L'analisi

Dazi e viaggi: il turismo svizzero resisterà allo scontro USA-Cina?

Il settore potrebbe subire i contraccolpi delle tensioni fra Washington e Pechino: ma quanto contano, davvero, i viaggiatori americani e cinesi nella Confederazione?
©Chiara Zocchetti
Marcello Pelizzari
10.04.2025 15:00

I dazi varati e poi tolti, i controdazi, le tensioni (crescenti) fra Stati Uniti e Cina. L'ottovolante con protagonista, quasi assoluto, Donald Trump sta dominando la scena e il discorso. Anche in Svizzera. A preoccuparsi, in prospettiva, è anche il settore turistico. Riassumendo al massimo: il clima di incertezza e la guerra commerciale che sta coinvolgendo Washington e Pechino potrebbero avere un impatto, notevole, sulla «ricchezza» nelle tasche degli americani e, di riflesso, sulle loro intenzioni di viaggio. Angelo Trotta, direttore di Ticino Turismo, pur senza sbilanciarsi ha detto che un eventuale calo di viaggiatori a stelle strisce, nel nostro cantone, è ipotizzabile. E nel resto del Paese? Di più, quanto contano, davvero, i turisti provenienti da America e Cina per il comparto elvetico? Lo abbiamo chiesto direttamente a Svizzera Turismo.

È presto, ma...

André Aschwanden, portavoce dell'Ente turistico nazionale, fa una doverosa premessa: è presto, troppo presto per immaginare quale sarà, o potrebbe essere, l'impatto sul turismo svizzero. «Poiché il turismo svizzero non esporta beni negli Stati Uniti, non è colpito dalle tariffe» proposte dal tycoon: al momento, parliamo di un 10% generalizzato durante i novanta giorni di sospensione dei dazi. Detto ciò, il settore potrebbe dover «affrontare le conseguenze indirette». Se e quando «queste conseguenze arriveranno e in quale forma», spiega il nostro interlocutore, «si basa su ipotesi».

In ogni caso, Svizzera Turismo si sta preparando. E, se necessario, adatterà la sua offerta. «L'industria turistica mondiale – dice Aschwanden – condivide i propri risultati e raccoglie di continuo nuovi dati e analisi. Anche Svizzera Turismo, di riflesso, sta ottenendo una visione d'insieme e sta raccogliendo a sua volta informazioni per rilevare e tracciare con precisione l'impatto» che possono avere i dazi e un'economia americana in perdita di velocità. Tre, nello specifico, le dimensioni considerate: «In primo luogo, l'impatto economico sui nostri mercati, in seconda battuta lo sviluppo della domanda, ovvero la pianificazione delle vacanze in Svizzera, e infine l'effettivo andamento delle prenotazioni». Il tutto rientra in uno strumento, denominato US Tariff Crisis Tracker, condiviso all'interno del settore turistico svizzero.

Sul prezzo la Svizzera non transige

Su un aspetto, al quale accennava in parte anche Trotta, Svizzera Turismo non transige: la qualità. Detto in altri termini, nelle sue campagne rivolte ai consumatori statunitensi l'Ente non cercherà di fare leva su prezzi particolarmente vantaggiosi. «La presenza di lunga data e di successo della Svizzera nel mercato nordamericano – chiarisce Aschwanden – le ha conferito una posizione privilegiata, in particolare negli Stati Uniti. Questo si basa su una serie di messaggi appropriati, tra i quali non figura il prezzo. Continueremo a mantenere attivamente la nostra presenza sul mercato con messaggi rigorosi, in linea con il profilo dei nostri ospiti statunitensi, e di certo non sposteremo improvvisamente il nostro marketing sull'aspetto “prezzo”».

Ma chi sono i turisti cinesi e americani?

Nel 2024, i turisti americani in Svizzera hanno fatto registrare un vero e proprio boom. A livello nazionale, parliamo di 3,5 milioni di pernottamenti, per un aumento del 40,9% rispetto al 2019 e del 13,9% rispetto al 2023. I pernottamenti dei turisti cinesi, a titolo di paragone, sono stati «solo» 1,1 milioni lo scorso anno, in crescita se prendiamo il 2023 come metro di paragone (37%) ma in calo rispetto al 2019, l'ultimo anno prima della pandemia (-39,4%). 

I dati, di per sé, dicono molto: il 66% dei viaggiatori made in USA, nel 2024, era alto-spendente: ha pernottato in alberghi a 4 o 5 stelle. Logico, considerando che oltre un terzo aveva 56 anni o più. I cinesi, per contro, nella gran parte dei casi erano giovani (il 65% nel 2024 aveva un'età compresa fra 16 e 35 anni) e ha scelto gli alberghi (di qualsiasi categoria) solo nel 53% dei casi. Quanto alle regioni visitate, il 25,7% degli americani ha apprezzato Zurigo e dintorni mentre la regione preferita dai cinesi, nel 2024, è stata Berna (scelta dal 28,3% dei viaggiatori).

Se è vero che i numeri sono significativi, è altrettanto vero che non raccontano tutto. Perché dietro ogni percentuale c’è una valigia pronta o meno. C'è una decisione rimandata. C'è un sogno che attraversa confini e dogane, resistendo alla situazione attuale. La Svizzera, in questo scenario globale incerto, non può che restare vigile. E, soprattutto, sperare di essere scelta. Una volta ancora.