Spagna/Marocco

«Strage di migranti»: cosa è successo a Melilla?

Morte, disperazione e violenza al confine tra il Marocco e la Spagna: le immagini stanno facendo il giro del web
Jenny Covelli
26.06.2022 20:46

Trentasette persone sono morte venerdì mentre tentavano di entrare in massa in territorio spagnolo dal Marocco, attraverso la barriera al confine con l'enclave di Melilla. L'allarme viene lanciato dall'ong Caminando Fronteras, che in una nota aggiunge: «Le cifre non sono definitive, possono aumentare ancora». Le immagini sui social, diffuse anche da ong e attivisti, sono impressionanti: persone ammassate a terra, percosse dalle guardie marocchine, inermi, alcune probabilmente già morte. «La morte di questi giovani africani ai confini della "Fortezza Europa" ci mette in guardia sulla natura mortale della cooperazione in materia di sicurezza sull'immigrazione tra Marocco e Spagna» scrive ancora Caminando Fronteras, ong nata nel 2002. Che sul sito si definisce come «un gruppo che difende i diritti delle persone e delle comunità in movimento, agisce da una prospettiva transnazionale, interculturale, antirazzista e femminista. Denunciamo i confini come spazi di impunità e lottiamo per il ripristino dei diritti delle persone in movimento come esseri umani». 

Cosa è successo

Venerdì 24 giugno è andato in scena un caotico tentativo di entrare in massa nell'enclave iberica di Melilla. Secondo la delegazione del governo spagnolo, all'alba circa 2.000 persone hanno iniziato ad avvicinarsi alla frontiera. Millecinquecento sono arrivate sino al punto di contatto tra i due Paesi e, intorno alle 8.30, un terzo di loro ha tentato di sfondare la recinzione. A quel punto i poliziotti inviati da Madrid sono intervenuti «per contenere il tentativo di irruzione». Sono seguiti momenti concitati, con un bilancio ufficiale di 133 migranti (di cui 57 feriti, stessa sorte capitata a 49 agenti) che sono riusciti a entrare in territorio spagnolo.

«Ecco cosa non si è visto del salto di Melilla» scrive elDiario.es postando un video che fa riferimento alle azioni della polizia marocchina e all'«uso sistematico della forza». Le forze dell'ordine spagnole vengono accusate di presunte azioni di «respingimento immediato» di migranti. Ma il Ministero dell'Interno si è difeso: «La Guardia Civil (che presidia la «valla», le due barriere che dividono il Marocco dalla Spagna, ndr.) ha agito in questo caso, come sempre, nel quadro della normativa vigente e dei criteri di proporzionalità».

La versione delle autorità

Le immagini, come dicevamo, hanno fatto il giro del web. Tanto che il premier spagnolo Pedro Sánchez sostiene che a Melilla sia andato in scena «un assalto violento e organizzato, un attacco all'integrità territoriale» della Spagna, dietro al quale ci sarebbero «mafie che trafficano con esseri umani». Un argomento, quest'ultimo, condiviso anche dall'RNI, il partito del capo del governo marocchino Aziz Ajanuch. 

L'Algeria ha condannato fermamente quella che - stando alle dichiarazioni di Ammar Bellani, inviato speciale del Ministero degli Esteri algerino per il Maghreb e il Sahara occidentale - ha definito una «carneficina di migranti» di cui il Marocco è responsabile, chiedendo l'apertura di un'indagine indipendente. Il funzionario algerino ha parlato di immagini «estremamente scioccanti» che «forniscono informazioni sull'estrema brutalità e sull'uso sproporzionato della forza che sono simili, date le circostanze, a vere e proprie esecuzioni sommarie». L'Algeria punta quindi il dito contro il regno del Marocco. «Gli organismi internazionali e in particolare l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati devono condurre indagini indipendenti e trasparenti per determinare le responsabilità e fare luce su questi tragici eventi», ha concluso Bellani.

Attenzione, immagini non adatte a un pubblico sensibile

Problemi di comunicazione

Quello di venerdì viene descritto come «il tentativo di ingresso di migranti più grande degli ultimi tempi attraverso l’exclave». E il bilancio di morti e feriti non è ancora chiaro. Secondo l’Associazione marocchina per i diritti umani (AMDH) e la ong spagnola Caminando Fronteras venerdì sono morti 37 migranti e due poliziotti marocchini e sono state ferite almeno 76 persone, di cui 13 in maniera grave. Per le autorità di Nador i morti sono invece 23 e i feriti 35, tra cui due poliziotti. El Paìs parla di «tragedia sotto la recinzione di Melilla che nessuno ha potuto raccontare in Marocco», denunciando il «silenzio informativo» delle autorità perdurato fino al tardo pomeriggio. Alle 16:00 le autorità di Nador hanno rilasciato una breve dichiarazione in cui si affermava che cinque migranti irregolari erano morti, uccisi nella calca o cadendo dalle barriere che stavano cercando di scavalcare. Infine, alle 23.00, il bilancio (ufficiale) di migranti morti era salito a 18.

Una questione irrisolta?

Il drammatico episodio del 24 giugno è il primo di questo tipo da quando, nello scorso mese di marzo, Madrid e Rabat hanno chiuso una lunga crisi diplomatica inerente il conflitto nel Sahara Occidentale (regione del Nordafrica, ex colonia spagnola, territorio conteso tra il Marocco e il Fronte Polisario, organizzazione militante e movimento politico attivo al fine di ottenere la realizzazione del diritto all'autodeterminazione), annunciando l'inizio di una «nuova fase» delle relazioni diplomatiche bilaterali. Il 14 marzo, il premier spagnolo Pedro Sánchez aveva inviato una lettera al re del Marocco Mohamed VI in cui appoggiava la soluzione proposta nel 2007 da Rabat all’ONU di un’autonomia limitata al Sahara Occidentale definita come la «la base più seria, realista e credibile per risolvere il contenzioso» sul territorio. In pratica, favorendo apertamente la proposta di autonomia marocchina. Da allora, afferma Helena Maleno di Caminando Fronteras, «da parte del Marocco è iniziata una repressione durissima sui migranti».   

Secondo l'ong, quanto accaduto è «la conseguenza di una pressione pianificata»: «Per più di un anno e mezzo i migranti di Nador non hanno avuto accesso a medicine o assistenza sanitaria, i loro campi sono stati bruciati e le loro proprietà saccheggiate, il loro poco cibo distrutto e anche la poca acqua potabile che hanno è stata confiscata nel campi. Queste spedizioni punitive hanno provocato una spirale di violenza da entrambe le parti. Violenza riprovevole qualunque sia la sua origine. Una violenza sistemica a cui sono sottoposte da anni le comunità di migranti di Nador da parte delle forze dell'ordine sia spagnole che marocchine. Queste pratiche sono state condannate in numerose occasioni da organismi nazionali, regionali e delle Nazioni Unite». Uno stato di disperazione, dunque, che porterebbe le persone a spingersi fino al nord del Marocco per tentare di entrare in Europa.

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