Dazi giù con effetto retroattivo: «Non abbiamo fatto ulteriori concessioni»

Guy Parmelin, fresco di elezione a presidente della Confederazione, ha scomodato persino l’antica Roma, citando un proverbio latino: «La Rupe Tarpea è vicina al Campidoglio». Tradotto in soldoni: si può passare rapidamente dalla gloria alla disgrazia. Per il «ministro» dell’Economia, la giornata odierna è stata un trionfo: l’attesa riduzione dei dazi statunitensi, dal 39% al 15%, è finalmente realtà. Con una novità: l’entrata in vigore non è da subito, bensì con effetto retroattivo allo scorso 14 novembre. Ovvero quando è stata siglata la dichiarazione d’intenti tra Berna e l’amministrazione Trump.
Secondo le stime della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), le riduzioni dei dazi ammontano, su base annua, complessivamente a circa 6 miliardi di dollari. Con i dazi al 39% in vigore da agosto, l’attesa per trovare un accordo con Washington non è stata indolore per le aziende svizzere.
La festa del ringraziamento
Per compensare un po’ questa perdita, e come aiuto all’export elvetico, le aziende (svizzere e statunitensi) potranno chiedere il rimborso dei dazi doganali versati in eccesso negli ultimi 26 giorni. È però necessario presentare una richiesta. Il «ministro» dell’Economia ha poi precisato che per ottenere l’entrata in vigore retroattiva non sono state fatte ulteriori concessioni. La Svizzera non è infatti l’unica ad aver beneficiato di questo «trattamento di favore», ha spiegato ancora Parmelin, citando la Corea del Sud. Ma perché ci è voluto così tanto tempo? Si aspettava il via libera da Washington, ha indicato Parmelin, aggiungendo che nelle scorse settimane negli Stati Uniti si sono susseguiti vari eventi, tra cui lo shutdown e la festa del Ringraziamento, che hanno inciso sui lavori dell’amministrazione Trump.
Guardando tuttavia alla Svizzera, è opportuno fare il punto sulle concessioni incluse nella dichiarazione d’intenti.
La lista degli alimenti
Le aziende elvetiche si sono impegnate a investire complessivamente 200 miliardi di dollari negli Stati Uniti entro il 2028. Almeno un terzo degli investimenti, secondo quanto indicato dalla SECO negli scorsi giorni, dovranno essere effettuati entro la fine del prossimo anno. La Svizzera (che ha già abolito unilateralmente i dazi doganali sui prodotti industriali per tutti i Paesi a inizio 2024) si è anche impegnata a ridurre «le aliquote di dazio sui prodotti della pesca, sui frutti di mare e su determinati prodotti agricoli non sensibili sotto il profilo della nostra politica agricola».
Sono principalmente merci di origine tropicale, spiega la SECO, citando alcuni tipi di frutta (arance, ananas, pompelmi), varie noci fresche e secche, bevande alcoliche (tra cui whisky, rum e birra), integratori alimentari, prodotti del tabacco e caffè. Il Consiglio federale, dal canto suo, «non prevede ripercussioni sulla produzione indigena né sul livello dei prezzi nel nostro Paese».
Pollo al cloro
Per gli USA sono inoltre previsti dei contingenti bilaterali in esenzione da dazi (500 tonnellate all’anno di carne bovina, mille tonnellate di carne di bisonte e 1.500 tonnellate di carne di pollame). La carne americana, ad esempio quella contenente ormoni della crescita e antibiotici, dovrà continuare a essere chiaramente etichettata come prima. «Spetta al consumatore fare una scelta», ha detto il vodese, dicendosi convinto che le abitudini di consumo della popolazione svizzera non cambieranno.
Quasi il 40% della carne di pollame consumata in Svizzera proviene dall’estero. Sono quindi da prevedere massicce importazioni del cosiddetto «pollo al cloro»? No, l’importazione di pollame trattato chimicamente è attualmente vietata (tramite ordinanza). La SECO rende però noto che la Svizzera si è dichiarata «disposta a collaborare con gli Stati Uniti per introdurre misure specifiche volte a semplificare le importazioni di carne di pollame dagli Stati Uniti». Ciò, viene sottolineato, non costituisce però un riconoscimento degli standard o dei metodi di produzione americani.
Mandato negoziale
Ora, nonostante l’attesa riduzione dei dazi, il Consiglio federale deve presto intavolare nuove trattative con Washington: la dichiarazione d’intenti congiunta è la base e deve essere trasformata in un accordo giuridicamente vincolante. Lo scorso venerdì, il Consiglio federale ha approvato il progetto di mandato negoziale: si dovranno esprimere i Cantoni e le Commissioni della politica estera del Parlamento. Per Parmelin, la Svizzera dovrebbe essere pronta per i prossimi negoziati già entro fine anno.
In un mondo segnato dall’incertezza, per un «ministro» dell’Economia è opportuno cercare di stabilizzare la situazione e le sfide rimangono significative, ha sostenuto Parmelin Tutto, con Trump, può cambiare in fretta. Per tornare al detto latino, dunque, meglio non volare troppo alto.
Regazzi: «Regalo di Natale anticipato»
«Un regalo di Natale anticipato per molte aziende». Lo definisce così, il presidente dell’USAM Fabio Regazzi, l’annuncio arrivato oggi sulla retroattività dei dazi al 15%. «È un’ottima notizia, per nulla scontata, che dimostra come questo accordo abbia una certa solidità, mettendo così a tacere chi metteva in dubbio l’ufficialità dell’intesa». Si tratta, per Regazzi, di «un primo fondamentale passo per dare maggiore sicurezza alle aziende». Per quanto riguarda la retroattività, invece, il consigliere agli Stati del Centro nutre qualche riserva per quanto riguarda gli aspetti pratici. «Occorrerà ricalcolare tutto, e immagino che l’onere amministrativo sarà notevole. Ma è una possibilità che dobbiamo senz’altro salutare positivamente». In generale, ribadisce il presidente dell’USAM, ora le aziende potranno finalmente tirare un sospiro di sollievo, dopo mesi difficili: «La cosa peggiore, per chi fa impresa, è l’incertezza. La speranza, quindi, è che la situazione si stabilizzi e che si ricominci a lavorare su una base certa, senza continuamente cambiare le carte in tavola. Dopodiché, sappiamo anche che il presidente statunitense Donald Trump non è il partner più affidabile, vista la sua imprevedibilità. Però mi pare di poter dire che finalmente abbiamo trovato il modo di far calmare le acque. I dazi al 15% non sono solo molto più bassi di quelli al 39% annunciati al Primo di agosto, ma ci rimettono al pari con l’UE, elemento per noi essenziale». Anche Greta Gysin (Verdi) saluta positivamente l’annuncio di Parmelin, «perché rappresenta un sospiro di sollievo per le aziende e i settori interessati». Tuttavia, sottolinea la consigliera nazionale ecologista – da subito critica sulla questione dazi – «molto resta ancora da chiarire, anche dal profilo istituzionale e diplomatico». Inoltre, aggiunge, «se tutto quello che è trapelato sulla contropartita per ottenere la riduzione dei dazi venisse inserito nell’accordo tra USA e Svizzera, la questione diventerebbe ancora più delicata».
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