stia salendo, si sta cercando di trovare anche soluzioni alternative: in alcune aree dell’India si è deciso di puntare sul solare, essendo un Paese con il clima adatto». Quindi si sta lavorando in questo senso. Anche se, secondo la nostra interlocutrice, a pesare di più sul bilancio positivo sarebbe lo standard di vita molto basso rispetto ai Paesi occidentali «non hanno i lussi che possiamo avere noi», e il minor consumo di carne «essendo la dieta di molti indiani perlopiù vegetariana».

Nei Paesi industrializzati si parte da un’impronta ecologica maggiore perché nel totale vengono calcolati anche i servizi come ospedali, trasporto pubblico, ristoranti o discoteche, oltre a uno stile di vita più lussuoso
Susanna Petrone, portavoce di WWF Svizzera

I fattori

Sono diversi i fattori sui quali si basa il calcolo l’impronta ecologica: «Alimentazione, uno dei maggiori elementi. Mobilità. Riscaldamento. Rifiuti: tutto quello buttiamo via e lo smaltimento». Analizzando questi fattori si comprende perché l’impronta ecologica del nostro Paese sia così elevata. «La Svizzera non produce abbastanza alimenti per sfamare tutta la sua popolazione ed è quindi costretta ad importarne diversi, anche da Paesi lontani, aumentando le immissioni di CO2. Anche per quello che riguarda il riscaldamento delle nostre case: abbiamo inverni molto rigidi, con una dispersione termica notevole. E tendiamo a spostarci molto con la macchina o con l’aereo». In parte questo è anche dovuto alla particolare conformazione del nostro territorio. «E poi – conclude Petrone – buttiamo via anche tanto cibo purtroppo, si parla di quasi tre miliardi di tonnellate ogni anno solo in Svizzera. Oltre 300 chili a testa».

«Nessuno deve essere perfetto»

Ma questa tendenza, spiega la nostra portavoce di WWF Svizzera, può essere invertita, con singoli comportamenti più sostenibili e consapevoli, sul modello dei Paesi Scandinavi, «andrebbe a benessere di tutti, soprattutto delle nuove generazioni: qui ci giochiamo il futuro». Ma per fare questo non serve stravolgere le nostre vite, basta poco come ci illustra Petrone: «La nostra idea è quella che nessuno deve essere perfetto: non ci aspettiamo che dall’oggi al domani si inizi a mangiare vegano, a non usare più la macchina, a non volare più con l’aereo e a consumare solo prodotti biologici, di stagione e locali. Siamo consapevoli che siamo fatti di tante imperfezioni ma importante è iniziare con le piccole cose, capire dove si può ridurre». E proprio su questo punto insiste Petrone: i grandi cambiamenti grandi iniziano nel nostro piccolo. «A volte portiamo avanti, per abitudine, dei comportamenti sbagliati dal punto di vista ambientale: ci sono persone che per fare 200 metri prendono la macchina. Ci chiediamo: ha veramente senso? Anche prendere l’aereo per fare un weekend a Londra. O dobbiamo assolutamente magiare le fragole in inverno? È essenziale per la mia sopravvivenza? E ancora, abbiamo bisogno della carne tutti i giorni? Togliendo la carne una volta a settimana si va a ridurre del 25% la propria impronta ecologica». Per produrre un chilo di questo alimento, ricorda la portavoce di WWF, sono necessari 15 mila litri di acqua potabile. «E l’acqua diventerà un altro problema. Basti pensare a quello che è successo la scorsa settimana nel Mendrisiotto».

Ci sono persone che per fare 200 metri prendono la macchina. Ci chiediamo: ha veramente senso? O dobbiamo assolutamente magiare le fragole in inverno?
Susanna Petrone, portavoce di WWF Svizzera

Giocarsi il futuro

Alla luce del periodo storico attuale, dove si profila il rischio di penuria energetica, è questa la direzione che dovremo prendere? «Assolutamente sì. Il fatto è questo: abbiamo gli strumenti, abbiamo le conoscenze, abbiamo la tecnologia, abbiamo ancora tempo per fermare il surriscaldamento della Terra. Abbiamo tutte queste possibilità e penso che la popolazione sia anche pronta. Solo che a volte si ha la sensazione che non ci sia la volontà politica di cambiare le cose». Tanti Paesi, specifica, stanno già invertendo la tendenza: «I maggiori produttori di petrolio stanno costruendo città intere completamente fossil free, con pannelli solari e basandosi al 100% sulle energie rinnovabili. E questo perché, loro per primi, sanno perfettamente che il petrolio sta finendo». Senza dimenticare, spiega Petrone, che si potrebbero investire molti soldi nella sostenibilità per costruire e garantire un futuro migliore: «Dagli ultimi calcoli risulta che le 60 maggiori banche del mondo hanno investito oltre 3.500 miliardi di dollari nell’energia fossile. Per non parlare delle sovvenzioni dirette e indirette che ricevono per carbone, petrolio e gas. Questi soldi, o almeno una parte, potrebbero essere investiti per creare nuovi posti di lavoro nelle energie rinnovabili, per formare nuovi lavoratori in questo ambito. In fondo cosa c’è di brutto nell’avere più aree verdi o nel ridurre smog e inquinamento? si domanda.

Sul sito di WWF c’è la possibilità di scoprire quale sia la nostra impronta ecologica, con un questionario sulle nostre abitudini. Lo trovate qui.

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