«Solo tre giorni di lavori socialmente utili» alla 14.enne che ha ucciso una 15.enne a Berikon

Uno psichiatra lo aveva definito «un caso unico in Svizzera». L'omicidio di una 15.enne avvenuto a metà maggio a Berikon per mano di una 14.enne è finito, di nuovo, sotto i riflettori. Come riferisce il Blick, nelle scorse ore, la madre della vittima ha accusato le autorità per la pena inflitta alla presunta colpevole. La ragazzina, fortemente sospettata di aver ucciso la 15.enne, rischia infatti solo «qualche giorno di lavori socialmente utili», mentre i suoi genitori un risarcimento massimo di 10.000 franchi.
Una pena, questa, definita «irrisoria» per un fatto grave come un omicidio, che ha tolto la vita a una ragazzina. «Ci sentiamo delusi dalla Svizzera», ha dichiarato la madre della vittima, commentando la pena che verrà probabilmente inflitta alla giovane che ha tolto la vita a sua figlia. La 14.enne, attualmente, si trova in cura in un reparto psichiatrico chiuso.
Il caso, indubbiamente, fa discutere. Tuttavia, come si legge sempre sul Blick, gli esperti, intervenuti sulla questione, hanno dichiarato di non ritenere «troppo permissivo» il sistema giudiziario svizzero nei crimini che coinvolgono i giovani. Questo perché «il diritto penale minorile riguarda la risocializzazione e non principalmente la punizione».
«Come padre di un 13.enne, questa storia mi ha colpito molto», ha dichiarato Dirk Baier, direttore dell'Istituto per la prevenzione della delinquenza e del crimine dell'Università di Scienze Applicate di Zurigo. «Ho immaginato come sarebbe stato se mia figlia fosse stata la vittima, ma anche l'autrice, di un simile reato». Ciononostante, l'esperto invita a tenere a bada le emozioni. «Si è verificato un omicidio che ha fortemente emozionato tutti noi. Ma le emozioni sono una pessima guida quando si tratta di valutare le leggi».
Non solo. Secondo il parere degli esperti, la prevenzione funziona meglio del carcere. «In un'età così giovane, l'attenzione delle autorità giudiziarie si concentra sulle misure di protezione, non sulla punizione», spiega al Blick Patrik Killer, presidente dell'Associazione svizzera per la giustizia minorile e direttore dell'Ufficio del procuratore minorile di Zurigo. «I giovani spesso agiscono d'impulso. Molti reati gravi sono commessi da persone che si avvicinano per la prima volta, spesso nel contesto di gravi situazioni di stress. Dobbiamo iniziare prima, con la prevenzione, la terapia e il sostegno sociale».
Nel momento in cui queste misure «falliscono» e viene commesso un reato grave, dunque, bisognerebbe cercare di «reintegrare» i giovani nella società con le cosiddette misure di protezione, come la terapia ambulatoriale. «La soluzione non è tenerli lontano dalla società», afferma Berikon, spiegando che il processo è molto complesso e, spesso, capita che questi giovani trascorrano diversi anni in un istituto chiuso. In alcuni casi, chi commette un reato di questo tipo può passare fino a 25 anni in queste strutture. «Di fatto, è come un carcere, ma con un'attenzione particolare alla terapia, alla formazione e all'istruzione», spiega Killer. «Molti giovani lo trovano più severo di un carcere minorile, perché devono fare i conti con loro stessi e non possono semplicemente scontare una pena».
Al contempo, però, le vittime non devono essere dimenticate. Famiglie colpite da fatti come quello avvenuto a Berikon, secondo gli esperti, devono ricevere «rapidamente il sostegno di cui hanno bisogno», che comprende sia la consulenza psicologica che quella legale.
Ci riflette anche Berna
A prescindere da quanto accaduto a Berikon un mese e messo fa, la questione dell'inasprimento del diritto penale minorile è oggetto di discussione anche a Berna. Il Consiglio Nazionale vuole infatti imporre, in futuro, pene incondizionate ai minori che commettono reati gravi.
Tuttavia, secondo Dirk Baier, se i politici vogliono fare «qualcosa di veramente efficace», dovrebbero limitarsi a «migliorare ulteriormente l'assistenza alle vittime e a rafforzare la prevenzione».